Da San Siro al Santiago Bernabéu, passando per il Camp Nou e Anfield. Sono diversi gli stadi mito del calcio mondiale che a breve (se già non lo sono) saranno sottoposti a importanti opere di restyling per renderli adeguati ai tempi moderni, conservando però il fascino legato alla storia dell’impianto: un plus non solo per i rispettivi club e i loro tifosi ma anche per gli appassionati di tutto il mondo.
Una tendenza, quella di ammodernare le grandi cattedrali del calcio, che sta prendendo piedi in Europa per diverse ragioni: dalle titubanze di alcuni club (leggasi Milan) a procedere con decisione nella costruzione di un nuovo impianto, alla volontà dei soci (come nel caso del Barcellona) di non abbandonare il vecchio stadio, preferendo la ristrutturazione del vecchio, a decisione amministrative che rendono irrealizzabile la costruzione di un nuovo impianto (Real Madrid).
Nel progetto di Anfield, concepito dallo studio Kss di Londra che con le stesse modalità sta ampliando Craven Cottage del Fulham, il primo elemento che colpisce è la volontà (e la possibilità) di pensare a un piano di sviluppo «lungo venticinque anni»: se tra cinque anni i Reds avranno bisogno di altri diecimila posti da ricavare nella tribuna di fronte a quella principale, il master plan resta aperto. Questo è possibile perché lo stadio è grande, ma ha ancora margini di crescita.
Ma Anfield è un caso unico, anche per il contesto urbano attorno allo stadio, una delle zone più degradate della città. Alcune case, disabitate, sono già state demolite proprio per fare spazio alla nuova tribuna. E tutta l’area, con la creazione di una nuova piazza e di un nuovo quartiere residenziale, viene profondamente riqualificata. Questo è il frutto di un confronto lungo una quindicina di anni, in cui sono state valutate altre ipotesi, come la costruzione di uno stadio nuovo nei pressi dell’adiacente Stanley Park o di un altro più lontano. Ma la scritta che campeggia ovunque nello stadio del Liverpool Football club dice tutto: «This is Anfield». E da qui non si scappa.
«L’importanza storica dello stadio con la mitica curva della Kop, il memoriale per le 96 vittime di Sheffield, il cancello con la scritta «You’ll never walk alone», hanno avuto un ruolo chiave nella decisione di non costruire una nuova struttura, ma intervenire su quella esistente», ha spiegato David Keirle, chairman di Kss.
Nessuno come gli inglesi sa coniugare la tradizione con gli affari, la passione con le sterline. Una parte dei 9 mila posti che si aggiungono ad Anfield saranno extralusso: ci sarà spazio anche per le cucine dei ristoranti che accoglieranno i clienti (più che i tifosi) e gli sponsor. La lista d’attesa per ottenere le sistemazioni migliori è già praticamente al completo. E questa destinazione d’uso extralusso giustifica anche i costi molto alti: «Non camminerai mai solo» quindi e sarai coccolato come in hotel. Sotto lo stesso tetto vanno a convivere la storica anima della working class dei tifosi Reds (al punto che la tribuna esternamente si presenterà con i mattoni tipici di Liverpool) e quella più algida, ma altrettanto necessaria di chi vuole investire sullo spettacolo del calcio inglese.
I problemi che a Liverpool sembrano risolti in altre capitali del calcio europeo non lo sono. Lo sa bene il californiano Dan Meis, un archistar degli stadi americani a cui è affidato il nuovo impianto della Roma: «Il fattore chiave nel rinnovamento di un impianto mitico è quello di generare guadagni significativi. Un nuovo impianto deve avere suite di lusso, aree dedicate agli sponsor, ristoranti. Ma si valuta caso per caso. Se è difficile lasciare uno stadio con decine di anni di storia e di memorie dei tifosi, a volte le strutture esistenti sono così compromesse che i costi di un intervento sarebbero uguali o addirittura maggiori rispetto alla costruzione di un nuovo stadio. A Roma l’Olimpico ha una grande storia ma a causa della pista d’atletica andrebbe rifatto l’intero catino per renderlo ottimale per il calcio. In molti casi in Europa gli impianti storici sono anche cittadini e bloccati dal tessuto urbano. E questo rende difficoltoso ammodernarli o ingrandirli».
A Milano, la retromarcia del Milan sullo stadio al Portello è destinata a rallentare il progetto avanzato dall’Inter di togliere il terzo anello di San Siro, che potrebbe essere adibito ad area commerciale: una situazione complicata. «Vero — dice Meis —. Non solo per la condivisione dei due club, che crea disaccordi sulle questioni chiave. Ma anche per il fatto che la struttura è concepita più per un pretenzioso esercizio di stile architettonico che per il godimento della partita. Ma dal momento che una nuova costruzione in Italia rappresenta già di per sé una sfida, prima di abbandonare San Siro studierei le potenzialità di un sensibile rinnovamento, sostenibile dal punto di vista economico».
A Madrid ci ha pensato a febbraio il tribunale a bocciare il progetto del Real, caratterizzato dalla megalomania del primo club al mondo per fatturato (550 milioni di euro). Il pacchetto presentato per rendere lo stadio dei Galacticos una specie di astronave (da 400 milioni di euro) comprende anche hotel e negozi per 12.500 metri quadrati. E avrebbe un forte impatto sull’area urbana dove sorge l’impianto. Tutto questo violerebbe la legge regionale sullo sfruttamento del suolo. Il Madrid ha fatto ricorso: se lo vincerà, nell’estate 2016 partiranno i lavori. E il tempio più prestigioso d’Europa cambierà volto.