Furlani: «Al Milan serve uno stadio all'avanguardia. Spingiamo per farlo a San Donato»

L’amministratore delegato dei rossoneri ha affrontato vari questioni: dalla mancanza di aiuti statali, ai troppi ostacoli burocratici legati alle infrstrutture.

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Giorgio Furlani (Photo by Kevork Djansezian/Getty Images)

Nel giorno dell’ufficialità da parte di Sportlifecity, società detenuta al 90% dal Milan, dell’acquisto dei terreni dell’area San Francesco dove il club rossonero è intenzionato a costruire il proprio nuovo stadio, è tornato a parlare l’amministratore delegato Giorgio Furlani.

Tanti i temi toccati dall’ad rossonero a Fortune Italia, dove ha toccato vari argomenti, ovviamente oltre lo stadio, che riguardano il futuro societario, senza dimenticare il campo, del club di via Aldo Rossi. «Siamo in un nuovo importante capitolo di evoluzione del club – ha esordito Furlani -, sostenuto dalla visione strategica di Gerry Cardinale, le competenze ed esperienza di RedBird nello sport business, nei media, nella capacità di sviluppare brand globali e di creare sinergie virtuose. Abbiamo avviato un percorso di crescita fondamentale per colmare il gap con le grandi squadre in Europa, soprattutto quelle in Premier League, che possono contare su ricavi importanti».

«Ovviamente non esiste un progetto nel calcio e nel Milan che non abbia alla base il successo sportivo – ha ammesso l’amministratore delegato rossonero -. Tutto il valore e i ricavi sono investiti nella squadra e nel club. È un circolo virtuoso: i ricavi alimentano gli investimenti, che producono performance migliori, che a loro volta creano nuovi ricavi. Sono fortunato a trovarmi in questa posizione. Ci sono dentro con un grande senso di responsabilità, dettata dal fatto che ho avuto modo di vedere cosa succede se una società di calcio viene gestita in modo imprudente. Io sono entrato circa sei anni fa nel Milan quando il Club andava salvato da una situazione di insolvenza».

Furlani stadio Milan San Donato – L’arrivo di Elliott e lo sviluppo societario

L’arrivo di Elliott: «Il Milan era strutturalmente in perdita. C’era stata una gestione dei costi tale per cui le risorse non erano state impiegate efficientemente. Abbiamo dovuto fare una riallocazione delle risorse per poter investire meglio, puntando anzitutto sulla parte sportiva per avere più successo sul campo. Inoltre, il club non aveva investito correttamente nell’infrastruttura manageriale, così da accompagnare al calcio una parte commerciale che aiutasse. Il progetto Milan è stato incentrato sul talento dei giovani ad ogni livello, mixandolo con l’esperienza necessaria. Abbiamo ringiovanito la struttura manageriale inserendo anche profili da altri settori. È la cosa giusta da fare per portare nuove idee. Da luglio dello scorso anno il club ha creato circa 30 nuove opportunità professionali, con un’età media di 28 anni».

Ci si sposta sul campo: «Abbiamo costruito una squadra competitiva, con l’inserimento di giovani calciatori di qualità, forti fisicamente e adatti al calcio moderno. Tra le top del campionato, siamo la squadra con l’età media più bassa se contiamo i calciatori impiegati in Serie A. Inoltre, quello rossonero è uno spogliatoio molto unito, un gruppo formato da grandi uomini e grandi calciatori, che mettono il noi davanti all’io. Bisogna lavorare tanto e farlo tutti assieme. Il calcio è uno strumento straordinario per attrarre capitali e per partecipare alla crescita del Pil del Paese. Abbiamo problemi di sistema, tra cui le infrastrutture sportive che sono imbarazzanti, per usare un eufemismo. Abbiamo problemi seri di pirateria dello spettacolo sportivo. Abbiamo problemi con una serie di regole e leggi che non ci aiutano a essere competitivi a livello europeo. Per capirci: se vogliamo incorporare questa grande fetta di economia all’interno del sistema Paese dobbiamo collaborare sinergicamente».

L’approdo di molti investitori stranieri nel calcio italiano: «Bisogna abbandonare l’idea che il calcio sia un gioco e nient’altro. Il calcio è un’industria. Parliamo di società che hanno centinaia di milioni di fatturato e che possono portare centinaia di milioni di investimenti nel nostro Paese. Dopo anni difficili, il risanamento e il rilancio di questo club che rappresenta la storia del calcio italiano nel mondo, è stato reso possibile dal fondo Elliott che ha evitato il disastro del fallimento. Oggi, invece, viviamo una fase di accelerazione e crescita. Siamo in un nuovo importante capitolo di evoluzione del club, sostenuto dalla visione strategica di Gerry Cardinale, le competenze ed esperienza di RedBird nello sport business, nei media, nella capacità di sviluppare brand globali e di creare sinergie virtuose. Abbiamo avviato un percorso di crescita fondamentale per colmare il gap con le grandi squadre in Europa, soprattutto quelle in Premier League, che possono contare su ricavi importanti».

Ed eccoci al capitolo stadio: «Gli imprenditori stranieri sono disposti a investire per fare nuovi stadi. C’è un’impossibilità di fatto a livello burocratico e amministrativo. C’è volontà e ci sono capitali a disposizione, ma non si riesce ad investire. Fra 24 mesi San Siro compie 100 anni? Bene, forse ne occorre uno nuovo È da più di cinque anni che lavoriamo per dare al Milan un nuovo stadio e abbiamo dimostrato che per noi è una priorità. È fondamentale per il futuro del club, per tornare con continuità nell’élite del calcio internazionale. Il Milan ha necessità di avere lo stadio più bello, moderno e funzionale del mondo. Noi vogliamo essere un’icona globale, un punto di riferimento per innovazione e sostenibilità, che offra accessibilità ed esperienza senza precedenti, massima sicurezza, comfort e servizi. Quello che è certo è che RedBird vuole offrire ai tifosi un’esperienza e una casa all’altezza dello status di questo grande club e adatta all’era moderna. E RedBird ha esperienza nel fare proprio questo».

Furlani stadio Milan San Donato – Dal nuovo impianto al Decreto Crescita

«Abbiamo in cantiere un nuovo grande progetto di stadio a San Donato. Faremo ogni sforzo per arrivare al risultato, nonostante i diversi ostacoli di sistema. Siamo, come le dicevo, in una nuova fase di crescita del Milan, sotto la guida RedBird, e lo stadio rappresenta un pilastro fondamentale su cui tutto il management è focalizzato, a partire dal presidente Paolo Scaroni. Parliamo di un manager dallo spessore unico a livello internazionale. Una leadership fondamentale in questi anni. Con grande passione ha guidato progetti strategici per il club, a partire proprio dal piano per il nuovo stadio. Abbiamo parlato tanto del Decreto Crescita, delle norme di legge che ci davano vantaggi di natura fiscale. Queste norme sono state abrogate. Restano tutti gli svantaggi: dalle strutture fatiscenti, ai contratti, alla possibilità di tesserare un certo numero di extracomunitari. Senza considerare che l’industria del calcio crea introiti alle casse dello Stato a livello di scommesse, ma non vede neanche un centesimo di euro perché il decreto Dignità lo vieta».

«Il calcio è un’industria – ha concluso Furlani -. Lo è per fatturato, investimenti, numero di lavoratori, gettito fiscale, previdenza, consenso sociale e altro ancora. Se altri pezzi di industria ricevono aiuti, agevolazioni, contributi, incentivi non si riesce a capire perché il calcio dovrebbe esserne escluso. Occorre creare un circolo virtuoso: più l’industria del calcio è in salute, più produce reddito, profitti, lavoro e contribuisce alla spesa pubblica. Se avessimo fatto fallire il Milan oggi saremmo qui a parlare di un disastro nazionale sotto ogni punto di vista. Invece il Milan è in salute, cresce, e vuole aiutare il calcio italiano a ripartire».