L’annosa saga del nuovo stadio di Milano si arricchita in settimana di un episodio che potrebbe rivelarsi uno spartiacque: la Sovrintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano ha fatto sapere di avere l’intenzione mettere il vincolo artistico al secondo anello del Meazza nel 2025. La parte intermedia di San Siro è stata infatti costruita nel 1955 ed è per questo tra due anni scattano i 70 anni necessari perché il vincolo possa essere posto (mentre il primo edificato invece nel 1926 e il terzo è stato ideato per i Mondiali 1990).
Questa decisione, a differenza di tanti altre succedutesi in questo tormentone, potrebbe decidere una volta per tutte l’esito di questa vicenda, che ormai da quattro anni vede coinvolte da un lato Inter e Milan e dall’altro il Comune di Milano.
Il vincolo della Sovrintendenza infatti decreta che l’attuale San Siro non potrà essere abbattuto almeno per quanto riguarda i primi due anelli (il secondo poggia sul primo). E questo non può che rendere contenti i molti che, non senza motivi, sostengono che l’attuale Meazza sia da tutelare in nome della sua bellezza, della sua storia e della sua immagine iconica riconosciuta in tutto il mondo che ne fa uno dei simboli della città di Milano in Italia e all’estero.
D’altro lato però la decisione pone un grande problema, soprattutto al Comune. Siccome i due club, almeno a parole, non hanno intenzione di continuare a giocare in un impianto che considerano vetusto – e da cui secondo loro è impossibile estrarre i ricavi necessari per competere ad alto livello -, l’amministrazione municipale rischia non solo di vedere i due club cittadini lasciare il territorio di Milano per puntare a zone limitrofe (l’Inter verso Rozzano, il Milan verso San Donato) ma corre anche il pericolo in termini più pratici di dover manutenere a proprie spese un impianto che sta vedendo scappare gli unici affittuari che possono garantire al Comune di utilizzare lo stadio per almeno 10 mesi l’anno.
Nello specifico rendendo immodificabile i due anelli inferiori il vincolo nei fatti impedisce secondo i club di poter intervenire in modo che, all’interno di una ipotetica ristrutturazione dell’impianto si possano trovare quegli spazi per la corporate hospitality che i club ritengono necessaria per poter incrementare di molto i propri ricavi e quindi poter competere alla pari insieme alla superpotenze europee. D’altronde, secondo alcuni esperti per poter ricavare le zone per la hospitality bisognerebbe intervenire sul primo anello, in cui però sono tuttavia presenti i muri di fatto portanti del secondo anello: una situazione che complicherebbe e non poco gli interventi, con i rischi che ne potrebbero conseguire.
A meno di non ritenere possibile, come qualcuno ha voluto ipotizzare, l’opzione di utilizzare il terzo anello per questo scopo. Ma in questa eventualità risulta difficile pensare che le persone, soprattutto gli ospiti vip, salgano così in alto per poter acquistare i prodotti del merchandising o per la corporate hospitality per poi scendere al primo per vedere la partita. Più che un trattamento luxury si tratterebbe di una scomodità incrementale.
Non sorprende quindi che non è appena la Sovrintendenza ha fatto trapelare la propria intenzione, è scattata, almeno a parole, la fuga da San Siro dei due club. E se il Milan da tempo aveva manifestato l’intenzione di abbandonare il progetto congiunto con l’Inter (nell’area adiacente al Meazza) prima visionando la zone dell’ippodromo La Maura e poi puntando sull’area San Francesco nel comune di San Donato Milanese, l’Inter, che aveva sempre considerato come proprio “Piano A” quello del Nuovo San Siro, da edificarsi – anche da sola- nell’area adiacente al Meazza, sta ora puntando su Rozzano. I nuovi stadi in teoria dovrebbero essere pronti tra il 2028 e il 2029, considerando tra l’altro che fino al 2030 sarà in vigore la concessione con il Comune per l’utilizzo dell’attuale San Siro con la possibilità per i club di recedere dall’accordo con due anni di anticipo.
MILAN-SAN DONATO E INTER-ROZZANO: LA SITUAZIONE DEI DUE CLUB
Questo detto, va subito chiarito che al momento bisogna prendere per buone le intenzioni dei due club ma qualche dubbio sulla concretezza dei loro intendimenti è comunque legittimo visto che le due società d’incanto ora metterebbero la quinta sui proprio progetti in solitaria dopo che per anni in due non hanno ottenuto granché in due nel loro sforzo congiunto sul progetto del nuovo San Siro. Inoltre si sta sempre parlando di quantità di denaro ingentissime (costruire uno stadio da zero ha un costo stimato almeno sui 600 milioni di euro) per due società che per quanto in via di risanamento non nuotano nell’oro. Certo il fatto che nell’ipotesi dei due stadi fuori le mura ora nessuna delle due debba più negoziare con il Comune di Milano che certo non si è dimostrato un interlocutore semplice può aiutare di molto
Ma ammesso e non concesso che gli intendimenti di Inter e Milan siano molto concreti, va fatto notare che le due società non sono nella stessa situazione e quindi hanno potere negoziale diverso.
I rossoneri sono sia più avanti nel loro progetto stadio e soprattutto stanno meglio finanziariamente. Prova ne sia che la società di via Aldo Rossi è praticamente già proprietaria dell’area a San Donato nella quale intenderebbe costruire il suo nuovo stadio. Inoltre il Milan è praticamente senza debiti e questo permette al management di Gerry Cardinale di avere più opzioni per finanziare l’opera. Tra queste quella più probabile e più comune del project financing – praticamente utilizzando i presunti ricavi incrementali legati an una migliore e più redditizia corporate hospitality per ripagare a tranche la spesa – . Oppure quella di accendere del debito (obbligazioni e prestiti bancari), oppure ancora un mix tra le due.
L’Inter invece al momento ha in mano l’esclusiva su un area che è di proprietà della Bastogi–Brioschi della famiglia Cabassi, con il club nerazzurro che avrà tempo fino al 30 aprile 2024, attraverso uno studio di fattibilità, per valutare l’ipotesi di costruire lo stadio in quella zona. Inoltre, particolare non certo secondario, non va scordato che il club nerazzurro ha una pesante situazione debitoria (intorno ai 900 milioni) e nei fatti non potrebbe finanziare l’opera se non attraverso il project financing (che è prassi abbastanza normale in queste operazioni).
Ma, elemento più importante di tutti in questa discussione, v’è da notare che la società di Viale della Liberazione ha fatto trapelare, pochi giorni prima del pronunciamento della Sovrintendenza, che in assenza del vincolo sul secondo anello l’opzione preferita sarebbe stata quella del Nuovo San Siro da costruirsi nelle adiacenze dell’impianto attuale (per intenderci quello che inizialmente sarebbe dovuto essere edificato insieme al Milan) e che l’area di Rozzano sarebbe stata il piano B solo in presenza del vincolo.
E soltanto quando è arrivata l’intenzione della Sovrintendenza che pure per i nerazzurri l’idea di lasciare Milano è diventata l’idea principale. Secondo l’Inter infatti il mantenimento dell’attuale Meazza non consentirebbe lo sviluppo commerciale della zona che prevederebbe un centro congressi, un parco a tema e un centro commerciale proprio nell’area dell’attuale Meazza. In particolare, trapela da Viale della Liberazione, il vincolo obbligherebbe a mantenere l’impianto attuale e per quanto si potrebbe costruire il nuovo impianto, questo risulterebbe a ridosso del vecchio con una coesistenza di difficile fattibilità. Non solo ma il sindaco Sala ha già detto che l’area non potrebbe reggere due impianti con i relativi eventi per i cittadini del quartiere. E quindi la situazione è al momento in stallo con un referendum che dovrà essere fatto non prima della prossima primavera, tempi ancora lunghi ed incerti con piano alternativo probabilmente con tempi più certi e brevi.
È evidente quindi che ora chi sicuramente sembra essere rimasto col cerino in mano è il comune di Milano, che sembra più all’angolo più di quanto non lo fosse prima. Con il risultato che Giuseppe Sala, che tutto avrebbe voluto tranne che passare alla storia come il sindaco che ha demolito San Siro, corre ora il serio pericolo di passarci come il primo cittadino che ha fatto scappare le due squadre cittadine dal territorio di Milano.
Ma al di là del ricordo di Sala tra i cittadini, vi è un risvolto molto più pratico per l’amministrazione. Se entrambe le squadre dovessero lasciare San Siro (che non si può più demolire) il Comune perderebbe anche un introito complessivo di circa 10 milioni l’anno, visto che Inter e Milan pagano di affitto 4 milioni ciascuna, oltre alle spese di manutenzione di circa 2 milioni in totale. E per un bilancio cittadino che deve tenere conto delle mille spese (della più svariata origine dalle scuole comunali ai sostegni per le famiglie più bisognose, dal trasporto pubblico alla gestione delle case popolari) che un metropoli come Milano deve sostenere, non sarebbe certo un problema da poco.
Inoltre, quasi a rendere la questione paradossale, vi è il fatto che soldi pubblici dovrebbero essere spesi per ristrutturare il Meazza per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 (lì si terrà infatti la cerimonia inaugurale) e per la finale di Champions League 2026 o 2027 (l’UEFA non ha ancora deciso).
SALA SPALLE AL MURO: COSA FARNE DI SAN SIRO?
Insomma mai come in questo momento il Comune di Milano sembra essere con le spalle al muro. Anche perché per quanti concerti si possano organizzare nel vecchio stadio, è difficile sostituire le oltre 50 partite l’anno che Inter e Milan insieme garantivano. Si è sussurrato inoltre di fare diventare San Siro lo stadio della Nazionale ma per quanto l’ipotesi possa essere suggestiva anche qui non sono poche le obiezioni:
- innanzitutto gli Azzurri non giocano molte partite in una stagione (tema valido anche per chi intende farci giocare la Nazionale di rugby)
- in seconda istanza la Nazionale si è sempre contraddistinta per giocare in giro per la Penisola e non in una città soltanto. E quindi bisognerebbe superare anche un nodo di logica territoriale
- e quand’anche lo si superasse, bisognerebbe spiegare perché la FIGC (affiliata al CONI) dovrebbe scegliere di pagare un affitto al Comune di Milano e non allo stesso CONI che invece possiede l’Olimpico di Roma.
I Verdi milanesi, in giunta con Sala a Palazzo Marino e tra i più strenui oppositori dell’abbattimento dell’attuale Meazza, hanno suggerito all’amministrazione di iniziare a convincere una delle due squadre a restare all’impianto attuale. Il punto è: con quali proposte? Visto che se il Milan da tempo ha manifestato l’interesse a costruirsi il proprio stadio, l’Inter, almeno a parole, non ne vuole sapere di restare, se vincolato, nel vecchio e gloriosissimo impianto di Piazzale Angelo Moratti.
Per onore del vero, va anche notato come forse il sindaco Sala non è nemmeno il maggior responsabile di questo pasticcio. Perché se è vero che durante il suo primo mandato (2016-2021) la sensazione fosse che al primo cittadino non dispiacesse prendere tempo per non dover arrivare a una decisione che sarebbe potuta essere impopolare, nel secondo ha provato a scuotere, invano, i propri alleati in giunta affinché si arrivasse a una decisione prima che l’annuncio della Sovrintendenza potesse increspare le cose ulteriormente.
IL FUTURO DEL MEAZZA TRA TRATTATIVE, ADDIO O RISTRUTTURAZIONE
E ora? Detto tutto questo, sarebbe incauto ipotizzare che la partita sia finita. Un po’ perché è noto come in Italia sia complicato costruire un nuovo stadio, un po’ perché il denaro necessario non è poco e quindi non sono da escludersi nuove sorprese.
È ovvio che per la posizione finanziaria dei due club (di cui si accennava sopra) l’Inter è la maggiore indiziata per una eventuale trattativa col Comune per mantenere almeno una delle due squadre nel territorio di Milano.
Ma nello stesso tempo non sarà semplice per l’amministrazione trovare gli argomenti giusti per convincere i nerazzurri a restare. Certo l’Inter se rimane potrà utilizzare in solitaria il brand San Siro – noto in tutto il mondo -, ma la dirigenza nerazzurra ha già fatto sapere di non essere particolarmente allettata da questo. Si potranno ridefinire i canoni di affitto? L’Inter accetterà di costruire un suo nuovo San Siro accanto all’attuale pur senza lo sviluppo commerciale di cui sopra? Ma poi Sala aprirà a questa possibilità visto che ha sempre negato l’eventualità di due mega impianti in un solo quartiere perché altrimenti si lederebbe la qualità di vita degli abitanti di quella stessa zona. Oppure il Comune potrebbe puntare tatticamente sulle difficolta finanziarie nerazzurre e in qualche modo ottenere il suo scopo?
Sono tutte idee al momento allo stato di ipotesi e tutte non semplici. E Sala, che prima di essere uno tra i sindaci più apprezzati d’Italia è stato un manager di vaglia e un notevole conoscitore degli ambienti economici e finanziari, dovrà rispolverare tutta la sua capacità negoziale se non vorrà inevitabilmente passare alla storia quale il primo cittadino che ha fatto scappare Inter e Milan dal territorio del capoluogo lombardo.