Caso Granada, la Procura spagnola chiede 12 anni di carcere per Gino Pozzo

Il figlio del patron dell’Udinese e del Watford, nonché ex proprietario del club spagnolo, al centro di una indagine dell’Anticorruzione iberica.

Manchester City v Watford - FA Cup Final
Gino Pozzo (Photo by Richard Heathcote/Getty Images)

La procura spagnola ha chiesto 12 anni di carcere per Gino Pozzo (figlio del patron dell’Udinese e del Watford Giampaolo e attuale membro del CdA del club friulano) e per Quique Pina, ex presidente del club andaluso Granada CF, per aver lucrato “attraverso il movimento illecito di denaro legato ai trasferimenti di giocatori”, in una accusa nata dall’Anticorruzione spagnola. Come riportato dal quotidiano iberico El Pais, sono state rinviati a giudizio quattro imputati e nel suo atto d’accusa, il Ministero Pubblico chiede una condanna a dodici anni di carcere per i quattro imputati per tre reati aggravati contro l’Erario relativi all’Imposta sulle Società (IS) degli esercizi 2013, 2014 e 2015. Inoltre, propone multe di 36,5 milioni di euro per Pozzo (ex proprietario del club, che considera l’autore amteriale) e di 27,5 milioni per gli altri tre imputati, rispettivamente, come complici necessari.

La Procura sostiene che tutti loro “hanno messo in atto un piano criminale a lungo termine che, a partire dal prendere il controllo del Granada nel 2009 e mediante l’esecuzione di una strategia complessa, avrebbe permesso al club di trasferire artificialmente i guadagni ottenuti attraverso il trasferimento dei calciatori professionisti al Lussemburgo e di non pagarli in Spagna, ottenendo così un notevole profitto economico a discapito dell’Erario”.

“Il principale meccanismo per attuare questa strategia consisteva nella simulazione di un finanziamento al Granada da parte dell’ente di cartolarizzazione lussemburghese Fifteen Securitisation, il cui titolare e amministratore è Raffaele de la Riva, sotto forma di un contratto di partecipazione tra entrambi gli enti, che avrebbe permesso al club di calcio di effettuare l’acquisto di un gruppo di calciatori professionisti, in cambio del 95% dell’importo dei loro futuri trasferimenti a un nuovo club di calcio professionistico”, racconta l’Anticorruzione.

Nel suo atto, il Ministero Pubblico spiega che “questo piano complesso partiva dalla necessità di prendere il controllo del Granada CF quando si trovava nella Segunda División B del calcio spagnolo”, cosa che Pozzo “riuscì a fare nel 2009 utilizzando una serie di strutture opache che ne ostacolavano l’identificazione come titolare effettivo dei fondi che venivano erogati”.

Questo denaro aveva, secondo la Procura, “una triplice finalità”. “In un primo momento, superare la crisi economica e il concordato preventivo nel quale si trovava immerso il club; successivamente, simulare l’acquisizione dei diritti sui calciatori professionisti della squadra da parte dell’ente Orange Chiffon Trading Limited; e infine, sottoscrivere il capitale sociale quando l’ente si trasformò in società anonima sportiva”, racconta il documento.

La Procura sottolinea che il Granada stava attraversando nel 2009 “difficoltà finanziarie che mettevano a rischio la sua continuità, e attraverso il concordato preventivo, i responsabili del club cercavano un contesto adeguato per risolverle e avviare un nuovo progetto sportivo economicamente sostenibile”. Tuttavia, l’Anticorruzione chiarisce che “la realtà è che il presunto finanziamento concesso dall’ente lussemburghese al club ha comportato un costo altissimo, che si può quantificare in termini assoluti in più di 45 milioni di euro, e in termini di interesse quasi al 50% annuo”.

Il Ministero Pubblico approfondisce nel suo atto i meccanismi che avrebbero utilizzato “per nascondere al fisco spagnolo i benefici ottenuti dai trasferimenti dei calciatori” contemporaneamente al mancato pagamento delle tasse all’Erario per i “benefici ottenuti”. Alcuni di questi movimenti riguardavano i calciatori Guilherme Siqueira, Mikel Rico, Yacine Brahimi, Allan Loureiro, Jeison Murillo o Daniel Pudil.

La Procura insiste sul fatto che la “condotta fraudolenta, principalmente da parte del presidente e del titolare effettivo del Granada, gli imputati Enrique Pina e Gino Pozzo, è stata effettuata a loro vantaggio”, poiché hanno ottenuto un “beneficio economico direttamente derivato dalle quote dell’Imposta sulle Società non versate e è stato possibile poiché la società non aveva instaurato tra il 2013 e il 2016 nessuna misura di supervisione, vigilanza e controllo del comportamento dei suoi dirigenti e subordinati gerarchici”.