«La Melandri ha distrutto prima il cinema e poi il calcio. È la più grossa stronzata del mondo, perché nessuno ha mai avuto il coraggio di dire come si è permessa la Melandri di diminuire la produttività del calcio e limitare le nostre possibilità di gestione dell’impresa. Non ci deve essere nessuna legge che mi limita, è anticostituzionale». Con queste parole il patron del Napoli Aurelio De Laurentiis è intervenuto a Radio 24, a proposito del prossimo bando dei diritti tv della Serie A.
Il presidente dei partenopei si sfoga: «Purtroppo la concezione di un calcio è superata, qui in Europa come in sud America, gli Stati Uniti invece sono invece un passo avanti. Mi danno spesso del visionario, ma mi fanno ridere, perché vedo che molti continuano ad arrovellarsi in una condizione schiava del passato fatta di Federcalcio, UEFA, FIFA».
E ancora: «Siamo sempre schiavi del vecchio perché si conosce ed è facile da cavalcare, il futuro è incerto è difficile e se fai solo il “prenditore” e non l’imprenditore preferisci restare nel passato. Noi siamo tutti responsabili dell’allontanamento dei giovani dal calcio. Il calcio non si è mai rinnovato. Negli anni le cose stanno cambiando, ma non c’è mai un’accelerazione completa. Se i signori dell’NBA fanno milioni di incassi un motivo ci sarà. Noi stiamo ancora alla Champions, alla Europa League e alla Conference, ma a chi interessa spendere dei soldi per portare la propria squadra a giocare la Conference?».
«Il problema è che non si punta mai sull’economia del calcio. Ci sta benissimo il merito e lo spirito della sportività, però poi dopo bisogna conciliarli con le esigenze di un mercato. Se non ci sono i proventi da investire significa che questo calcio non funziona e chi lo comanda non ha interesse», ha aggiunto ancora De Laurentiis.
Il riferimento ovvio è alla Superlega: «Dissi ad Agnelli che non andava bene perché lui la voleva fare per un’elite. Io dico che è sbagliato concedere alla UEFA di incassare milioni che non si sa cosa ne deve fare. Allora mettiamo i soldi sul tavolo e facciamo un torneo in cui le prime sei di un campionato importante e la prima di uno minore giocano contro tutti, partite secche».
«Allora diventa un campionato che si può giocare tutti i giorni e porta soldi. Nell’86 eravamo 16 squadre in Serie A, oggi siamo 20. Qualcuno dei miei colleghi pensa che se diminuissimo il numero delle squadre prenderemmo meno soldi, ma è una stronzata perché alcune partite non interessano a nessuno. Se guardiamo in Inghilterra alcune partite non vengono neanche trasmesse. Noi dovremmo vendere autonomamente le partite alle piattaforme come distributori», ha concluso.