Il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma che gli contesta i reati di appropriazione indebita e autoriciclaggio. Al centro di tutto ci sarebbe l’assegnazione dei diritti televisivi della Lega Pro nel 2018, quando lo stesso Gravina guidava il terzo campionato professionistico italiano. Fu la sua ultima decisione prima delle dimissioni necessarie per candidarsi alla FIGC.
Cosa rischia Gravina – I due reati contestati nel codice penale le relative pene
Guardando al codice penale, i due reati contestati a Gravina hanno delle definizioni precise con relative pene. L’autoriciclaggio indica “colui che impiega, sostituisce, trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, denaro, beni o altre utilità che provengono dall’aver commesso un delitto non colposo, per poter ostacolare nel concreto l’identificazione della loro provenienza illecita“. E viene punito con la reclusione da quattro a 12 anni e una multa da 5.000 a 25.000 euro.
Per appropriazione indebita, invece, si indica colui che “per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o dei beni altrui che gli sono stati affidati“. Il codice penale punisce i colpevoli con la reclusione da due a cinque anni più una multa da 1.000 a 3.000 euro.
Cosa rischia Gravina – I tempi dell’eventuale processo, dimissioni ed elezioni
Al momento, le indagini della Procura di Roma non sono ancora concluse e, tecnicamente, i legali di Gravina non sono stati messi al corrente ufficialmente dei reati contestati al proprio cliente. Infatti, questa fase può solo esserci quando vengono chiuse le indagini, che potrebbero arrivare a questa fase fra circa sei mesi. Al termine, il pubblico ministero comunica la fine delle indagini e può chiede al Gup (giudice per l’udienza preliminare) il rinvio a giudizio oppure l’archiviazione. Toccherà poi al Gup stabilire se si dovrà celebrare il processo in tribunale o no. A quel punto per arrivare al giudizio di primo grado servono un anno e mezzo o due. Per la sentenza definitiva si può arrivare a sette o otto anni.
Come riporta l’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, lo status di indagato non comporta le dimissioni da presidente della FIGC, con Gravina che quindi può continuare a ricoprire il suo ruolo fino a che la condanna non passa in giudicato, ovvero dopo il terzo grado. Le dimissioni sono obbligatorie, infatti, solamente se è sottoposto a misure cautelari, come detenzione preventiva in carcere o agli arresti domiciliari. Ovviamente rimane possibile la scelta di autosospendersi per motivi di opportunità o di etica. Anche perché il reato contestato in questo caso è legato a un’attività, quella di presidente della Lega Pro, che al tempo ricopriva.
Per ritrovare un presidente della FIGC indagato per fatti legati ai suoi incarichi nel mondo del calcio, bisogna risalire al 2006, l’anno di Calciopoli, quando l’allora numero uno della Federcalcio, Franco Carraro, decise di dimettersi prima di essere iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Napoli. Il presidente del CONI, Gianni Petrucci, scelse come commissario Guido Rossi. Assolto da tutte le accuse, Carraro è tornato a essere membro della giunta CONI, dalla quale si era autosospeso.
Gravina potrebbe quindi rimanere alla guida della Federcalcio fino alle prossime elezioni del presidente FIGC. Queste, secondo i principi informatori del CONI, devo avvenire entro e non oltre il 15 marzo 2025. Infatti, almeno due mesi prima, si terranno le elezioni delle altre componenti della FIGC (Serie A, B, C, AIA ecc) e dei loro rappresentati, che, in seguito, parteciperanno all’elezione del numero uno della FIGC