Tavecchio candidato CRL – Carlo Tavecchio potrebbe essere di nuovo a tutti gli effetti un dirigente del calcio italiano, come presidente del Comitato regionale della Lombardia.
L’ex numero 1 della Federcalcio, in carica dal 2014 al 2017, si è dimesso 3 anni fa dopo la sconfitta con la Svezia che escluse l’Italia dai Mondiali di Russia. Ora potrebbe tornare nel mondo del calcio, ripartendo da dove è iniziata la sua scalata alla presidenza della FIGC. Di questo e di alti temi ha parlato Tavecchio nell’intervista rilasciata a Repubblica.
Per quanto riguarda la sua candidatura, l’ex presidente della Federcalcio ha detto: «Avevo abbandonato l’idea di potermi occupare di calcio, fatto salvo per la mia squadretta, che ho dal 1974 e che quest’anno è in Eccellenza (la Pontelambrese, ndr).
Ma vari consiglieri regionali mi hanno pregato di riprendere in mano la situazione, visti i problemi personali dell’attuale presidente. Ma soprattutto perché la Lombardia è ormai considerata quasi come un comitato provinciale, non come la regione più importante d’Italia, con 170 mila tesserati, 1500 società, che versano una barca di soldi alla Lega Dilettanti».
«Mi sono ricandidato per amore. Ma un minuto dopo la mia decisione si sono aperte le cateratte: non pensavo che Tavecchio potesse fare ancora paura».
Sul suo operato come presidente della LND prime e federale poi: «Io ho lasciato la Lega Dilettanti che aveva liquidità, con investimenti immobiliari che hanno superato i 100 milioni di valore e con interventi sul territorio per i centri di formazione federale. E in Federcalcio ho lasciato una grossissima liquidità, con l’introduzione del Var e della Goal Line Technology, con quattro società che giocano la Champions mentre prima erano solo due più una ai preliminari. E questo è frutto della mia scelta di appoggiare Ceferin all’Uefa e Infantino alla Fifa, per cui avevo contro sia il governo che il Coni. Abbiamo avuto la possibilità di eleggere due dirigenti, Evelina Christillin alla Fifa e Michele Uva vicepresidente Uefa. E abbiamo ottenuto di ospitare le partite di Euro 2020: dati di fatto. Credo che negli ultimi anni non ci sia stato un grosso riconoscimento internazionale come a quel tempo».
Senza però poter dimenticare quel 13 novembre del 2017: la sfida con la Svezia e l’Italia fuori dai Mondiali e le successive dimissioni: «La mia sfortuna è stata la mia filosofia brianzola: se avessi tenuto Conte, pagando di più, penso che avrei ottenuto tante cose. Ma non era nel mio stile passare da una cifra consistente a un’altra. E quindi non potevo pensare di mantenere questo tipo di rapporto, anche se avevo ottenuto un grosso importo dalla Puma per provare a tenere Conte».
E dopo Conte la scelta ricadde su Ventura: «Prima di Ventura chiamai Capello, era lui la mia prima scelta. Ma con gentilezza e stile mi fece capire che non faceva per lui. La seconda scelta fu Donadoni, la terza il duo Ventura-Lippi, ma quando furono sollevati dubbi di compatibilità per il figlio procuratore, Lippi rinunciò. Tutto questo percorso però fu fatto con il placet del presidente del Coni Malagò. Poi, quando la barca non va bene scendono tutti».
«Il giorno dopo l’eliminazione con la Svezia erano lì tutti come corvi per commissariare la Federcalcio. Ma non mi sarei mai dimesso se la Lega Dilettanti mi avesse sostenuto. Invece mi chiese di allargare le alleanze. Ma che voleva dire? Chiesi ai membri del Club Italia di dimettersi, loro ritennero corretto non farlo e allora mi dimisi io, trascinando tutti con me. Ma io mi sono dimesso e ho convocato l’Assemblea elettiva: sono quelli dopo di me che non sono stati capaci di trovare una governance facendo commissariare la Federazione. Io l’avevo lasciata non commissariata».
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Sulle prossime elezioni federali: «Credo proprio che questa volta la Lega Dilettanti non sarà l’ago della bilancia. Eravamo abituati a essere determinanti, ma da quello che leggo i giochi sono fatti. E la Lega Dilettanti ha ottenuto il risultato di essere all’angolo».
Sulla tutela del movimento dilettantistico da parte del sistema calcio: «Dal punto di vista della difesa della salute è stato fatto anche di più di quello che si doveva fare. Non è stato fatto niente invece per evitare che la riforma dello sport di Spadafora annientasse i settori giovanili. Come farà una squadra dilettantistica che ha 200 ragazzi se le togli il vincolo sportivo, ossia l’unica possibilità che ha di ottenere delle risorse? Chi sosterrà tutte le spese saranno i genitori. Così hanno trasferito l’onere dei vivai sulle famiglie, che oggi non hanno i soldi nemmeno per andare a pranzo fuori. E quando ci si è accorti di questa situazione, dopo che il governo nottetempo ha fatto il decreto che però era giacente alla Camera e al Senato fin dal 2019, i buoi erano già fuori dalla stalla».
Chiosa finale sull’ingresso dei fondi nella media company della Serie A: «I fondi stanno facendo la spesa nel sistema Italia, non solo nel calcio italiano. Ma i fondi hanno un solo interesse: realizzare profitto. La Serie A deve cambiare il proprio sistema, visto che il Covid ha livellato gli interessi di tutti, dai Dilettanti ai big. Non si può tenere il costo personale al 90% dei ricavi».