Da come la Superlega è stata presentata ieri dalla A22, le servirà molto probabilmente una discreta riforma per non finire sotto il giudizio del Lussemburgo. Il torneo – spiega La Gazzetta dello Sport – è di fatto chiuso: dentro, fin dal primo giorno, c’è il gruppo di big che interessa, promosso in base a criteri non ancora chiari e ben protetto da un sistema con due retrocessioni.
Ma, soprattutto, la Superlega nega l’ingresso diretto ai campioni nazionali. Se per ipotesi il Girona dovesse conquistare la Liga, andrà nella Blue League (la terza serie) e dovrà ottenere due promozioni per raggiungere la Star League, il livello più alto. Facile che a questo punto il club spagnolo vada alla Corte per sostenere che il suo merito sportivo è compromesso da un sistema di questo tipo.
Questo non significa che il round di ieri non sia stato a favore della Superlega, ma la Champions non è finita qui. Oltre all’applicazione del diritto per il diritto, c’è il buon senso. E in questo momento con Real e Barcellona si è schierato, più o meno, solo il Napoli. Tutte le big, le medie e le piccole hanno detto no. In silenzio la Juventus, mentre per il Milan valgono le parole del presidente Paolo Scaroni.
La Corte riconosce a Nyon e a Zurigo il diritto di organizzare i tornei e gestirli economicamente, quindi non sarà come la F1. Ammette la piramide sportiva. Dice che un torneo extra non può essere negato o sanzionato. Pretende quindi il merito sportivo che in Superlega, almeno per il momento, si intravede soltanto.
Questo non significa che la Superlega non possa subire variazioni, anzi. Lo ha spiegato lo stesso CEO di A22 Bernd Reichart: «E’ stata concessa la libertà di proporre e promuovere un’altra competizione. Ma siamo aperti al confronto, se ci dicono dove modificarla lo faremo. Non siamo una lega separatista, abbiamo anche cancellato la membership permanente».