Il Napoli può festeggiare il terzo scudetto della sua storia al termine di una cavalcata esaltante da parte della squadra di Luciano Spalletti, che sin da subito ha lasciato ben poco spazio alla concorrenza in campo nazionale. Si tratta per altro del primo scudetto della storia azzurra senza aver potuto contare sull’ausilio di quello che è stato probabilmente il più grande giocatore nella storia del calcio – Diego Armando Maradona – che fu il protagonista principale dei primi due titoli. E questo ingrandisce ancora di più la portata del successo di quest’anno arrivato nonostante le vendite redditizie di giocatori come Koulibaly e gli addii di Mertens e Insigne, operazioni che hanno ridotto moltissimo il monte ingaggi
Ora dati i giusti meriti alla squadra, all’allenatore e allo staff tecnico guidato dal direttore sportivo Cristiano Giuntoli, il terzo scudetto del Napoli porta però la firma soprattutto di Aurelio De Laurentiis, l’imprenditore che comprò il club nel 2004 in Serie C e lo ha portato ai vertici del calcio internazionale tenendo sempre un occhio ai bilanci e alla solidità finanziaria della società.
Calcio e Finanza ha voluto celebrare questo successo strameritato alla sua maniera. E per questo in settimana ha pubblicato in esclusiva uno studio molto esaustivo sulla storia finanziaria del club partenopeo dal 2004 ad oggi – ovvero l’era De Laurentiis – per opera di Fabrizio Vettosi, uno dei banker più apprezzati del panorama italiano, molto noto anche nel mondo del calcio&business.
Nello studio in particolare emerge chiaramente come tra le chiavi principali del successo della gestione del presidente De Laurentiis vi siano soprattutto il controllo dei costi di gestione – anche a scapito di sacrifici molto importanti (Cavani, Higuain e Koulibaly tra gli altri) – e dei costi di staff – molto interessante in quelle pagine è il confronto su questa voce di spesa tra Napoli e Juventus (gli azzurri in termini di staff hanno un struttura circa sette volte inferiore ai bianconeri). Ma per chi ne vuole sapere di più nulla di meglio che leggere integralmente l’analisi di Vettosi.
IL RITORNO DELLE COPPE E LA VETRINA MONDIALE PER SAN SIRO
Lo scudetto del Napoli per altro arriva alla vigilia di una giornata di Serie A a dir poco esplosiva. Nella parte alta della graduatoria si incontreranno tutte le sei squadre in lotta per gli altri tre posti in Champions League: i big match saranno Roma-Inter, Milan-Lazio e Atalanta-Juventus.
In quella inferiore invece si sfideranno le sei squadre impegnate per evitare gli ultimi due posti che costeranno la retrocessione (considerando la Sampdoria ormai in Serie B): in programma vi sono infatti Cremonese-Spezia, Empoli-Salernitana e Lecce-Verona. Ed è evidente che terminati questi match la classifica sarà più chiara per le posizioni calde nella graduatoria. LINK
Questa giornata di campionato a sua volta sarà un grande antipasto per il ritorno sulla scena in settimana delle coppe europee. Un evento che dopo parecchi anni vedrà impegnate nelle semifinali delle tre manifestazioni cinque squadre italiane (Inter e Milan in Champions League, Roma e Juventus in Europa League e la Fiorentina in Conference League) e che ovviamente avrà quale piatto forte l’euroderby di San Siro.
Le due partite del Meazza quasi per un gioco del destino porteranno il vecchio e glorioso impianto milanese, oggetto di mille polemiche, al centro della visibilità mondiale. Le semifinali di Champions League infatti saranno giocate in giorni alterni e quindi non vi sarà concorrenza mediatica da parte dell’altra semifinale tra Manchester City e Real Madrid. E quindi tutto il mondo del calcio globale avrà gli occhi puntati sul Giuseppe Meazza prima per Milan-Inter e Inter-Milan poi.
Quasi un gioco del destino perché da molti anni non si sente dire altro che, soprattutto da Inter e Milan che lo utilizzano, lo stadio milanese sia “bello ma vecchio”, “bello ma non più al passo coi tempi” e non in grado di garantire ai due club milanesi quei ricavi che invece strutture più moderne possono assicurare a club di altre città e nazioni.
Invece ora il vecchio impianto finirà nel centro dall’attenzione mondiale vestito nel suo abito più elegante e per due delle partite più importanti dell’intera stagione mondiale. E che questa attenzione sia già spasmodica lo dimostrano le telefonate che in questi giorno stanno arrivando a Calcio e Finanza da testate straniere proprio per capire perché uno stadio così affascinante venga così criticato da propri affittuari.
Ora al di là della oggettiva difficoltà di spiegare a colleghi non italiani gli intricati meccanismi della burocrazia nostrana, questa rubrica ha più volte affrontato il tema del nuovo stadio di Milano spiegare sino allo sfinimento come i due club ritengano che uno stadio più moderno, in grado di offrire maggiori posti corporate, potrebbe non solo rimpinguare i ricavi ma anche aumentare la competitività internazionale delle due squadre. Mentre nello stesso tempo questa testata ha riportato le ragioni del fronte del “no”, spiegando anche come il nuovo impianto sia un affare soprattutto per le due proprietà.
Nell’appuntamento odierno ci si limiterà ad aggiornare la questione con gli ultimi sviluppi: ovvero la lettera spedita da Inter e Milan all’amministrazione per ottenere più tempo per avere garanzie sul fronte di referendum e vincoli, oltre ad analizzare meglio le nuove richieste del Comune. Che in pratica sono:
- aumentare il verde,
- una capienza adeguata con prezzi adatti a tutti,
- spostare lo stadio più lontano dalle case in via Tesio,
- 40 milioni in più da destinare al Comune per realizzare progetti in zone limitrofe.
Il sindaco Giuseppe Sala ha considerato questa lettera come una apertura e la sensazione quindi è che dopo la fuga in avanti del Milan su un progetto in solitaria nell’area dell’ippodromo La Maura, le due società siano tornate in sintonia sul piano originario di un nuovo impianto adiacente a quello attuale sempre nello spazio di Piazzale Angelo Moratti.
Per altro a margine di tutto questo va segnalato, sempre in tema di scherzi del destino, che mai come quest’anno Inter e Milan abbiano poco da lamentarsi dagli incassi da stadio, anche se ovviamente non c’è mai limite al meglio.
In questa stagione infatti i tifosi di Inter e Milan stanno dando vita a un testa a testa per quanto riguarda le presenze allo stadio in campionato con medie oltre i 70mila spettatori per entrambi i sodalizi. A questo vanno poi aggiunti gli incassi monstre delle due squadre nel loro splendido cammino di Champions League e nel caso dell’Inter anche degli incassi relativi ai quarti e semifinali di Coppa Italia.
Tant’è che – come anticipato da Calcio e Finanza nelle settimane scorse e poi confermato dal presidente Paolo Scaroni – proprio grazie agli incassi legati alla massima competizione europea il Milan potrà tornare a chiudere nel 2022/23 il bilancio in utile dopo 16 anni. Mentre l’Inter, sempre tramite i grandi incassi da stadio, potrà terminare questo esercizio con una perdita molto inferiore rispetto a quella preventivata.
IL TEMA STADIO E L’ESEMPIO NAPOLI
In questo scenario va anche segnalato come lo studio sul Napoli di Vettosi metta in evidenza un particolare molto interessante sul tema stadi, facendo sentire una voce fuor dal coro rispetto al paradigma dominante secondo il quale servono impianti moderni per incrementare i ricavi e quindi mantenere la competitività europea.
Il report mostra infatti come l’equilibrio economico-finanziario sia sempre stato al centro nella gestione di De Laurentiis. Partendo dai ricavi, dal ritorno in Serie A nel 2007, il Napoli ha registrato ricavi ricorrenti (a prescindere quindi dalle plusvalenze) pari a circa 146 milioni di euro, con una media dei ricavi complessivi attestatasi sui 181 milioni di euro. Ricavi su cui la componente diritti tv è sempre stata la voce più corposa (pari al 49% aggregato).
E questo, e qui sta il punto, ha portato a riflessioni anche sulla gestione della società da parte di De Laurentiis. Se infatti i diritti tv sono la voce più importante non serve quindi:
- né un corporate staff particolarmente costoso (tanto che il Napoli ha un struttura circa sette volte inferiore alla Juventus in termini di staff)
- né investire in onerose ed inutili infrastrutture come gli stadi, difficili da rendere redditizi nel calcio italiano.
Proprio per questo nello studio si parla di “stadio virtuale”, un tema su cui De Laurentiis ha sempre puntato molto fin dal suo arrivo a Napoli. In sostanza, meglio la tv della presenza fisica. Riuscendo in parte a trasformare questo tema in realtà proprio nella serata più importante della sua storia da presidente del Napoli, riuscendo a portare allo stadio 60.000 sostenitori solo per guardare la partita in tv. Tema su cui tra l’altro era tornato anche nelle ultime settimane, guardando alla possibilità di vendere biglietti virtuali per lo stadio anche all’estero, dando la possibilità di “vivere” lo stadio da casa come in presenza. «A San Siro vendi biglietti ai tifosi tramite piattaforma? Bene, ma la stessa cosa bisogna farla anche per tifosi virtuali che sono sempre più numerosi in Italia all’estero, magari per una partita di grande cartello posso attrarre 30/40 milioni di biglietti virtuali, con una fatturabilità esponenziale mai considerata»
Ora tornando alla questione San Siro, è evidente che ogni città ha una realtà e un tessuto economico diverso ed è evidente soprattutto come Milano non è Napoli.
Nello specifico, il capoluogo lombardo e il suo bacino di utenza hanno un PIL tra i più alti in Italia se non d’Europa e il reddito pro capite in Lombardia è molto superiore a quello della città campana. Inoltre Milano è la capitale finanziaria in Italia ed è palese come i ricavi di corporate hospitality che si potrebbero ottenere con un nuovo impianto a Milano potrebbero essere molto superiori e imparagonabili rispetto a quelli di tutte le altre realtà italiane – Roma e Torino incluse – vista la concentrazione di aziende, istituzioni finanziarie e top manager dagli alti salari di stanza nel capoluogo meneghino. Non a caso proprio per questa ragione negli Stati Uniti tutte le franchigie di New York, quand’anche di scarso successo sul piano sportivo – una su tutte i New York Knicks di basket -, sono sempre ai vertici delle graduatorie quando si mettono in fila i valori economici della società sportiva.
Insomma se la ricetta “low cost” di De Laurentiis può andare bene a Napoli, non è detto che possa funzionare a Milano. Anzi visto che quella lombarda è una città che per certi aspetti economici rappresenta l’opposto del capoluogo campano.
Questo detto, però va anche fatto notare che se Milano non è Napoli è anche vero che non è nemmeno Londra. Metropoli che Brexit o non Brexit rappresenta sempre la piazza finanziaria più importante d’Europa, con tutti i benefit per le corporate hospitality degli stadi opportunamente maggiorate.
Inoltre Londra si trova all’interno di una nazione i cui cittadini hanno una propensione media al consumo ben superiore a quella degli italiani. «Provate a osservare un gruppo di inglesi all’aeroporto e poi un gruppo di italiani», spiegava un economista specializzato in strutture aeroportuali, «Ipotizziamo che entrambe le comitive stiano per imbarcarsi nel pomeriggio quindi al di fuori dei canonici orari di consumo per pranzo o cena. Ebbene sarà probabile che ogni persona nel gruppo di britannici mangerà qualcosa e si concederà almeno un paio di birre. Al contrario ognuno degli italiani si limiterà a una bottiglietta d’acqua e magari a un panino. E il differenziale incassato dai negozi dell’aeroporto sarà notevole». Questa differenza atavica nella propensione al consumo probabilmente si rifletterà anche negli stadi e sarebbe miope non tenerne conto.
Sia chiaro, qui non si vuole asserire nella maniera più assoluta che Inter e Milan sbaglino nella loro volontà di dotarsi di un impianto più moderno, ma soltanto fare notare come la questione debba essere valutata in mille e più aspetti prima di imbarcarsi in uno dei più costosi progetti immobiliari che il capoluogo lombardo abbia mai visto nella sua storia. E che come non è detto che la ricetta Napoli possa andare bene per Milano, non è nemmeno detto che la ricetta britannica sugli stadi possa funzionare pedissequamente nel capoluogo lombardo siccome Milano non è Londra e che l’Italia non è l’Inghilterra.
Perché se è vero che i due club potranno trarre grande giovamento economico da un nuovo impianto, sicuramente però quelle che se ne gioverebbero di più sarebbero le due proprietà che tra pochi anni potrebbero uscire dall’investimento con un valore del club molto più alto e quindi incassando di più.
In poche parole, un conto è vendere un’azienda con una fabbrica obsoleta, un altro è invece cederla con uno stabilimento nuovo e modernissimo.