Il caos nei calendari scivolerebbe nel grottesco in caso di spareggio. Serie A a 18 squadre necessaria quanto prima

La decisione di reintrodurre lo spareggio per assegnare lo scudetto si scontra con un calendario sempre più intasato: ripensare al format del campionato è ancora di più una necessità.

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Football AFFAIRS
(Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

Il caos nei calendari di Serie A susseguente alla scomparsa di Papa Francesco (di cui oggi si celebrano i funerali) ha messo in evidenza in modo plastico e incontrovertibile non solo il numero esagerato di partite da giocare ma anche una mancanza di buona gestione da parte degli organi competenti. E questo anche al netto della tragica morte del Pontefice.

Se anche il Papa non fosse deceduto (per altro ci si potrebbe anche domandare come si farebbe ad aggiustare la situazione se dovesse mancare anche una altissima carica dello Stato italiano), c’è un vulnus nella programmazione della Serie A che è indipendente dalla scomparsa di Jorge Mario Bergoglio.

La Lega Serie A, con una decisione presa dai 20 presidenti delle squadre all’inizio della stagione 2022/23 (quindi ben prima dell’inizio della presidenza di Ezio Simonelli), ha scelto di reintrodurre lo spareggio per decidere il sodalizio campione d’Italia nel caso due squadre si trovino a pari punti al termine del campionato, abbandonando quindi i criteri dei maggiori punti negli scontri diretti o della differenza reti. Nel regolamento attuale questi criteri servono solo per determinare chi giocherà l’eventuale spareggio in casa, anche se poi nel caso andranno sentite le autorità di pubblica sicurezza competenti.

La scelta, quantomeno discutibile visto che da anni ci si lamenta dell’elevato numero di partite, era stata avallata dai 20 presidenti della Serie A di allora dopo che nella stagione precedente, quella 2021/22, Milan e Inter avevano lottato sino all’ultima giornata per il titolo nazionale e non si riteneva giusto che dopo una stagione intera una squadra potesse prevalere sull’altra in virtù magari di una goleada contro un sodalizio minore.

Per la cronaca i rossoneri vinsero quel campionato in virtù del tradizionale numero maggiore di punti (due in più dei nerazzurri) e peraltro avevano dalla loro anche il vantaggio negli scontri diretti visto che avevano pareggiato il derby di andata per 1-1 e vinto 2-1 nella sfida di ritorno.

Il punto però è che ora con il duello in corso in campionato tra Inter e Napoli mai come quest’anno l’ipotesi di un arrivo a pari punti potrebbe palesarsi. Ed è quindi lecito domandarsi quando potrebbe essere fissato l’eventuale spareggio. Siccome il campionato termina nel fine settimana tra il 24 e il 25 maggio, è evidente che sino ad allora non si potrà sapere se le due squadre arriveranno o no appaiate in classifica. Quindi l’eventuale spareggio deve necessariamente essere messo in calendario oltre quella data.

Nel contempo però a inizio giugno, e per la precisione venerdì 6 e mercoledì 9, la Nazionale italiana sarà impegnata contro Norvegia e Moldavia per le qualificazioni ai Mondiali 2026. Pertanto, l’unico weekend disponibile sarebbe quello tra 31 maggio e 1 giugno (o al limite lunedì 2 giugno che è festa nazionale).

Il problema è che proprio sabato 31 maggio è in programma a Monaco di Baviera la finale di Champions League con l’Inter che potrebbe essere tra le contendenti visto che il 30 aprile e il 6 maggio gioca contro il Barcellona le semifinali della massima competizione europea.

LE IPOTESI SULLA DATA PER LO SPAREGGIO SCUDETTO

E quindi? Se i nerazzurri dovessero giungere alla finale della massima competizione europea, quale potrebbe essere la soluzione in campionato? La risposta è che in pratica non esisterebbe data possibile senza danneggiare palesemente una squadra piuttosto che l’altra.

In teoria il compito della Lega Serie A sarebbe quello di prevedere per l’Inter l’ultimo impegno in campo nazionale nel weekend del 24-25 maggio, in modo che la squadra che rappresenta l’Italia possa giungere a Monaco a parità di condizioni di Arsenal (che sarà impegnato quel fine settimana nell’ultimo turno di Premier League) o di Paris Saint Germain, che disputerà sabato 24 la finale di Coppa di Francia.

Però c’è l’incognita spareggio. E quindi potrebbe essere necessario pensare a delle soluzioni che sono giocoforza all’italiana, per non dire raffazzonate.

L’idea che salverebbe la parità di trattamento con Arsenal o Paris Saint Germain sarebbe quello di giocare lo spareggio nel weekend 24-25 maggio anticipando a metà settimana le partite dell’ultimo turno di Inter (contro il Como) e Napoli (contro il Cagliari). Ma al di là che sarebbe necessario il via libera di tutte queste squadre, soprattutto bisognerà vedere se i sardi saranno già salvi matematicamente alla penultima di campionato, altrimenti il numero delle partite da spostare sarebbe maggiore per garantire la contemporaneità alle formazioni in lotta per non retrocedere. Il problema non sembra sussistere, vista la posizione di classifica, per il Como dato che è già virtualmente salvo, anche se manca la matematica certezza.

Un’ipotesi meno estrema cui si starebbe pensando sarebbe quella di disputare l’eventuale spareggio martedì 27 maggio, anticipando gli incontri dell’ultimo turno di Serie A di Napoli e Inter probabilmente a venerdì 23. Questo sempre a patto che il Cagliari, avversario degli azzurri nell’ultimo turno, sia già fuori da ogni discorso per la salvezza. Altrimenti anche qui, come sopra, il numero delle partite da spostare sarebbe maggiore per garantire la contemporaneità alle formazioni in lotta per non retrocedere.

È evidente però che tale soluzione costringerebbe i nerazzurri a giocarsi il titolo nazionale in una partita unica (quindi tutto il dispendio fisico e nervoso del caso) nella stessa settimana di una partita ancora più importante (appunto la finale di Champions League). E quindi giungere all’appuntamento più prestigioso della stagione europea con molto minor risposo e con molte meno energie nervose rispetto all’avversaria, che sia essa il Paris Saint-Germain o l’Arsenal.

È palese che questo sarebbe un clamoroso autogol e un abominio per la Lega Serie A che a parole ha sempre affermato di voler tutelare nel modo più assoluto le proprie squadre nel panorama europeo.

LE ALTERNATIVE E GLI INCASTRI

In alternativa quali sarebbero le altre opzioni? Anche qui non c’è molta scelta senza voler danneggiare qualcuno:

  • la prima ipotesi potrebbe prevedere lo spareggio pochi giorni dopo la finale di Champions League. Anche in questo caso però l’Inter sarebbe palesemente danneggiata avendo sul groppone la fatica enorme, nervosa e fisica, della eventuale finale europea. Senza contare le giustificate lamentele del commissario tecnico della Nazionale Luciano Spalletti che avrebbe a disposizione i giocatori di Inter e Napoli solo pochissimi giorni prima di quello che appare come il match più importante del girone di qualificazione, quello contro la Norvegia a Oslo.
  • Oppure, al limite, si potrebbe giocare lo spareggio dopo le partite della Nazionale, ovvero dopo il 9 giugno. In questo caso la finestra di tempo non sarebbe ampia visto che il 18 giugno i nerazzurri saranno impegnati negli Stati Uniti per la prima partita del Mondiale per Club contro il Monterrey e dovranno anche partire per tempo. Inoltre, non è meno importante notare che in questo caso si giocherebbe a quasi a un mese di distanza dall’ultima giornata di campionato. E questo solleverebbe non poche perplessità da un punto di vista dello spirito sportivo, soprattutto da parte napoletana visto che i giocatori di Aurelio De Laurentiis, nazionali a parte, si troverebbero nella non semplice situazione di dover riattaccare la spina dopo oltre 20 giorni di inattività.

Insomma, in qualsiasi modo la si voglia vedere, la decisione della Lega Serie A, e quindi in ultima istanza dei presidenti dei 20 club della nostra maggiore categoria, di introdurre lo spareggio per decretare la squadra Campione d’Italia invece di utilizzare alcuni criteri emersi dal campionato (risultati negli scontri diretti e in caso di parità la differenza reti) non sembra essere stata un’idea brillantissima. Soprattutto in presenza di calendari internazionali sempre più intasati. Con l’aggravante che questo era ampiamente noto.

E d’altronde un motivo ci sarà se nessuno degli altri grandi quattro campionati europei (Francia, Inghilterra, Spagna e Germania) prevede lo spareggio per decidere il campione nazionale.

Si può obiettare:

  • innanzitutto, è tutto da vedere se Inter e Napoli termineranno a pari punti in campionato visto che mancano ancora cinque partite. E poi è anche da vedere se i nerazzurri andranno in finale di Champions League. Ed è vero.
  • In seconda istanza va notato che se dovesse succedere quanto ipotizzato anche la “sfortuna” ci avrebbe messo del suo visto che sono 61 anni che due squadre non terminano la Serie A a pari punti e che il precedente tra Bologna e Inter del 1964 è l’unico caso. Ed è vero anche questo.

Però come spiegano sempre i grandi capitani d’industria, su tutti uno ben noto a chi scrive quale il compianto Sergio Marchionne, i bravi manager sono quelli che tengono conto di tutte le possibili variabili che possono emergere e su questo tema specifico di buona managerialità non ce n’è stata per nulla.

IL VERO NODO: IL CAMPIONATO A 20 SQUADRE

Ampliando l’orizzonte è evidente che questo ingorgo di date non esisterebbe se la Serie A, come propugnano soprattutto i grandi club impegnati in Europa, non fosse a 20 squadre come è adesso, ma tornasse a 18.

In questo caso il campionato si accorcerebbe di quattro turni, passando a 34 dai 38 attuali, e quindi liberando quattro weekend che potrebbero tornare utilissimi con una programmazione ben ideata:

  • In prima istanza perché assicurerebbero un cuscinetto di tempo necessario per attutire eventuali imprevisti. Si ribadisce: cosa succederebbe nella situazione attuale se dovesse avvenire qualcosa a una alta carica dello Stato italiano?
  • inoltre, i quattro weekend liberati potrebbero essere utilizzati per valorizzare meglio le semifinali e la finale di Coppa Italia con fine settimana ad hoc. Oppure per gestire meglio la Supercoppa Italiana, senza per esempio costringere la gente ad assistere ai recuperi nelle serate di metà gennaio a temperature polari
  • in terzo luogo, si ridurrebbero le posizioni “neutre”, visto che lo spazio tra la zona Europa e quella retrocessione nella graduatoria si limiterebbe. Per esempio, quali saranno gli obiettivi veri di squadre quali Genoa, Torino e Udinese in queste ultime cinque gare di campionato, se non la differenza (ridotta) nei ricavi dei diritti tv?

È palese che sul tema, quando l’argomento è stato discusso in seno alla Lega Serie A, si è sempre assistito a una divisione su due fronti: da un lato le squadre di punta quelle che tendenzialmente sono impegnate nelle coppe europee e che spingono per la diminuzione a 18, dall’altro le medio-piccole, più numerose, che sono decise a mantenere il formato attuale a 20 formazioni. Non a caso nel 2024 quando si votò per una possibile riduzione del numero di squadre soltanto quattro club votarono in favore dell’abbassamento, ovverosia Inter, Juventus, Milan e Roma, mentre le altre 16 (tra cui anche la Lazio e il Napoli) si espressero per rimanere a 20.

È evidente che per le squadre impegnate tradizionalmente in Europa un minor numero di partite da disputare, oltre a disingolfare il calendario, potrebbe fare calare il pericolo infortuni visto che poi sono solitamente questi stessi club a fornire giocatori alle nazionali. E quindi in qualche caso vi potrebbe essere la possibilità di ridurre la necessità delle rose ipertrofiche che devono avere a disposizione ora e che sono la maggior voce al passivo dei club.

Non solo, un altro elemento concerne la qualità delle partite. Qualora venissero depennate due squadre di piccolo calibro, vi sarebbero più o meno 40 giocatori in meno nella massima categoria, tutti abbastanza mediocri. Vi sarebbe quindi una selezione maggiore e i migliori giocatore delle squadre “andate perse” si andrebbero presto ad accasare in squadre della massima serie. Nei fatti ci sarebbe quindi un salto di qualità medio del tasso tecnico.

Le società medio-piccole sono invece contrarie visto che rischierebbero di perdere due posti in Serie A con i benefici economici che derivano dal restare nella massima serie soprattutto in materia di diritti televisivi e incassi. Sulla stessa linea ci sono anche i club maggiori di Serie B (che però non hanno potere di voto) in quanto sono le più probabili nuove ascendenti nel campionato maggiore.

In particolare, questa seconda fazione sottolinea come sia la Premier League e sia la Liga, ovvero i due campionati più importanti nel mondo, mantengano un formato a 20 squadre (la Francia invece nel 2023 è passata a 18 squadre e la Germania è a 18 da praticamente sempre). Soprattutto questa parte di Serie A fa notare che una riduzione del numero di squadre potrebbe influire negativamente sul valore dei diritti tv domestici, visto che i broadcaster avrebbero a disposizione una partita in meno ogni weekend e quattro turni in meno di campionato, per un totale di 306 match rispetto agli attuali 380.

Ed è evidente che il punto sul possibile impatto sugli incassi da diritti televisivi non è di second’ordine. Non tanto per il match in meno per ogni turno, visto che i dati di ascolti di partite che coinvolgono due squadre minori sono sempre deludenti, quanto perché i broadcaster avrebbero quattro weekend in meno nei quali trasmettere le partite. E tutto questo in un momento nel quale i prezzi pagati dalle emittenti alle leghe sono in una fase discendente in tutta Europa: negli ultimi anni la Serie A ha ottenuto soltanto 900 milioni invece degli 1,2 miliardi posti come obiettivo per le annate dal 2024/25 al 2028/29, la Ligue 1 ha avuto problemi enormi e persino la Premier League per avere un aumento ha dovuto aumentare il numero di partite da trasmettere in diretta. Va però detto che, per quanto riguarda l’Italia, i contratti con DAZN e Sky sono ormai blindati sino al 2029 e che la torta, quindi, verrebbe divisa su un minor numero di squadre.

In linea teorica, inoltre, vi potrebbe esser un possibile impatto sui prezzi di biglietti e abbonamenti visto che i club potrebbero alzarli per sopperire a due partite in meno in casa o alternativamente, potrebbe essere il club a risentirne. In più vi potrebbe essere a un possibile impatto a livello commerciale, per questione di visibilità degli sponsor in un minor numero di partite. Quindi in conclusione è evidente che non sarebbero pochi gli aspetti negativi che ricadrebbero sulle squadre non impegnate in Europa (le altre avrebbero le coppe per compensare).

Però è altrettanto evidente che la coperta, soprattutto sui calendari, è ormai troppo corta. Visto anche che, per citare i due campionati maggiori a 20 squadre (Inghilterra e Spagna), in Italia si ha una certa puzza sotto il naso a cominciare la stagione a inizio agosto come avviene Oltremanica e che anche in Spagna le polemiche sui calendari mai come quest’anno sono all’ordine del giorno (basti notare le recenti polemiche sul tema di Carlo Ancelotti e Hansi Flick).

E quindi tenendo presente che, in virtù anche dei premi garantiti dalla UEFA, sono i grandi club impegnati in Europa che poi investono sul mercato sostenendo così anche le società minori (che necessariamente fanno del player trading la loro qualità migliore), una decisione sulla riduzione del numero di squadre in Serie A è quanto prima necessaria.