La politica guarda sempre più al calcio: le mani del Governo UK sulla Premier

Con la creazione di un ente regolatore indipendente, il Governo punta a supervisionare l’intera piramide calcistica, dalla Premier League alla National League.

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FOOTBALL AFFAIRS
(Foto: Harriet Lander/Getty Images)

L’Inghilterra, la nazione guida del movimento calcistico mondiale, con il campionato nazionale più prestigioso del pianeta, è talmente avanti agli altri che può permettersi di varare una legge volta da aiutare i club minori a scapito di un possibile ulteriore incremento di valore della Premier League? Premier che non solo tanti soldi porta allo stato britannico ma la cui primazia in teoria potrebbe essere minacciata dalla avanzata del campionato saudita.

È questo l’interrogativo che si stanno ponendo Oltremanica le massime istituzioni governative e quelle calcistiche dopo che in settimana, nel suo primo discorso da sovrano dinnanzi al parlamento Carlo III d’Inghilterra ha inserito calcio tra le sue parole.

Il cosiddetto King’s Speech, il discorso del monarca a camere unite, segna l’inaugurazione d’un nuovo anno di lavori del Parlamento di Sua Maestà ed elenca il programma del governo in carica per i successivi 12 mesi. Essendo scritto integralmente dal primo ministro non fa parte delle indicazioni ideali di un sovrano che non ha poteri esecutivi ma invece delle volontà stesse del premier in carica. Il tutto non dimenticando mai che nella maggioranza dei casi i proprietari dei club più importanti della Premier League non sono cittadini inglesi, ma piuttosto statunitensi, emiratini e sauditi.

IL WHITE PAPER E IL NUOVO ENTE REGOLATORE DEL CALCIO INGLESE

In particolare nel suo primo discorso da sovrano al parlamento, Re Carlo III ha spiegato che «sarà presentata una legge per garantire il futuro dei club di calcio a vantaggio delle comunità e dei tifosi». Un tema che si lega a quanto successo in particolare dopo il lancio della Superlega nel 2021, quando il governo britannico, allora guidato da Boris Johnson, si schierò a favore dei tifosi che protestavano contro la scelta dei sei top club inglesi (Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United e Tottenham) di partecipare al torneo: proteste da parte di governo e tifoserie che portarono poi le società a fare un passo indietro e rinunciare alla partecipazione alla competizione.

La legge, che nascerà sulla base di un White Paper sul tema calcistico stilato dal governo britannico, porterà nel dettaglio alla creazione di un ente regolatore indipendente (IREF) che avrà il compito di supervisionare i conti dei club inglesi dalla Premier sino alla National League, la quinta serie calcistica del Paese, corrispondente (ma solo per ordine di categoria) alla nostra Eccellenza.

Lo scopo primario di questa nuova istituzione sarà quella di riportare al centro del calcio i tifosi, con i club che dovranno dimostrare di essere in possesso di un modello finanziario solido, e che dovrà essere approvato, per potersi iscrivere al campionato. Sarà, inoltre, difeso il diritto dei tifosi di partecipare alle decisioni che riguarderanno la storia del club, come eventuali cambi di stemma o colori sociali, che non dovranno andare in contrasto con la storia della società così che queste siano protette dalle volontà di nuovi proprietari che si insedieranno negli anni a venire.

Inoltre, in caso di spostamento per un nuovo stadio o di lavori importanti all’impianto esistente, questi dovranno essere approvati prima dal regolatore, con il coinvolgimento dei tifosi che diventeranno una parte fondamentale prima di concludere o meno un simile processo.

Sin qui più o meno nessun problema. Sono per lo più indicazioni di massima largamente condivisibili. Ma è entrando maggiormente nei dettagli che si iniziano a scorgere i potenziali nodi e elementi di conflitto.

Infatti con la nuova legge dovrebbero essere introdotte anche verifiche più stringenti e due diligence più approfondite sui conti e le disponibilità di eventuali nuovi proprietari che si apprestano ad acquisire le società calcistiche inglesi. Con questi ultimi che dovranno presentare un piano finanziario che dovrà essere prima approvato dal regolatore indipendente come requisito per concludere l’acquisizione del club.

È questa la situazione che ha messo timore soprattutto alla Premier League, preoccupata che norme simili scoraggino gli investimenti dall’estero. E quindi la sua leadership a livello mondiale. Proprio nel momento in cui la potenza saudita sta dispiegando tutte le sue forze per incrementare il valore del proprio torneo.

IL RISCHIO SECONDO LA PREMIER: MENO INVESTITORI DALL’ESTERO

La norma infatti, che entrerà in vigore nei prossimi mesi, è in verità in fase di preparazione già dallo scorso inverno e da subito i club della Premier League hanno temuto che l’introduzione di un organo indipendente nominato dal Governo possa scoraggiare gli investimenti futuri e indebolire la posizione della massima serie calcistica inglese nel calcio europeo.

In particolare a preoccupare è il fatto che la nuova legge elencherà dei criteri che indichino se un soggetto sia o meno adatto ad avere il controllo di un club della Premier League o delle serie inferiori, se un potenziale proprietario abbia modo di garantire un futuro e una gestione sostenibile e solida alla società. E l’organo indipendente sarà chiamato a esporsi su tali questioni, mentre prima la decisione era riservata alla sola lega.

Inoltre è anche probabile che l’organo abbia poteri che gli consentano di forzare un accordo sulla somma di denaro che la Premier League distribuisce ai club della English Football League (EFL, l’ente che organizza i tre campionati che si trovano sotto alla Premier), qualora non si riuscisse a raggiungere un accordo.

In questo quadro, sebbene ufficialmente la Premier League non si sia ancora espressa sul tema, una fonte interna a una società della massima serie inglese aveva spiegato: «Mentre la Premier League accetta che venga nominato un ente regolatore, i club si opporranno alla regolamentazione finanziaria se pensano che questa limiti le opportunità future e forse dissuada gli investimenti dall’estero. Il timore è che un nuovo codice di corporate governance possa ridurre l’appeal della Premier League sia per gli attuali che per i potenziali nuovi proprietari».

Ovviamente di tutt’altro parere è il presidente della EFL, Rick Parry, che sta spingendo per una divisione del 75-25%, con la Premier League che andrebbe a distribuire un quarto dei suoi ricavi annuali da diritti tv da 3,5 miliardi di sterline alle tre divisioni inferiori in base alla posizione in campionato. «La piramide del calcio conta. È un punto di forza unico del calcio inglese e qualcosa che deve essere protetto e coltivato. Prevediamo che i proprietari saranno tenuti a presentare piani aziendali, certamente ogni anno, forse un anno o due in anticipo. E dovranno dimostrare di poter supportare quei piani aziendali con finanziamenti», ha commentato nei mesi scorsi.

Aggiungendo poi: «È abbastanza chiaro che ci sarà un sistema di licenze, che consentirà alle autorità di regolamentazione di essere agili perché associano condizioni individuali a una licenza per club o, nel peggiore dei casi, possono negare la licenza».

In questo quadro il timore della Premier League che questa situazione possa portare controllare il panorama per tutti i partecipanti, il che a sua volta significa entrare negli affari per i diritti televisivi. Insomma «la preoccupazione è che le questioni burocratiche creino una curva discendente nel pensiero creativo, quando la Premier League si basa su un processo decisionale dinamico», fanno trapelare i club più importanti della massima serie.

Inoltre a preoccupare i proprietari dei club di Premier, che, come si faceva notare, per lo più inglesi non sono, c’è anche un rapporto del Comitato per la Cultura, i Media e lo Sport sulla governance del calcio. Studio che ha concluso che la Premier League e l’EFL devono raggiungere urgentemente un accordo sulla condivisione di maggiori entrate con i club della piramide calcistica, altrimenti il governo dovrebbe portare avanti la creazione del previsto regolatore indipendente imporre un accordo alle autorità calcistiche.

Non a caso la presidentessa della commissione Cultura, media e sport, la deputata Caroline Dinenage, ha dichiarato: «L’annuncio in Parlamento dovrebbe essere una chiara indicazione alle autorità calcistiche che stanno negoziando un accordo di compartecipazione alle entrate che sono fermamente in fase di recupero. Se non riescono a raggiungere presto un accordo per proteggere i club in tutta la piramide, il nuovo regolatore indipendente dovrebbe essere in atto e pronto a intervenire per imporne uno».

Insomma la partita tra una maggiore distribuzione degli utili all’intera piramide calcistica e la necessità della Premier League di avere a disposizione tutti i mezzi per puntellare la propria leadership a livello mondiale sembra essere appena iniziata. E l’esito non sarà scontato.

Si tratta infatti di un crinale stretto tra governo e uno dei settori più importanti dell’economia inglese, tra le necessità della massima serie di incrementare ancora di più gli utili per proseguire la propria primazia («soltanto con un incremento ulteriore degli utili potremmo distribuire di più alla piramide sottostante») e chi invece pensa che sia già arrivato il momento di distribuire maggiormente alle categorie inferiori.

Non a caso Niall Couper, ceo di Fair Game, l’organizzazione che ha condotto una campagna per migliorare la governance del calcio, accogliendo l’annuncio come un «momento storico per il calcio» ha anche paventato come ci sarà un’intensa pressione per indebolire il mandato dell’ente. «Coloro che hanno il compito di istituire il regolatore devono resistere a tale pressione e rimanere concentrati per offrire un futuro più giusto per il calcio e il cambiamento culturale di cui lo sport ha disperatamente bisogno» ha spiegato, aggiungendo che ci sono stati troppi club in crisi all’interno della piramide e non si può permettere che falliscano.

LA SUPERLEGA SULLO SFONDO

Non certo secondario è infine un altro aspetto della legge, ovvero la possibilità da parte del regolatore di impedire ai club inglesi di partecipare a nuove competizioni che non soddisfano criteri prestabiliti, in consultazione con la Football Association e i tifosi. E ovviamente tali criteri potrebbero includere misure per impedire ai club di partecipare a competizioni separatiste chiuse che danneggiano il gioco nazionale, come la Superlega europea.

Un tema dormiente al momento e che sembra morto visto che ormai al progetto sembrano credere soltanto Real Madrid e Barcellona, ma che però potrebbe prepotentemente tornarne agli onori delle cronache in dicembre quando vi sarà la sentenza della Corte di Giustizia della UE sul ricorso, presentato dalla stessa Superlega, contro la posizione dominante della UEFA nel calcio europeo.

E qualora la sentenza fosse favorevole alla Superlega è evidente che questo aggiungerà pepe alla guerra in corso in Inghiltherra tra le volontà del governo di Sua Maestà e delle serie inferiori e le necessità della Premier League.