Con la scomparsa di Silvio Berlusconi, e la conseguente attuazione delle ultime volontà dell’ex premier mediante il testamento lasciato agli eredi, anche in Fininvest si apre la stagione della seconda generazione. Un processo, naturale ovviamente, ma che porta la holding di famiglia in un mare che quasi tutti i grandi gruppi imprenditoriali italiani hanno vissuto negli ultimi anni, si pensi all’impero Esselunga o a quello di Luxottica, che si è portata dietro anche gli investimenti finanziari in Mediobanca e Generali.
Come riporta l’edizione odierna di La Repubblica Affar&Finanza, le ultime volontà di Berlusconi hanno ribadito la divisione fra i cinque figli che era già avvenuta, per questioni anagrafiche, già negli scorsi anni. Il controllo di Fininvest è passato interamente a Marina e Pier Silvio, rispettivamente già presidente della holding e di Mondadori e amministratore delegato di Mediaset, che si sono divisi interamente il 61,2% che era in mano al padre. Ovviamente i tre “piccoli” Barbara, Eleonora e Luigi, avuti dal secondo matrimonio, non sono esclusi dagli affari di famiglia, ma ovviamente hanno un ruolo più marginale rispetto a quello dei due fratelli maggiori.
Quindi il testimone del fondatore passa ai suoi due figli maggiori che ora dovranno proseguire nel solco degli ultimi anni, senza avvalersi dei consigli paterni. Tralasciando la questione politica, tanto cara a Berlusconi ma che non dovrebbe essere presa da nessuna dei figli almeno per il momento, la salda giuda di Pier Silvio potrebbe portare presto Mediaset verso nuove frontiere con una voglia di internalizzazione già dimostrata negli ultimi anni. Senza dimenticare, ovviamente, gli assetti dell’editoria in mano a Marina, ma anche possibili combinazioni industriali del colosso italiano del risparmio gestito Banca Mediolanum, il cui 30% rappresenta il gioiello più prezioso nel forziere Fininvest, in termini economici ovviamente.
Per quanto riguarda gli altri tre figli, mentre Barbara ed Eleonora (con quest’ultima che non siede nemmeno nel consiglio Fininvest) non paiono avere particolari interessi imprenditoriali, il giovane Luigi è molto attivo nel settore delle startup, in cui ha investito parte degli averi suoi e anche delle sorelle. Possibile pensare che l’impronta del più giovane degli eredi Berlusconi si senta ad esempio attraverso investimenti diversi da quelli tradizionali. E qui potrebbe risiedere il motivo per cui la famiglia, come già avvenuto ai tempi con il Milan per volontà di Marina e Pier Silvio, potrebbe trovare presto un nuovo proprietario per il Monza. Negli ultimi giorni si sta facendo sempre più insistenti le voci che conducono al colosso Red Bull, mentre sembra passato in secondo piano l’imprenditore greco, proprietario dell’Olympiakos e del Nottingham Forest, Angelis Marinakis. Ma la famiglia ha garantito che il club non sarà lasciato allo sbaraglio in attesa di vendere, anche perché non c’è nessuna fretta, e sarà gestito dalle mani esperte di Adriano Galliani.
Quella intrapresa da Fininvest, per volontà del suo fondatore, è una strada molto diversa da quella che sta percorrendo la creatura di Leonardo Del Vecchio, Luxottica, il cui testamento è stato aperto la scorsa estate. In quel caso Del Vecchio ha deciso una distribuzione della sua eredità tale che ai sei figli all’ultima moglie Nicoletta Zampillo e al figlio avuto da lei in un precedente matrimonio, andassero quote esattamente uguali del 12,5% ciascuno. Inoltre, ha stabilito che in Delfin, la cassaforte di famiglia che controlla sia la quota di maggioranza relativa nel colosso Luxottica, sia le partecipazioni del 20% in Mediobanca e del 10% in Generali, qualsiasi decisione strategica debba essere presa con una maggioranza qualificata appena inferiore al 90%, che richiede di fatto l’unanimità degli otto.
Tra di loro solo due hanno un ruolo diretto in azienda: Leonardo Maria, che di fatto studia da numero due di Francesco Milleri, vero braccio destro di Del Vecchio e oggi guida del gruppo, e Rocco Basilico, figlio appunto dell’ultima moglie, che si occupa delle attività Usa di Luxottica. Una new entry, Matteo, figlio di Claudio Del Vecchio, primogenito di Leonardo, che ha alle spalle un’avventura imprenditoriale negli Stati Uniti, rappresenta poi l’ingresso della terza generazione in azienda.
Anche qui le strade che gli eredi sono chiamati a percorrere sono la continuazione del business familiare e quella parallela della diversificazione. Il core business dell’occhialeria è già consolidato con la fusione tra Essilor e Luxottica che ha dato vita a Essilux, la governance è stata sistemata dallo stesso Leonardo Del Vecchio. I risultati del 2022, anno della scomparsa del fondatore, sono i migliori della storia.
La diversificazione, oltre all’immobiliare, si chiama finanza e guarda in particolare alla galassia Mediobanca-Generali, e qui si gioca la partita più tesa. Innanzitutto in Mediobanca, dove Delfin ha il 20% e nessun consigliere. Adesso si rimedierà con una trattativa che dovrebbe portare a una lista per il prossimo consiglio di amministrazione sempre presentata dal CdA, ma con il gradimento anche dei Del Vecchio, che esprimerebbero alcuni consiglieri, tra cui il presidente designato. Le trattative sono in corso e il primo nome è già stato bruciato o quasi, ed è quello di Vittorio Grilli.
Si cercherà un’altra intesa, mentre la pressione su Mediobanca aumenta anche sul fronte Generali, dopo la notizia che l’Ivass ha autorizzato i Del Vecchio a salire oltre il 10% e fino al 20% della compagnia. Al momento Delfin non sembra orientata a farlo, come confermato dalla stessa holding, ma niente gli impedirebbe di procedere in un prossimo futuro.
La posta in gioco per la famiglia Del Vecchio è alta e servirà una totale unione di intenti, anche con Milleri stesso, che ha ricevuto 300 milioni in azioni Luxottica nel testamento di Del Vecchio, però accettato con riserva da quattro eredi su otto. Uno dei quattro, il figlio Luca, ha appena pubblicato la lista dei creditori dei beni testamentari, rendendo noto che respinge la richiesta di Milleri che siano proprio gli eredi a pagare circa 50 milioni di tasse sul lascito che è stato fatto al manager.