In Italia, soprattutto nei circuiti non cestistici, la cosa è passata un po’ sottotraccia ma dopo la UEFA che dall’anno prossimo varerà la nuova Champions League, e la FIFA che nel 2025 varerà il nuovo Mondiale per Club, anche la ricchissima NBA ha evidenziato il problema di trovare nuovi modi per aumentare i propri incassi.
In particolare con l’approssimarsi della prossima asta dei diritti televisivi negli USA (attesa tra il 2024 e il 205) e per convincere le emittenti ad alzare le proprie offerte, la NBA ha deciso di fare una storica modifica al proprio format, inserendo una competizione completamente inedita: si tratta dell’In-Season Tournament, torneo durante la stagione che si è concluso nello scorso weekend con la finale tra i Los Angeles Lakers e Indiana Pacers, vinta dai Lakers di LeBron James.
L’obiettivo, ca va sans dir, era quello di incrementare le entrate creando nei fatti la prima finale unica in partita secca del basket professionistico USA (le finali NBA sono al meglio delle sette partite). Inoltre l’esperimento era volto ad creare partite che avessero interesse già da inizio stagione, visto che solitamente la lunga stagione regolare si trascina stancamente verso i playoff.
L’esito è stato soddisfacente: gli ascolti televisivi sono aumentati del 11% rispetto alla scorsa stagione, grazie in parte all’impulso nelle serate del torneo, mentre nei palazzetti la NBA ha avuto il suo miglior novembre di sempre in termini di affluenza, con una media di 18.206 spettatori per partita. Senza contare le entrate da pubblicità per eventi quali le finali e semifinali e per i vari diritti televisivi per un evento che seppur senza storia è stato unico.
Il nodo era invece come inserire questo nuovo torneo in una stagione già molto congestionata visto che la regular season è già composta da 82 partite, alle quali si aggiungono quelle dei playoff con quattro turni complessivi (quindi da un minimo di 16 a un massimo di 28 partite per conquistare il trofeo). La scelta è stata quella di creare un torneo durante la stagione che valga anche per la stagione regolare e soprattutto senza aumentare il numero delle gare. In sostanza, è stato come se i risultati della Coppa Italia valessero anche per la classifica di Serie A.
Nello specifico, tutte e 30 le squadre sono state estratte casualmente in gruppi da cinque, in base ai risultati della stagione regolare 2022-23. Otto squadre sono passate alla fase ad eliminazione diretta, ovverosia la migliore di ciascun gruppo e le due migliori seconde. I primi turni si sono disputati nei vari palazzetti (con tanto di parquet speciale dedicato al torneo), mentre le semifinali e la finale si sono giocate a Las Vegas. Tutte le partite del torneo, come detto, sono state conteggiate per la classifica della stagione regolare, tranne la finale, con il calendario adeguato in base anche all’andamento dell’In-Season Tournament.
Oltre a questo è stato inserito un sistema di premi economici: i giocatori delle quattro squadre sconfitte nei quarti hanno incassato ciascuno 50mila dollari, quelli delle due semifinaliste sconfitte 100mila, i secondi classificati 200mila e i giocatori della squadra vincitrice 500mila. Magari poco per le superstar alla LeBron James, ma soldi che fanno comodo a chi ha contratti con cifre inferiori.
EUROPEI, CHAMPIONS, MONDIALE PER CLUB: NODO CALENDARIO INTASATO
Ora al di là delle tecnicalità di questo torneo, il punto nodale è che la NBA ha trovato il modo di incrementare le entrate senza aumentare il numero di partite. Nei fatti superando brillantemente una questione su cui si stanno arrovellando tutte le governance degli sport dai più alti numeri economici – nello specifico calcio europeo, basket NBA e football NFL – in quella che è ormai una battaglia planetaria per la conquista degli spettatori di tutto il mondo.
Perché se è vero che si può sempre tentare di ottimizzare il guadagno per singola gara sino all’ultima marginalità (diritti tv, incassi, etc etc) è altrettanto evidente che se ci sono più eventi su cui guadagnare la cosa si moltiplica aumentando le opportunità di incasso.
Il punto è che almeno nel calcio europeo il calendario è già talmente intasato che tutto questo si scontra con le esigenze fisiche dei giocatori. Una tematica che si acutizzerà l’anno prossimo quando ci si avvicinerà probabilmente al punto di saturazione assoluta. Infatti dopo una stagione 2023/24 che culminerà con la finale di Champions League a Wembley l’1 giugno, ci saranno poi gli Europei nell’estate 2024 che prenderanno il via il 14 giugno, neanche due settimane dopo l’ultimo atto ufficiale del calcio di club.
Dopo l’estate, poi, con il via alla stagione 2024/25 si entrerà nella annata di esordio della Champions League con la prima edizione con il modello svizzero (che prevede oltre 80 partite in più) e infine la stagione si concluderà nell’estate 2025 con il nuovo Mondiale per Club varato dalla FIFA negli Stati Uniti.
Un tour de force impressionante per quei giocatori che saranno impegnati in queste manifestazioni senza contare che questi stessi saranno anche in campo per i campionati nazionali. Nei fatti si assisterà a un circolo vizioso di cui non si vede l’uscita: per incassare di più, si giocano un numero maggiore di partite, questo innesca inevitabilmente il pericolo di infortuni e quindi per i top club sono necessarie rosa extra large, ma per sostenere i costi di un parco giocatori ipertrofico bisogna giocare tante partite per poterli pagare.
Questa situazione ha già innescato nel calcio molte polemiche soprattutto da parte delle associazioni dei giocatori in giro per il mondo. E questo scenario in ultima analisi vede il calcio in una posizione di inferiorità nei confronti del basket americano e della NFL.
Questo non solo perché come si è visto come l’NBA per esempio ha saputo inventarsi dal nulla un nuovo torneo per spingere le proprie entrate senza pesare sulle spalle dei giocatori aumentando il numero di gara. Il vero punto invece è che in questa battaglia globale gli sport statunitensi hanno il vantaggio di essere delle vere e proprie macchine da soldi, tanto da valere in media 4 miliardi di dollari con il picco di oltre 8 miliardi raggiunto dai Golden State Warriors. Non solo ma la leghe sono centralizzate e decidono in maniera veloce, pragmatica e soprattutto univoca.
Nel calcio invece il sistema delle confederazioni continentali, che poi sono legate alla federazione mondiale, produce delle guerre interne sulle decisioni da prendere – si pensi soltanto alle varie tensioni tra FIFA e UEFA sull’organizzazione dei vari tornei per club. E soprattutto al di là di modelli virtuosi quali possono essere quella della Premier League (ma anche Oltremanica i problemi non mancano) non sempre le squadre sono in utile, anzi molte volte come accade in Italia sono soverchiate da grande indebitamento.
Questa situazione consente agli sport USA di accelerare più facilmente sia sulle innovazione che sulle decisioni. E se si è visto che la NBA non ci ha messo molto per varare un torneo dal nulla, la NFL da anni sta cercando una espansione al di fuori dai propri confini. Da tempo si giocano partite valide per il campionato in Europa, e notizia di questa settimana nel 2024 si giocherà una partita della stagione anche in Brasile. Segno evidente che lo sport sino a qualche anno orsono confinato dentro i limiti degli Stati Uniti ha ancora molti territori da poter sfruttare.
Inoltre non va mai dimenticato che la stagione della NFL va da agosto a febbraio (e termina addirittura a dicembre per le squadre che non raggiungono i playoff) e quindi in teoria ci sarebbe anche un grande margine temporale nel caso in cui si vogliano aggiungere squadre e partite sulle quali incrementare le entrate.
Il calcio europeo invece appare spuntato in questo senso. Perché oltre ai suddetti limiti economici e di governance ha già la stagione intasata e quindi la leva temporale è praticamente già esaurita. Si pensi per esempio che ancora non si capisce come saranno normati i cartellini dei giocatori che disputeranno il Mondiale per Club 2025. Il torneo infatti avrà luogo tra giugno e luglio e quindi tra le stagioni 2024/25 e 2025/26: che cosa succede se un giocatore ha il cartellino in scadenza al termine della prima delle due annate in questione?
Non certo da ultimo, l’offensiva del calcio europeo anche in termini geografici ha i suoi limiti, visto che, senza contare quella lanciata dall’Arabia Saudita in vista dell’organizzazione dei Mondiali 2034, questa espansione territoriale è già in voga da decenni in virtù le tournée estive in Cina, paesi arabi e Nord America dei principali club internazionali.