La partita per la cessione del Manchester United da parte della famiglia statunitense dei Glazer sta entrando nella stretta finale. In settimana i due contendenti rimasti – lo sceicco Jassim Bin Hamad Al-Thani del Qatar e il miliardario britannico Sir James Ratcliffe – hanno presentato le proprie offerte, entrambe si dice superiori ai 5 miliardi di sterline (circa 5,7 miliardi di euro) se non vicine ai 6. Inoltre vi è da segnalare un possibile interessamento del fondo Elliot, già proprietario del Milan, per una possibile quota di minoranza.
Entrando nel serrate finale insomma, le offerte si stanno avvicinando alla valutazione iniziale – i 7 miliardi che avevano indicato i Glazer a fine novembre quando avevano annunciato la possibile vendita. E ciò nonostante a quel tempo la capitalizzazione di borsa del club era soltanto di due miliardi. È evidente quindi che agli occhi degli investitori reali – quelli cioè disposti a mettere veramente i soldi sul tavolo – il club presentava del potenziale inespresso rispetto alle sue quotazione sui listini. E questo apre a una ampia possibilità di dibattito sulla convenienza o meno di avere i club quotati in borsa e se le imprese calcistiche siano valutate correttamente sui listini.
Ma ciò che più importa in questa sede è che qualora la transazione andasse in porto si tratterebbe della maggiore cessione di sempre di un asset sportivo superando di gran lunga il livello raggiunto lo scorso giugno quando i Denver Broncos della National Football League (NFL), la lega professionistica statunitense di football americano, vennero venduti per 4,65 miliardi di dollari (quasi 4,4 miliardi di euro) miliardi. Va detto però che se i Broncos non sono la franchigia di maggior valore della NFL, il Manchester United è il miglior asset al mondo che il sistema calcio globale può offrire sul mercato. Se è vero infatti che da molte parti – soprattutto nei Paesi latini – è opinione comune che il Real Madrid sia il club più prestigioso al mondo in virtù sia dei successi internazionali sia degli immensi campioni che hanno vestito la maglietta del club di Chamartìn, è anche vero che i Blancos non sono in vendita e né forse lo saranno mai, considerando le particolare normative di governance delle società calcistiche spagnole quali Barcellona e Real Madrid.
CESSIONE RECORD PER IL MIGLIOR ASSET CALCISTICO MONDIALE
Nel mondo anglosassone invece questa primazia di blasone del Real Madrid è in qualche modo messa in concorrenza con quella dello United. E questo nonostante in campo internazionale i Red Devils abbiano vinto meno, sempre restando Oltremanica, dei loro rivali storici del Liverpool. Sarà per la tragedia dei Busby Babes nel 1958 a Monaco di Baviera – che commosse tutto il Regno Unito – oppure perché fu il primo club inglese a vincere la Coppa dei Campioni (1968) trainato dal trio molto mediatico detto “the Holy Trinity”, formato dal nordirlandese e “quinto Beatle” George Best, dallo scozzese Denis Law e da Bobby Charlton (ovvero il giocatore di maggior talento dell’unica nazionale inglese campione del mondo), sta di fatto che il Manchester United è da decenni la squadra con più tifosi in Inghilterra. E questo ovviamente pesa molto quando parla di trattative per l’acquisizione di un club. Banalmente perché il bacino di tifosi equivale aziendalmente al potenziale bacino di utenza dei propri clienti.
Inoltre, e non è certo un aspetto secondario, il Manchester United è forse il club che ha beneficiato maggiormente dell’introduzione della Premier League nel 1992 e della sua susseguente opera di conquista dei mercati asiatici. In quegli anni infatti è iniziata l’era vincente dei Red Devils di Sir Alex Ferguson che è durata per circa un ventennio e questo ha incrementato enormemente il numero di tifosi della società a livello mondiale. Non è un caso se, anche nei suoi anni più bui dal punto di vista sportivo, il Manchester United sia sempre stato tra i primi club al mondo in termini di entrate. Quasi che la sua enorme base di tifosi a livello planetario facesse da scudo economico alle performance non eccelse della squadra.
A trainare i prezzi delle offerte per i Red Devils, infine, ha in qualche modo giovato la recente apertura della UEFA sul tema della multiproprietà legata alla partecipazione alla Champions League. Norma che attualmente vieta a due club con lo stesso proprietario di giocare nella stessa competizione europea. Finora l’unico caso finito sotto indagine da parte della stessa UEFA è stato quello legato a Red Bull, Lipsia e Salisburgo, che parteciparono entrambe alla Champions League nel 2017/18: il via libera dalla federcalcio continentale avvenne dopo alcune modifiche che avevano ridotto l’influenza di Red Bull sul Salisburgo (sia come dimissioni di dirigenti legati a Red Bull dal CdA sia come diminuzione del corrispettivo per la sponsorizzazione), visto che formalmente l’azienda delle lattine non è proprietaria degli austriaci. E si tratta di un tema non di poco conto visto che sia il Qatar (seppur tramite una società diversa da quella che vorrebbe acquistare lo United) che Ratcliffe possiedono club che giocano già in Europa: ovvero il Paris Saint-Germain nel caso dell’Emirato e il Nizza in quello del magnate inglese.
LA VALUTAZIONE DELLO UNITED COME TRAINO PER ALTRE OPERAZIONI?
Questo detto, a livello di sistema il punto è però capire se questa valutazione record dello United può servire come traino per altre compravendite di club calcistici all’orizzonte. È evidente che questo è un tema che interessa da vicino molte società in Europa. In Italia, per esempio, la prima che viene in mente è l’Inter, che nonostante i continui proclami di progetto a lungo termine da parte di Suning, potrebbe passare di mano se proprio al gruppo cinese dovesse pervenire una offerta ritenuta soddisfacente. Tanto che Raine Group e Goldman Sachs continuano a sondare il mercato, alla ricerca di potenziali offerenti dopo il mandato ricevuto nei mesi scorsi.
In termini generali nei settori industriali succede spesso che in presenza di operazioni di M&A con valutazioni particolarmente elevate vengano trainati in alto anche i prezzi di transazioni successive nello stesso comparto manifatturiero. In presenza di prezzi di acquisto molto alti infatti si innalzano spesso automaticamente anche i cosiddetti multipli, ovvero i rapporti tra il prezzo di acquisto di una data società e alcune voci di bilancio ritenute molto significative per la sua valutazione. E proprio questi multipli finiscono poi per rappresentare dei punti di riferimento importanti per le operazioni di M&A prossime venture nello stesso settore.
Ovviamente però poi ogni operazione fa storia a sé. E questo a maggior ragione nel calcio dove ci sono più limitazioni e variabili che nei settori manifatturieri. Per esempio se le aziende meccaniche operano per lo più liberamente su una scena globale (quantomeno in quella europea), nel calcio acquistare una squadra che gioca in Premier League è diverso che comprarne una che milita in Serie A o nella Liga spagnola, sia per le diverse norme che regolano le diverse leghe sia per gli incassi da diritti televisivi oppure ancora per i diversi sistemi di governance dei tornei che alla fine impattano sulla valutazione di una società.
Rimanendo poi al caso dell’Inter è evidente che la situazione economica dei nerazzurri incida particolarmente su una eventuale compravendita, considerando che il club ha una posizione finanziaria netta negativa per quasi 300 milioni, debiti complessivi per oltre 850 milioni e quindi paga interessi annui per oltre 40 milioni. Oltre al tema del finanziamento da 300 milioni che Suning dovrà restituire a Oaktree entro il maggio 2024 (con difficoltà sul fronte del rifinanziamento).
Questo detto è pur vero che da qualche anno a questa parte la società nerazzurra, soprattutto per merito dei due amministratori delegati Giuseppe Marotta e Alessandro Antonello, ha intrapreso un processo di risanamento, soprattutto in termini di contenimento costi, volto a migliorare i conti del club. Inoltre quest’anno potrà contare su un fattore in più: l’Inter è infatti a un solo passaggio dalla stagione “perfetta” in termini di ricavi da biglietteria. La società nerazzurra ha infatti sempre avuto un grande sostegno sia in termini numerici che di incassi dai propri tifosi. Prova ne sia il fatto che dal 2000 per esempio l’Inter ha vinto lo “scudetto” delle presenze allo stadio in Serie A per ben 13 stagioni su 21. E anche quest’anno è impegnata in un testa a testa con i cugini cittadini del Milan. In particolare è molto interessante, agli occhi degli investitori che osservano attentamente il comportamento della base dei tifosi quando le cose vanno male, il dato della stagione 2012/13 quando la squadra, pur arrivando nona in Serie A (peggior risultato in classifica dal 13° posto nel 1993/94), fu la più seguita allo stadio nel campionato italiano (con una media di 46.551 spettatori a partita).
Ma oltre a questo contributo costante, in questa stagione le casse nerazzurre potranno beneficiare su un elemento in più. La squadra infatti ha già raggiunto la semifinale di Coppa Italia, dove si prevede un nuovo pienone nella partita di ritorno visto che l’avversario è la Juventus. Inoltre dovrà giocare presto i quarti di finale di Champions League contro il Benfica, dove è previsto un altro tutto esaurito. Qualora gli uomini di Inzaghi dovessero centrare il passaggio alle semifinali della più prestigiosa competizione europea con un ulteriore prevedibile sold out, la squadra non solo garantirebbe alla società i relativi bonus UEFA ma anche il massimo possibile in termini di partite da giocare in casa e quindi i relativi incassi da ticketing, considerando che nelle finali sia di Coppa Italia che di Champions i ricavi e le strategie della biglietteria non dipendono solo dal singolo club.
E questa eventualità equivarrebbe a una grande boccata d’ossigeno per i conti nerazzurri, se si pensa che nel 2020/21 proprio la mancanza di incassi legati agli stadi chiusi per la pandemia era stata alla base delle tensioni di cassa che imposero alla società di siglare con i giocatori una intesa sul rinvio del pagamento di alcune mensilità dello stipendio e salvare una stagione che portò al 19esimo scudetto.
È evidente però che quello su cui punta Suning per poter rendere l’Inter appetibile agli investitori ai prezzi voluti (si parla di almeno 1 miliardo) passa necessariamente per il nuovo stadio. Nei piani di Inter e Milan infatti è il nuovo impianto che dovrebbe essere il vero volano per accelerare i ricavi e quindi migliorare la situazione delle due società.
Su questo fronte però dopo che il nuovo proprietario rossonero Gerald “Gerry” Cardinale sembra sempre più convinto di andare da solo e abbandonare il progetto congiunto con i nerazzurri, lo scenario appare più nebuloso. Se infatti il nuovo progetto rossonero non sembra essere scevro di ostacoli e difficoltà sia sul fronte dell’iter burocratico sia sul fronte dei costi previsti (visto che non sarebbero più suddivisi con l’Inter), d’altra parte sono oltremodo leciti anche i dubbi sull’eventuale piano B nerazzurro.