Milan sentenza Uefa FPF – Sforamento dei paletti FPF sul break-even, dubbi sulla credibilita dei tre diversi business plan presentati a Nyon e rischi per la continuità aziendale. Sono questi i tre cardini della sentenza con cui l’Uefa ha escluso il Milan dalla prossima Europa League, e su questi argomenti Elliott proverà a ribaltare la decisione al Tas.
Il percorso che ha portato alla decisione dell’Uefa inizia addirittura l’1 dicembre 2016, quando la società (ancora di proprietà di Fininvest, seppur in trattativa per la cessione) ha presentato la prima richiesta del voluntary agreement. Una richiesta che viene supportata, l’11 maggio 2017, dalla presentazione all’Uefa del cambio di proprietà avvenuto il 13 aprile (in esecuzione del preliminare firmato da Yonghong Li il 5 agosto 2016) e di un business plan fino al 2021, in cui erano inclusi “ricavi significanti” dallo sviluppo commerciale del Milan in Cina. La richiesta di voluntary agreement viene ritirata dal Milan il 9 giugno 2017, per poter presentare un business plan aggiornato successivamente.
Milan sentenza Uefa FPF, il nuovo voluntary agreement
Il 16 giugno 2017, così, il Milan invia una nuova richiesta di voluntary agreement, presentando il 17 luglio i dati relativi al break-even, che nei periodi 2015 e 2016 presentavano una perdita rispettivamente di 74 e 51 milioni di euro. Il 31 agosto, la Camera Investigativa dell’Uefa ha ritenuto il Milan in violazione di tre indicatori del FPF, ovverosia continuità aziendale, equity negativa e break-even.
Il 15 ottobre 2017, su richiesta dell’Uefa per continuare il monitoraggio, il Milan ha inviato a Nyon i dati dell’esercizio 2017, chiuso con un deficit di 20 milioni di euro. Trattandosi di un esercizio di soli sei mesi (poiché i rossoneri hanno spostato la chiusura dell’esercizio dal 31 dicembre al 30 giugno), l’Uefa ha considerato inoltre di dover ridurre la “perdita accetabile” di 30 milioni, visto che il periodo di monitoraggio è stato così ridotto da 36 a 30 mesi. Il break-even complessivo del triennio sotto indagine è stato quindi pari a 145,935 milioni di euro.
Milan sentenza Uefa FPF, Ernst & Young
Insieme ai dati economici, il Milan ha presentato anche l’analisi sui conti di Ernst & Young, in cui per il raggiungimento dell’equilibrio all’interno del business plan 2017-2022 viene ritenuto fondamentale soddisfare tre elementi: il raggiungimento degli obiettivi di crescita sul mercato asiatico, la ricapitalizzazione da parte dell’azionista di controllo in linea con i requisiti del business plan e la rinegoziazione del debito con scadenza 15 ottobre 2018.
Il 9 novembre 2017 è andato in scena così un secondo incontro all’Uefa, in cui il Milan ha aggiunto i dettagi sul finanziamento da parte di Project Redblack (e quindi di Elliott) da 202 milioni di euro più i due bond da 128 milioni sottoscritti sempre da Elliott. Inoltre, il club rossonero ha presentato anche un nuovo business plan, con numeri rivisti al ribasso: dalla perdita aggregata di 26,7 milioni di euro nel peggior scenario del piano di maggio 2017 si è passati ad una perdita di 28,9 milioni, mentre i ricavi dalla Cina sono passati da un totale di 229,5 milioni nel worst case scenario (l’ipotesi migliore parlava di 277,6 milioni) a 128,7 milioni. Il tutto con una previsione di iniezioni di capitale da parte dell’azionista di maggioranza per un totale di 213 milioni nel corso degli anni.
Per concedere il voluntary agreement, l’Uefa ha richiesto specifiche informazioni sul rifinanziamento e garanzie da parte dell’azionista di maggioranza per le iniezioni di capitale: il Milan ha risposto presentando una lettera di HPS Investment Partners, a cui era stato concesso un periodo di esclusiva per negoziare il rifinanziamento, ma non la richiesta del versamento di 165 milioni in un conto di deposito a garanzia dell’Uefa, dichiarando tuttavia che l’azionista si era impegnato a finanziare tutti gli aumenti di capitale necessari.
Spiegazioni che non bastano, però, all’Uefa, che il 15 dicembre comunica al Milan il respingimento della proposta di voluntary agreeent.
L’indagine, quindi, prosegue. Il 29 gennaio 2018 viene ufficialmente aperta l’indagine da parte dell’Uefa: il 26 febbraio, la stessa Uefa informa il Milan che le verifiche si concentreranno in particolare sullo stato del rifinanziamento con Elliott, sulle informazioni finanziare e sui nuovi ricavi dal business in Cina.
Milan sentenza Uefa FPF, il ruolo di Merrill
Il 5 marzo, il Milan informa che è stato dato un mandato a Merrill Lynch International per il rifinanziamento: il progetto prevede la creazione di una MediaCo in cui far confluire i ricavi certi e che possa emettere un bond da 300 milioni con maturità a 5/7 anni per rifinanziare Elliott, con chiusura dell’operazione prevista a maggio. Un bond il cui valore, nelle informazioni date il 28 marzo, scende a 270 milioni (mentre resta a 235 milioni il riferimento al rifinanziamento del debito per la holding), con una nuova data per la chiusura prevista per giugno/primi giorni di luglio.
Nel frattempo, mentre Ernst & Young parla di situazione di stress finanziario sui conti rossoneri con “incertezze che potrebbero sollevare dubbi significativi sulla capacità del Milan di continuare a operare”, l’Uefa fa analizzare la situazione del Milan ai revisori indipendenti di PricewaterhouseCoopers, che il 12 aprile fotografano questa situazione:
- finanziamento da 505 milioni complessivi ancora in corso;
- ricavi dalla Cina pari a 0 per il 2018 (contro i 19 e 9 milioni di euro indicati nel primo e secondo business plan), senza alcun contratto firmato per i periodi tra il 2019 e il 2021;
- break-even stimato a – 70 milioni di euro.
Milan sentenza Uefa FPF, ultimo incontro
Il 20 aprile 2018, avviene il terzo e ultimo incontro tra l’Uefa e il club rossonero. La società conferma la struttura del bond per rifinanziare il debito (con la possibilità di ingresso di un azionista di minoranza per supportare il rifinanziamento), presenta un terzo business plan con dati aggregati in peggioramento rispetto ai precedenti (-29,5 milioni nel triennio 19/21) e ricavi dalla Cina stimati in soli 42 milioni tra il 2018 e il 2021, con 0 milioni nel 2018, con i 128,7 e 229,5 dei precedenti piani. Inoltre, non sono stati previsti nuovi versamenti in capitale per il periodo 2019-21, in contraddizione con quanto indicato nel secondo business plan (in cui si parlava di 47 milioni nel 2019 e 56 milioni nel 2020).
Il break-even complessivo per il triennio 2015-2017, invece, era stato indicato dal Milan in 145,935 milioni di euro complessivi: considerando, come detto sopra, che si trattava di 30 mesi invece che dei normali 36, l’Uefa ha scelto di ridurre la perdita accettabile a 25 milioni (invece di 30), con il Milan che ha quindi superato il limite massimo di 120,935 milioni di euro.
Il 22 maggio, viene respinta l’ipotesi settlement agreement e il caso viene inviato alla Adjudicatory Chamber, con richiesta di esclusione del Milan dalla prossima competizione Uefa.
Milan, ufficiale: l’Uefa nega il settlement agreement per il FPF
Riparte, così, una nuova indagine. Il Milan, con richiesta scritta, chiede di accedere ai documenti relativi alla situazione finanziaria di club come Psg, Manchester City e Inter: richiesta respinta dall’Uefa, mentre viene parzialmente accettata la presenza di testimoni di Elliott (ne vengono accettati due invece di tre), che tuttavia non si sono poi presentati all’audizione del 19 giugno 2018.
Milan sentenza Uefa FPF, la difesa
Nella difesa del Milan davanti alla Adjudicatory Chamber, il club accusa l’Uefa di avere un pregiudizio negativo sull’azionista di maggioranza, di avere male intrepretato documenti e fatti e di non avere applicato i principi di un equo e imparziale trattamento. Nello specifico, per la società rossonera nel passato era stato concesso il settlement agreement a club con deficit di break-even maggiore, mentre non c’era motivo di predire che il rifinanziamento non venisse chiuso prima di ottobre e che un cambio di proprietà non dovesse precludere la possibilità di chiudere il settlement agreement.
A supporto, il Milan ha presentato una lettera di Project Redblack in cui viene confermato che nel caso in cui Project Redblack acquisisse il controllo, il club si troverebbe immediatamente in una migliorata posizione finanziaria e Project Redblack supporterebbe il club nel cercare di rispettare i paletti fissati dall’Uefa. Infine, il Milan sostiene che non ci siano dubbi sulla continuità aziendale e che il business plan è solido abbastanza da garantire il rispetto del fpf anche in caso di cambio di proprietà.
Parole a cui l’Uefa risponde punto su punto: si parla di un business plan basato su risultati sportivi “molti alti” nell’immediato futuro e su ricavi dalla Cina in forte calo (che fanno dubitare della credibilità dei documenti presentati dal club), di imminente rischio di cambio di proprietà di cui non si conoscono le conseguenze e che il bilancio 2018 si chiuderà in forte perdita per gli importanti investimenti nei giocatori, contrario al parere della Camera Investigativa.
Il Milan, secondo l’Uefa non è stato in grado di produrre prove evidenti o almeno plausibili a supporto delle proprie argomentazioni riguardo le strategie in Cina, il rifinanziamento e l’eventuale cambio di proprietà. Non è stato, quindi, solo il deficit del break-even a portare alla decisione finale, ma anche tutti i dubbi sulla credibilità del business plan e quanto ne segue. Da qui, quindi, la decisione di escludere il Milan dalle coppe europee per un anno, aspettando la sentenza del Tas sul ricorso del club.