Prima della partita fra Manchester City e Inter, il campione d’Europa in carica con la Spagna e candidato alla vittoria del Pallone d’Oro, Rodri, ha per la prima volta ventilato l’ipotesi di uno sciopero dei calciatori per protestare contro l’intasamento dei calendari e delle troppe partite decise, a partire da questa stagione, da UEFA e FIFA. Inoltre, le due organizzazioni sono accusate di non aver portato avanti un dialogo con i calciatori prima di procedere con le nuove competizioni.
«Mi auguro che la situazione si possa risolvere in modo diverso non dovendo ricorrere ad uno sciopero, ma è necessario trovare un punto di incontro», ha commentato il presidente dell’Assocalciatori (AIC), Umberto Calcagno, sulle prese di posizione di Rodri prima e Koundé poi riguardo i calendari sempre più intensi. Ma questo pensiero è condiviso da molti altri calciatori importanti come Mbappé, Bellingham, Carvajal, Allison e van Dijk, che hanno anche parlato di uno sciopero.
«Quella lanciata più che una minaccia è un grido di allarme – ha proseguito Calcagno – che parte dai calciatori e dal numero degli infortuni sempre più frequenti, e parte anche dalle società che ormai non sanno più come riuscire a gestire gli impegni dei loro tesserati. È una questione che riguarda la salute dei protagonisti ma tocca tutto il nostro mondo, dalla distribuzione delle risorse, alla valorizzazione dei campionati interni, alla crescita dei giovani, alla salvaguardia del valore sportivo delle competizioni».
«Siamo arrivati ad un punto di non ritorno – ha ribadito –. Con il sindacato mondiale FifPro ci siamo mossi arrivando allo scontro con la FIFA perché l’ente regolatore non può anche avvantaggiarsi economicamente dalla creazione di nuove competizioni. Nessuno vuole ostacolare nuove possibilità di introiti, ma dobbiamo considerare che per massimizzare i ricavi si rischia di vendere un prodotto scadente: un calciatore dopo la sessantesima partita non può garantire prestazioni al top e ci sono campioni che, con l’istituzione del Mondiale per club, potranno arrivare a giocare 80 partite a stagione».
Calcagno ha poi concluso: «Ci dobbiamo chiedere che calcio vogliamo per il futuro oggi ci si è resi conto che non si tratta di un fattore economico ma che la salute dei calciatori è la base dello spettacolo. Inoltre nessuno parla di come distribuire le risorse anche a chi non partecipa alle coppe e nessuno parla di come salvaguardare la salute dei calciatori. Siamo davvero sicuri che concentrare le risorse sulle competizioni europee, aumentando il gap economico tra i grandi club e le società medio-piccole, sarà la strada migliore per attrarre in futuro più tifosi?».