Modello spagnolo calciomercato settori giovanili vittorie europee. Solo le spagnole battono le spagnole. Con le imprese di Real Madrid e Atletico Madrid negli occhi, e in attesa di capire se questa sera in Europa League Liverpool (in casa con il Villareal) e Shaktar Donetsk (a Siviglia) riusciranno a sfatare il tabù stagionale, visto che le uniche due spagnole eliminate – Valencia e Athletic Bilbao – si sono fatte eliminare da altrettante spagnole (Athletic Bilbao e Siviglia), ci siamo interrogati su quale sia il valore aggiunto delle squadre spagnole in campo europeo.
Partiamo da un dato economico: stando a una rilevazione del sito specializzato palco23 negli ultimi 5 anni l’esposizione debitoria delle squadre spagnole nei confronti delle banche sarebbe dimezzata. Al momento solo il Valencia avrebbe debiti bancari superiori ai 200 milioni di euro.
Cinque anni fa si diceva che il calcio spagnolo era tecnicamente fallito e che i club (soprattutto i medi e piccoli) avevano business insostenibili.
Oggi l’impressione è che la situazine sia cambiata.
Il dato più importante? Tutto ciò (se ne tenga conto in ogni valutazione da qui in avanti) è stato ottenuto con una spesa sostanzialmente in equilibrio.
Negli ultimi 5 anni ovvero da quando la Spagna è diventata Campione del mondo in Sudafrica (dati Transfermarkt.it) la Liga spagnola ha investito sul mercato 1,86 miliardi di euro e ne ha incassati 1,96 miliardi con un saldo positivo di 51 milioni circa.
Nello stesso periodo l’Italia ha avuto un saldo negativo di 210 milioni ed ha speso quasi un miliardo in più (2,63 miliardi di euro). L’Inghilterra ha speso addirittura 4,25 miliardi con un saldo negativo mostruoso di 2,015 miliardi. Anche la parsimoniosa Germania, che pure ha speso meno della Spagna (1,4 miliardi totali) chiude con un saldo negativo di 393 milioni di euro.
Insomma: gli spagnoli vincono e ci guadagnano pure su. Quel che stupisce è l’incredibile continuità di risultati in campo europeo. Oggi il ranking dice che la Spagna ha oltre 24 punti in più rispetto alla Germania seconda ed all’inizio della prossima stagione il distacco sarà comunque nell’area dei 20 punti. Oltre a quelli che ormai sono i 3 grandi del calcio europeo (Real Madrid primo, Barcellona terzo, Atletico quarto) va pure ricordato che il Siviglia inizierà il 2017 nella top ten, al decimo posto e il Valencia pur perdendo 5 posizioni sarà pur sempre al 17esimo posto: davanti alla seconda italiana, il Napoli.
CF – calcioefinanza.it ha dimostrato nelle settimane scorse che la Spagna sarebbe prima nel ranking anche senza i risultati di Barcellona e Real Madrid. Chiaro che si tratta di una semplificazione in cui i punti di Barça e Real non vengono redistribuiti. Ma la simulazione dimostra che dal livello massimo a quello medio e inferiore il calcio spagnolo oggi esprime il miglior (e più redditizio, cioè vincente in senso sportivo) calcio a livello europeo.
Vediamo allora con i dati dell’osservatorio svizzero CIES di puntualizzare alcune peculiarità della Spagna, andando a indagare il modello economico – sportivo vincente.
Del resto non è certamente un caso se – a differenza dell’Italia – nelle scorse settimane abbiamo potuto rilevare anche un aumento degli investimenti stranieri nel calcio spagnolo. Ciò che noi, ad esempio, rincorriamo da anni senza successo.
1. Calciatori del vivaio. Nel campionato spagnolo il 23,7% (quasi 1 su 4) dei calciatori è stato costruito in casa. Si tratta di un dato significativo che la pone al primo posto tra le 5 grandi leghe europee e in un’area percentuale molto vicina a quella dei campionati più orientati a vendere. L’Italia si ferma all’8,9%, l’Inghilterra all’11,7%, la Germania al 13,3%.
2. Fiducia. Non solo i giovani spagnoli hanno più spazio nelle rose della prima squadra (potrebbero esserci e poi non giocare mai): il loro minutaggio è anche sensibilmente più alto e corrisponde al 20,9% del totale dei minuti che possono giocare. Questo a conferma del fatto che l’impiego di giovani non è stato solo un aspetto vantaggioso sul piano economico (i loro ingaggi costano meno) ma anche una effettiva strategia nella costruzione tattica della squadra. Ricordiamo anche che le rose sono più ristrette: 486 giocatori in Liga contro 527 in Italia, 520 in Inghilterra e 517 in Germania.
3. Il vivaio come risorsa di mercato. Attenzione poi ad un aspetto che da noi viene trascurato: la Spagna è il sesto paese al mondo per esportazione di giocatori (nel 2015 si sono registrati 497 spagnoli impiegati in squadre fuori dalla Spagna). Questa propensione – che da noi spesso è osteggiata – che non è certo nuova per gli spagnoli rappresenta tuttavia per i club spagnoli una risorsa: tra i club delle prime 4 leghe europee 6 su 12 (oltre a Real, Atletico e Barça troviamo pure Bilbao, Valencia e Real Sociedad) tra quelli che hanno più giocatori del vivaio in leghe professionistiche sono spagnoli.
4. Stranieri. In Spagna gioca il 39,9% di giocatori provenienti da Federazioni diversi da quella spagnola. Si tratta del dato inferiore se comparato con Inghilterra (59,9%), Italia (56,6%) e Germania (45,9%).
5. Esordienti. C’è infine il dato sui debuttanti, ovvero sui giocatori che hanno iniziato subito a giocare in Liga spagnola senza giocare precedentemente in un campionato “senior” (quindi solo nel settore giovanile). Anche qui la Spagna primeggia: negli ultimi cinque anni ogni squadra ha lanciato mediamente 3,95 giocatori (nel 2014 il picco con una media sopra l’1 a squadra, mentre quest’anno è drasticamente scesa a 0,25; un effetto evidentemente fisiologico). L’Inghilterra ne ha lanciati 1,85 in media a squadra, l’Italia 2,1 e la Germania 3,56. Se leggete questo dato comparato con il minutaggio del punto 2 scoprirete che non solo gli esordienti sono di più, ma hanno anche più spazio reale e possibilità di scendere in campo.
I dati sui prodotti interni e sui giocatori nazionali non vogliono essere presentati come un anacronistico sentimento di autarchico nazionalismo sportivo.
Vi è anzi una ragione specifica: diverse Università stanno lavorando a ricerche sulla relazione tra le vittorie e l’uniformità culturale delle squadre giungendo alla conclusione (presto speriamo di poter pubblicare i lavori completi o parte di essi) che la selezione non solo di giocatori dello stesso Paese ma anche provenienti da Paesi linguisticamente più simili (l’Italia con la Spagna, ad esempio) sia un fattore di vantaggio competitivo.
Tutto questo naturalmente si riflette sui valori di mercato: stando ai dati Transfermarkt.it il valore medio di un giocatore spagnolo è di 6,6 milioni di euro contro i 4,86 di uno di serie A (la Premier è più alta a 8,8 ma qui andrebbe fatta una comparazione sulla possibilità di spesa dei club, che spesso finisce per gonfiare i prezzi ovvero pagare il talento più del reale valore).
L’impressione finale? La Spagna oggi vince, attrae investitori asiatici e stranieri in generale (a Maiorca sono arrivati gli americani guidati da Steve Nash, ex stella NBA) e può presentarsi al miglior calcio d’Europa grazie a tre passaggi chiave:
1. trovatisi in condizioni di necessaria austerity i club (soprattutto medi) hanno elaborato un loro originale modello operativo sul mercato: la compravendita è diventata risorsa prima che fonte di approvigionamento. Paradossalmente le strategie sul settore giovanile (che hanno generato anche sanzioni FIFA) pur restando evidentemente atti non leciti in base ai regolamenti, riflettono proprio questa grande (eccessiva?) attenzione a formazione e valorizzazione.
2. si è valorizzato il prodotto interno, questo ha significato più giocatori spagnoli e più giovani, ma anche – di conseguenza – attenzione alla formazione, alle metodologie (celebre la periodizacion tactica, una vera e propria rivoluzione), all’insegnamento del calcio tecnico e tattico come presupposto necessario
3. grazie a quanto sopra le squadre hanno goduto di una maggiore uniformità culturale, fattore decisivo per plasmare club vincenti che hanno negli stranieri non una regola ma un valore aggiunto