Lotito, duro attacco a Galliani: i motivi dello scontro tra i "senatori del calcio"

I motivi dello scontro tra l’AD del Monza e il proprietario della Lazio: al centro il diritto d’intesa, che Lotito vorrebbe eliminare per una Serie A modello Premier.

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(Foto: Marco Rosi - SS Lazio/Getty Images)

Scontro aperto tra i due “senatori” del calcio italiano. Martedì sera, il patron della Lazio Claudio Lotito ha deciso di dare spettacolo scagliandosi contro uno stupefatto Adriano Galliani, colpevole a suo dire di averlo “tradito” assumendo nell’audizione sul calcio in Senato una posizione vicina al suo “nemico”: il presidente della FIGC Gabriele Gravina, con cui ha in corso un braccio di ferro diventato bellicoso da anni.

Lo scenario – scrive il sito de La Repubblica – è la presentazione del film “C’è anche domani” sulla vita di Ennio Doris, organizzata da Francesco de’ Micheli e da Maurizio Gasparri. Tra gli invitati, anche l’AD del Monza Adriano Galliani e il numero uno della FIGC Gabriele Gravina, che avrebbero seguito la proiezione insieme.

Gravina ha poi lasciato la sala prima del termine della proiezione, ma appena si sono accese le luci è arrivato Lotito, che appena ha visto Galliani (suo collega in Senato, entrambi tra le fila di Forza Italia) lo ha raggiunto e incalzato: «Ti sei schierato con Gravina, dillo che stai con loro. Anche in commissione oggi lo hai difeso, io non te lo perdono». Galliani è stato un signore, mentre Lotito era una furia, raccontano i presenti.

Perché Lotito ha attaccato Galliani? Le parole in Commissione Cultura al Senato

Ma perché Lotito ha attaccato Galliani? Come detto, la “sfuriata” è nata dalle parole dell’amministratore delegato del Monza, intervenuto alla Commissione Cultura e istruzione del Senato sulle prospettive di riforma del calcio italiano: «Condivido integralmente la relazione del presidente Gravina. I contrasti interni al sistema ci sono sempre stati ma ora si sono acuiti perché quattro big, Milan, Inter, Juventus e Roma, hanno pensato che attraverso l’abolizione del diritto di intesa si potesse cambiare il formato delle Serie A da 20 a 18. E nella maggioranza dei club è nata la convinzione che il presidente federale fosse d’accordo con questa posizione».

Parole che hanno fatto seguito a quelle pronunciate da Gravina poco prima. «Il sottoscritto e il consiglio federale hanno lasciato piena autodeterminazione alla Serie A di scegliere il format che ritenesse più opportuno», aveva detto il presidente della FIGC. «Il calcio non ha problemi, voglio essere fuori dal coro, i problemi dialettici sono fisiologici, qualcosa sta diventando patologico perché per ragioni diverse non si vuole capire che facciamo parte tutti di un’unica filiera».

«Sento parlare di autonomia, che è legittima. Credo sia la motrice del calcio italiano, il problema è cosa si intende per autonomia e l’impatto che ha sulle altre componenti del sistema. La Lega di A è libera di autodeterminarsi in ambito commerciale e in ambito di format. Cosa gli manca? Vuole il modello Premier? Magari, lì ci sono venti azionisti, ma le quote sono 21 e la ventunesima è della federazione che ha diritto di veto quasi su tutto. Più peso politico? La Lega merita assoluto rispetto, ora aspettiamo le loro proposte», aveva concluso Gravina.

Perché Lotito ha attaccato Galliani? La questione del diritto di intesa

Galliani è dunque intervenuto per difendere Gravina, spiegano che il presidente della FIGC era stato frainteso nella sua posizione sul diritto d’intesa e la riforma del campionato di Serie A. Si tratta del diritto di una Lega di bloccare ogni decisione che impatti sul proprio campionato anche se presa con il 75% dei consensi dal Consiglio federale. In sostanza, il Consiglio per incidere su un campionato deve avere l’intesa della Lega che lo organizza.

Rimuovere questo principio potrebbe essere la base per una riforma unilaterale dei campionati da parte della FIGC e per la riduzione del numero di club professionistici rispetto ai 100 attuali, una soluzione auspicata in passato dallo stesso Gravina. Ma l’ipotesi aveva fatto infuriare diverse società su più fronti. La FIGC non farebbe la riforma contando solo sui voti di Dilettanti, allenatori e giocatori, ma avendo dalla sua parte la metà della Serie A che porta più soldi e più tifosi, sarebbe tutta un’altra storia.

Ma mentre Galliani difende il diritto di intesa e Gravina, Lotito al contrario si era scagliato appena un mese fa contro il peso della Lega Serie A in FIGC. «Gli facciamo causa (alla FIGC, ndr). Non contiamo nulla, inutile girarci intorno, noi non contiamo niente. Noi oggi viviamo in un paradosso giuridico. Il presidente della Federcalcio viene eletto, come si dice in gergo, dai “voti delle componenti”. E lì, a quel tavolo, facciamo la parte dei ragazzini al tavolo degli adulti. La Lega di A marginale, quella di Serie C decisiva: ma stiamo scherzando?», aveva detto il patron della Lazio.

«Queste regole non ci stanno più bene: i legali si occuperanno della parte che compete loro, ma il nostro progetto è semplice. Gravina e la sua Federcalcio si sentono blindati dal loro statuto. Noi vogliamo che la Lega di Serie A, quella composta dai club che hanno immagine, tifosi e producono il 90% del fatturato, si trasformi in qualcosa di diverso: la Lega di Serie A deve essere la nuova Premier League», aveva aggiunto.

Perché Lotito ha attaccato Galliani? Il peso della Serie A

Il ragionamento del patron della Lazio è legato al calcolo del peso del campionato più importante in Federazione. Questi i numeri che portano all’elezione dell’uomo chiamato a guidare la macchina del calcio italiano: 62 è il peso dei voti a disposizione della Lega A (pari al 12%); 26 di quella di B (5%); 88 per la Lega Pro (17%); 176 per la Lega nazionale Dilettanti (34%); 103 per i calciatori (20%), la metà per i tecnici e infine 10 per gli arbitri (2%).

«Sono i numeri a dire che noi non contiamo nulla: se La Lega Dilettanti unisce i suoi voti a quelli della Lega Pro, stiamo parlando della vecchia Serie C, quell’accordo è sufficiente a mettere in ginocchio qualsiasi idea degli altri club. La sintesi è banale: un club di Serie C conta più di uno di A. Una società dilettantistica più di una che gioca in Champions League. Adesso basta», aveva concluso Lotito.