Juve, nuovo corso al via. E Lotito prende sempre più piede in Lega

Terminata la sbornia Mondiale (cui non ha peraltro partecipato direttamente) il mondo del calcio italiano si è svegliato con due grandi mal di testa da affrontare: uno il caso Juventus

Juventus chiusura Borsa
Football Affairs
(Photo Andrea Staccioli / Insidefoto)

Terminata la sbornia Mondiale (cui non ha peraltro partecipato direttamente) il mondo del calcio italiano si è svegliato con due grandi mal di testa da affrontare: uno il caso Juventus che stando alle richieste della Procura FIGC si sta allargando ad altri club. Il secondo quello legato agli oltre 500 milioni di tasse non pagate da parte dei club di Serie A.

Sul primo fronte va segnalato come il week end natalizio potrebbe essere fonte di grandi novità dopo che la Procura federale (quindi la giustizia sportiva) ha riaperto il caso anche per quando concerne la questione plusvalenze. Già nella giornata di oggi infatti Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann presieduta da John Elkann che controlla la Juventus con il 63,8%, potrebbe depositare in qualità di socio di maggioranza nel club la propria lista di candidati per il futuro consiglio di amministrazione che verrà nominato nell’assemblea dei soci in programma il prossimo 18 gennaio.

Come questa rubrica aveva svelato qualche settimana orsono Exor sceglierà professionisti con alti profili di natura giuridico-economico-societaria sacrificando magari figure legate al marketing e allo sviluppo prodotto proprio perché la holding sa benissimo che la Juventus sarà chiamata a difendersi in battaglie legali su almeno quattro fronti:

  • giustizia ordinaria;
    • giustizia sportiva;
    • indagine Consob, ovvero l’ente controllore della Borsa;
    UEFA per l’eventuale violazione delle norme del FPF.

Intanto però martedì 27 dicembre è in programma a Torino l’assemblea degli azionisti che sarà chiamata ad approvare il bilancio al 30 giugno 2022. Un’assise che originariamente si sarebbe dovuta tenere prima il 28 ottobre e poi il 23 novembre ma che è infine slittata a dicembre proprio per le nubi che si stavano addossando sulla società bianconera. Nei fatti l’assemblea segnerà l’epilogo della presidenza del già dimissionario Andrea Agnelli. Un’era iniziata nel 2010 e che si sta concludendo sotto i colpi della Procura torinese ma che non va scordato ha portato nella bacheca juventina una grande quantità di trofei (29 complessivamente considerando anche la squadra femminile e la NextGen), tra i quali nove scudetti e cinque Coppe Italia.

IL TRIONFO DI LOTITO SULLE TASSE

Per quanto concerne invece il secondo punto, quello delle tasse, questa stessa rubrica nell’appuntamento di due settimane orsono aveva spiegato come al di là della voce grossa inizialmente fatta dal governo prima o poi si sarebbe trovata un compromesso o qualcosa del genere visto il peso del principale sport nazionale sull’economia del Paese.

La soluzione è stata inserita nella Manovra 2022 e prevede che i versamenti fiscali che sarebbero scaduti al 22 dicembre possano essere effettuati in un’unica soluzione entro il 31 dicembre 2022 oppure in 60 rate di pari importo, con una maggiorazione pari al 3%.

E di questo se ne sono giovati molti club. A iniziare ovviamente da quelli più indebitati con il fisco come:

  • Inter: 50 milioni di euro;
  • Lazio: 40 milioni;
  • Roma: 38 milioni;
  • Juventus: 30 milioni;
  • Napoli: 25 milioni;
  • Fiorentina: 15 milioni;
  • Milan: 10 milioni.

Ma soprattutto quei club che stando ai tam tam circolanti nei palazzi del potere del calcio si sarebbero trovati in difficoltà nel saldare il debito erariale qualora il governo non avesse concesso ulteriori dilazioni.

L’esecutivo Meloni ha spiegato che l’inserimento del cosiddetto decreto Salvacalcio nella manovra in realtà è una misura che non è destinata al solo mondo del pallone ma a l’intero universo delle imprese. In realtà si tratta di una fogli di fico visto che sembra disegnata perfettamente per i club di Serie A. L’idea del governo, alle prese con la sua prima manovra, da quanto è trapelato è quella di avere fatto la voce grossa come a dire per stavolta va bene ma ora cercate di fare i bravi perché saranno gli ultimi aiuti.

La cosa certa è che questa manovra Salvacalcio non piace agli italiani, visto che stando a un sondaggio condotto da Winpoll gli aiuti ai club non sono stati graditi da più di due italiani su tre. Non solo, ma non è stata gradita nemmeno a molti club che non avevano conti in sospeso con lo Stato: tra queste la Fiorentina di Rocco Commisso e Joe Barone che certo non ha mancato di far trapelare il proprio disappunto sulla vicenda.

E la questione è andata anche di traverso alle opposizioni. Proprio dalle colonne di Calcio e Finanza il senatore Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha mostrato tutta la sua contrarietà a questa misura spiegando con chiare parole: «Regalare 890 milioni alle società di Serie A è una follia firmata Lotito-Meloni: una marchetta ai presidenti di un calcio pieno di debiti. i soldi debbano andare ai dilettanti, ai giovani, non alle società di Serie A. Le società devono aprirsi, incamerare risorse dai diritti televisivi: finché ciò non accadrà il calcio italiano sarà destinato a perdere. Le aziende di calcio devono imparare a gestire i bilanci, non chiedere l’aiuto di papà Stato ogni volta che ce ne è bisogno».

Un’altra cosa che è altrettanto sicura (e che si evince già dalle parole di Renzi) è che se c’è un vincitore in questa vicenda è il presidente della Lazio Claudio Lotito, appena eletto senatore nelle file di Forza Italia.

Il numero uno biancoceleste è stato il massimo propugnatore del decreto Salvacalcio. Sia a livello pubblico – è stato molto curioso in commissione bilancio al Senato assistere al botta e risposta sul tema tra Lotito e il presidente della Serie A Lorenzo Casini, che lo stesso Lotito aveva significativamente contribuito a eleggere a suo tempo – ma anche nelle negoziazioni sottotraccia che non sono state semplici sino all’ultimo giorno. Proprio Calcio e Finanza ha svelato come l’emendamento Salvacalcio fosse aggiunto alla manovra, ma che sino a poche ora prima era tornato in bilico negli iter parlamentari. «È immortale» è stato un commento su Lotito arrivato in redazione dopo che l’emendamento era passato.

I POSSIBILI RIFLESSI NELLA LEGA SERIE A

Come conseguenza di tutto questo è evidente che il grande attivismo di Lotito – e soprattutto i risultati ottenuti dal presidente laziale in sede governativa – non faranno che aumentare la già non scarsa influenza del numero uno biancoceleste in senso alla Lega Serie A. Infatti, come segnalato in precedenza, va notato che oltre ad agire pro domo sua Lotito ha agito per salvare altri club da una situazione che sarebbe potuta diventare pesantissima. Ed è evidente che questi dovranno essergli in qualche modo grati in una stagione, quella che sta per iniziare, in cui in sede di politica calcistica si dovranno decidere le modalità di vendita dei pacchetti dei diritti tv sia nazionale sia esteri.

Infine non va scordato come sotto la cenere covi sempre la questione della media company per la commercializzazione dei diritti tv e dell’entrata in questa società dei fondi di private equity. Un’idea che nel 2020 era venuta per primo all’ex presidente della Lega Serie A Paolo Dal Pino e che avrebbe fatto incassare ai nostri club 1,3 miliardi -l’operazione infatti prevedeva la cessione del 10% della media company della Serie A che sarebbe stata creata. Questa stessa idea però venne prima congelata – anche, se non soprattutto, per le forti opposizioni di presidenti quali Lotito e De Laurentiis – per poi venire messa definitivamente in soffitta quando arrivò l’offerta di DAZN da 840 milioni annui miliardi per i diritti tv italiani.

Peccato però che poi l’idea venne adottata prima dalla Liga spagnola e poi dalla Ligue 1 e i proventi di questa operazioni siano stati investiti dagli stessi club per investimenti strategici quali stadi (come nel caso del Maiorca) e infrastrutture.

Sia chiaro qui non si vuole asserire che la possibile maggiore influenza di Lotito in Lega Serie A sia necessariamente un male. D’altronde nonostante i mal di pancia di notevole parte della tifoseria biancoceleste, pochi presidenti di Serie A possono dire di aver saputo coniugare nei tempi recenti una politica di bilancio sana (utili per oltre 50 milioni nei 18 esercizi di gestione Lotito per la Lazio)) a successi sportivi.

Non va sottaciuto infatti che Lotito, oltre ad avere praticamente salvato il club da un possibile crack nei primi anni del secolo, ha nel proprio palmares personale tre Coppe Italia e tre Supercoppe italiane, che ne fanno il terzo presidente più vincente della storia laziale dopo Umberto Lenzini (scudetto 1974) e soprattutto Sergio Cragnotti (scudetto 2000, Coppa delle Coppe 1999, Coppa Italia 1998 e 2000, Supercoppa UEFA 1999 e Supercoppa italiana 1998 e 2000). Ma nel caso di quest’ultimo la gloria venne poi amaramente pagata con il quasi fallimento negli anni successivi prima appunto dell’avvento dello stesso Lotito.

Quel che invece sarà più difficile spiegare, soprattutto agli investitori stranieri, le alleanze in Lega Serie A che spesso si forgiano in nome di favori pregressi piuttosto che sulle questioni puntuali di natura economica o strategica.

In una importante assise finanziaria, un top manager del recruitment aziendale confidava: «Sai qual è la cosa triste del calcio italiano in merito alle proprietà straniere? Che il primo anno i nuovi proprietari, soprattutto statunitensi, mi chiedono profili di manager che possano in breve tempo incrementare i ricavi o con i metodi tradizionali o con i nuovi media, convinti di dirigere la società all’americana. Mentre il secondo anno, spesso capita che aggiustano il tiro e vogliono profili di manager con ottime relazione in Lega o nei palazzi del potere».

Il tutto mentre si entra in uno dei periodi più caldi per mantenere viva l’attenzione del mondo finanziario statunitense verso i club calcistici. Nel 2026 sono in programma i Mondiali negli Stati Uniti (in collaborazione con Messico e Canada) ed è evidente che mai come in questi anni il calcio sarà nel mirino dei grandi fondi americani. Nello stesso tempo è evidente che gli investitori che puntano a fare delle plusvalenze nella rivendita dei club si devono muovere sin da ora per acquisire delle società e per arrivare da proprietario di un club nel momento in cui l’attenzione in Nord America sarà al massimo – e probabilmente si potranno spuntare i prezzi migliori -, ovvero proprio durante i prossimi mondiali.