Il Tesoro vende il 2,8% di Eni e passa all'incasso per 1,4 miliardi di euro

La scelta su Eni segue la strategia delineata nei mesi scorsi dal Governo su Poste, che potrebbe rappresentare il prossimo passaggio sulla strada delle privatizzazioni.

Eni
(Foto: Matteo Minnella/Insidefoto)

Arriva a sorpresa nella serata di ieri la nuova mossa del Governo sulle privatizzazioni. Questa volta tocca a Eni, il gioiello della corona del Tesoro. Sul mercato, in un’operazione gestita con Goldman Sachs, Jefferies e Ubs, è finito il 2,8% del capitale della società, cioè poco più della metà rispetto alla quota complessiva in capo al Mef: si tratta di quasi 92 milioni di azioni, per un valore poco sotto gli 1,4 miliardi di euro in base alle quotazioni di Borsa di ieri.

La scelta su Eni – spiega Il Sole 24 Ore – segue la strategia delineata nei mesi scorsi dal Governo su Poste, che potrebbe rappresentare il prossimo passaggio sulla strada delle privatizzazioni. Le azioni messe sul mercato mantengono in mano pubblica una quota vicina al 30%, grazie al 28,5% di Eni nel portafoglio di Cassa depositi e prestiti. L’obiettivo rimane quello di fare cassa sulle dismissioni senza però creare tensioni sul controllo, garantito in questo caso dallo statuto anche sotto la soglia del 30%.

La vendita di ieri arriva a valle dell’annullamento operato da Eni su parte delle azioni oggetto del programma di buyback avviata nei mesi, che ha consentito a Cdp-Tesoro di salire di un altro 0,9% aumentando quindi la potenza di fuoco dell’operazione. E segue a stretto giro la doppia cessione operata nei mesi scorsi su Monte dei Paschi, che ha fruttato in due tranche poco meno di 1,6 miliardi di euro.

In pratica, il dossier Eni permette di raddoppiare il consuntivo realizzato fin qui con le privatizzazioni, nell’attesa della cessione più consistente che dovrebbe riguardare Poste (in gioco fino a 4,4 miliardi di euro). Anche qui il controllo pubblico resterebbe realizzato per il tramite di Cassa depositi e prestiti, titolare del 35% della società guidata da Matteo Del Fante.

Le cifre che si muovono sono insomma consistenti, anche se restano lontane dall’1% del Pil (circa 21 miliardi) previsto dal programma ufficiale di finanza pubblica fra 2023 e 2027.