River Plate in finale di Libertadores: il ritorno sul mercato del brand dei Millonarios

River finale libertadores – Per un club dalla storia centenaria, la prima retrocessione in seconda divisione è un fatto tragico dal punto di vista sportivo, ma non solo. Perché spesso…

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River finale libertadores – Per un club dalla storia centenaria, la prima retrocessione in seconda divisione è un fatto tragico dal punto di vista sportivo, ma non solo. Perché spesso tale risultato è specchio di una cattiva gestione economica, che diventa tragedia finanziaria.

Il 26 giugno 2011, il River Plate sprofondò in Primera B Nacional dopo il doppio scontro contro il Belgrano. Era la fine di un’epoca. Era la fine della rivalità in Primera Division tra il River Plate e il Boca Juniors, con i secondi che potevano guardare i primi dall’alto in basso. Finiva retrocesso il club dove avevano giocato Di Stefano, Sivori, Moreno. Finiva retrocesso il club nominato nono al mondo del 20° secolo secondo i lettori del Fifa World Magazine, il club vincitore di due Libertadores, una Intercontinetale e più di 30 titoli nazionali. Il Monumental, stadio della zona di Núñez, parte agiata della capitale, non avrebbe più contato sulla rivalità contro la Bombonera e la parte meno nobile di Buenos Aires.

Retrocessione sportiva ed economica

Altro che Millonarios, come li avevano sempre chiamati. I conti del River erano in rosso. Il club si ritrovò a gestire un debito complessivo di 180 milioni di pesos argentini, pari a circa 65 milioni di dollari. Un dissesto dovuto alla cattiva gestione di rosa e risorse. Dopo l’ultimo titolo nazionale, vinto nel 2008, il management del River ha cercato in tutti i modi di riottenere vittorie, ma senza programmazione e con molta fretta. A pagare furono tutti: due presidenti, sei allenatori e 64 giocatori transitati in maglia biancorossa. I debiti aumentarono, a causa di un apolitica fatta di vendita prematura di molti giovani e l’innesto in rosa di veterani stipendiati più del dovuto.

Il tutto ha avuto riflessi ovvi sul campo. Nella vecchia formula del campionato, per la retrocessione si consideravano i risultati degli ultimi tre anni. L’ultima speranza era lo spareggio con il Belgrano, finito male. Con la discesa in B, il club si ritrovò con minori introiti dalle tv: da quasi 7 milioni di dollari, si scese a 855mila dollari. E poi c’erano i 20 milioni di dollari pagati da Adidas in anticipo per il contratto fino al 2014, usati per ripianare parte dei debiti lasciati dalla gestione del presidente José María Aguilar, che nel dicembre 2009 aveva lasciato la poltrona all’ex stella del calcio argentino Daniel Passarella, sotto il quale il debito non era affatto diminuito.

Il club si ritrovò così a dover vendere. Nella sessione di mercato seguita alla retrocessione, dal River partirono Erik Lamela (Roma, 17 milioni di euro), Diego Buonanotte (Malaga, 4,5 milioni) e Roberto Pereyra (Udinese, 2 milioni). Per non parlare degli sponsor, a rischio fuga, da Adidas a Petrobras. A salvare il club ci hanno pensato alcune vecchie glorie come David Trezeguet e Fernando Cavenaghi, rientrati al Monumental per riportare la squadra in alto.

Il rientro nella massima divisione e l’eredità di Passarella

Il club nel 2012 è subito tornato nella massima divisione. Un risultato che ha portato al rinnovo con Adidas fino al 2018 e all’arrivo di un nuovo jersey sponsor come il colosso bancario BBVA, che compare anche sulle maglie degli acerrimi nemici del Boca. Ma i problemi economici non sono finiti, tanto che nel mercato successivo il club fa acquisti per soli 3,98 milioni di euro (compreso il prestito oneroso di Iturbe dal Porto), mentre registra cessioni per poco meno di 14 milioni: a pesare è la vendita di Ocampos al Monaco per 13 milioni.

Il motivo di tali operazioni è presto detto. Nel dicembre 2013, dopo aver lasciato la presidenza del River Plate, Passarella finisce sotto inchiesta: avrebbe finanziato la campagna elettorale con il denaro del club e pilotato oltre 1.300 biglietti per un Superclasico contro il Boca Juniors, con tagliandi duplicati e abbonamenti rivenduti nel circuito illegale dei Barrabravas. “Il passivo del club al 31 Agosto 2013 è stato 383.849.564 di dollari, con la maggiore emissione di assegni in sei mesi dell’80%, vale a dire per un totale di 140 milioni”, conferma il tesoriere del club.

Il ritorno di un brand

Sembra l’inizio di un nuovo periodo oscuro. Invece nonostante il club a inizio 2014 sia il secondo per debiti in Argentina, tornano i trofei in bacheca. Perchè il club può contare su una sub-20 di tutto rispetto: da qui arrivano giovani come Balanta e Kranevitter nel 2013, mentre lo scorso anno arriva l’affare Lanzini, ceduto al club arabo in odore di collaborazione con i fondi d’investimento dell’Al Jazira per 7,5 milioni di euro.

 

Nel 2014, il River torna sul tetto d’Argentina, vincendo il torneo Final, titolo seguito dalla prima Copa Sudamericana e dalla Recopa contro i vincitori della Libertadores. Una recopa che potrebbe essere rigiocata il prossimo anno, visto che il River dopo 19 anni è appena tornato in finale della Champions sudamericana, dove affronterà i messicani del Tigres. Una serie di vittorie che ha fatto rinascere l’amore con gli sponsor, in particolare l’Adidas, che ha deciso di sfruttare il nuovo ciclo di vittorie con una precisa strategia. L’obiettivo della casa tedesca, partner del club fin dal 1982, è quello di monetizzare il più possibile sfruttando il brand del River, per poi eventualmente concentrarsi solo sul mercato europeo (visti i contratti con Manchester United e Bayern soprattutto).

Mentre il club ha aperto Tiendariver, il sito di shopping online dei prodotti ufficiali, Adidas ha deciso di aumentare la distribuzione delle maglie da gioco in molti Paesi del Sudamerica: Cile, Colombia, Messico, Uruguay, Perù, Brasile le nuove realtà raggiunte. Ogni evento è stato poi accompagnato da campagne digital studiate ad hoc per l’occasione. Lo scorso maggio, il compleanno 114 del club è stato celebrato con l’hashtag #Felices114RiverPlate, mentre la vittoria dell’ultimo campionato ha visto lo slogan #RiverVuelveaSerRiver, con merchandising relativo. E in caso di mancato rinnovo con Adidas, ci sarebbe già pronta la Under Armour, che ha superato nelle vendite i tedeschi negli Usa e farebbe volentieri a gara contro la Nike del Boca in Argentina, per espandersi nel mercato sudamericano.