Agnelli: «Superlega? Dateci tempo. Alla Juve ho operato secondo le regole»

L’ex presidente del club bianconero non esclude un ritorno alla Juve e alle società di famiglia, anche se al momento è impegnato su altri fronti.

Andrea Agnelli
Andrea Agnelli (Foto: Insidefoto.com)

«Non ho puntato la pistola alla testa di nessuno. Hanno tutti firmato liberamente. Alcuni con più con la paura di restare fuori. Alcuni erano più consapevoli. Ma tutti hanno firmato liberamente». Inizia così, parlando del lancio della Superlega nel 2021, la lunga intervista che l’ex presidente della Juventus Andrea Agnelli ha rilasciato al Financial Times.

Dopo lo scandalo che ha coinvolto il club bianconero, con le annesse dimissioni di tutto il CdA, Agnelli ha deciso di lasciare i posti in CdA anche in Exor (la holding di famiglia) e Stellantis. Poi si è trasferito ad Amsterdam e ora sente che la sua storia professionale deve continuare, nonostante ci siano state «delusioni, ma è giusto. Devo trasformarle in una delle migliori opportunità di crescita che abbia mai avuto».

Tornando alla Superlega, oltra a garantire scontri di alto livello, il nuovo torneo puntava su altre novità a livello economico-finanziario, un salary cap per evitare una spesa incontrollata per i calciatori. «Questa era una risposta ai problemi che il calcio ha avuto e continua ad avere: instabilità finanziaria, sostenibilità, polarizzazione», afferma Andrea Agnelli.

A proposito di tutti gli eventi precedenti al lancio del progetto, Agnelli ricorda che il presidente del PAG Nasser Al-Khelaifi (suo successore all’ECA), fu coinvolto nel tentativo di creazione di competizioni alternative: «Ricordo di essere volato a Parigi in piena pandemia. Nessuno in giro. Parigi deserta. Io e Nasser parliamo di un nuovo torneo, dicendo che abbiamo bisogno di cambiare, perché se non cambiamo, siamo morti». (Un portavoce di Al-Khelaifi ha detto che «era aperto a riformare le competizioni, ma sempre all’interno del quadro della UEFA», ndr)

Del rapporto con Ceferin Agnelli racconta che «parlavo con Alex tre volte al giorno. Avevo un legame molto forte. Come mi sento a essere chiamato bugiardo? Sono invidiosi, non so di cosa. Del fatto che ho un obiettivo e cerco di raggiungerlo. Non faccio compromessi». E sulla possibilità di recuperare il rapporto aggiunge: «La mia sensazione è che il tempo sia galante. E le cose probabilmente, spero, saranno aggiustate in un certo momento. Altrimenti, ancora una volta, la mia coscienza è pulita».

Si passa poi a questioni più “bianconere”, a partire dall’ingaggio di Cristiano Ronaldo: «È stata una mossa intelligente. Dammi Ronaldo e fammelo gestire senza pandemia, è un’altra storia». Sui processi che hanno coinvolto la società si dice invece certo di aver operato correttamente: «Rimango convinto che tutto ciò che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto secondo le regole, secondo gli standard finanziari. Sono tranquillissimo».

Un caso che mostra i problemi di doping finanziario all’interno del mondo del calcio: «Da quando si è trasformato da gioco in business, il calcio non ha evoluto la sua governance verso la gestione dell’attività commerciale. È giusto dire che la maggior parte dei club perde denaro. Sì? O siamo tutti incompetenti o il sistema ha alcune lacune».

Il Financial Times spiega che Agnelli non esclude un ritorno alla Juventus e alle imprese di famiglia, ma al momento è occupato con altre preoccupazioni: la sua società finanziaria personale, Lamse; la presidenza di una fondazione dedicata alla ricerca sul cancro; un nuovo progetto tecnologico nel campo dello sport che sta cercando di avviare.

Nel frattempo, la Superlega si è risvegliata, forte della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, anche se pubblicamente pochi club hanno detto di essere pronti ad aderire al progetto: «Dateci il tempo per lavorare. Non è che le cose accadano magicamente. Ci troviamo in una situazione b2b b2c. Dobbiamo trovare i club, perché se non abbiamo i club che partecipano alla competizione, non possiamo raggiungere i consumatori», ha concluso Agnelli.