Nella giornata di lunedì la Lega Serie A ha deciso di affidare i diritti tv domestici del massimo campionato italiano al binomio DAZN-Sky, con la formula che si è vista nelle ultime tre stagioni e che sarà così replicata fino all’annata 2028/29.
Messo in naftalina, quindi, il progetto del canale di Lega, nonostante diverse società avessero dato il via libera, ma sempre subordinandolo a un accordo con i broadcaster, che alla fine è arrivato, ma di entità minore rispetto alle attese e all’ultimo accordo per il triennio 2020-2023.
Anche se nell’ultimo bando è prevista una quota variabile garantita da DAZN al raggiungimento di certi obiettivi, fra spettatori e abbonati alla piattaforma, in alcuni dei presidenti dei 20 club della massima serie si percepisce una certa delusione. Primo fra tutti è Aurelio De Laurentiis, con il presidente del Napoli che ha attaccato i colleghi e in particolare modo i due broadcaster definiti «incapaci di creare valore». Più morbida è la posizione di Danilo Iervolino, numero uno della Salernitana, anche se deluso di non aver sfruttato la possibilità del canale di Lega.
«Abbiamo perso una grande opportunità per ammodernare il calcio italiano – esordisce il presidente dei campani in una lunga intervista pubblicata nell’edizione odierna de Il Corriere dello Sport -. È mancata una visione unitaria. Avremmo potuto effettuare una lotta efficace e radicale alla pirateria e fornire un servizio innovativo ai tifosi, coinvolgendoli in tutta l’attività. Dai sondaggi al calendario, dai ritiri alle iniziative sociali collaterali. Inoltre avremmo potuto offrire prezzi calmierati ai tifosi e alle famiglie. Anche costruendo tutto ciò in un medio periodo attraverso una stratup innovativa. La maggioranza dei club di Serie A non ha voluto osare. Avremmo potuto gestire le sorti del calcio con le nostre mani. Invece siamo nelle mani di altri per i prossimi cinque anni».
«I problemi del calcio italiano, al momento, sono sostanzialmente due – ha analizzato Iervolino -: i contratti sbilanciati tra diritti e doveri dei calciatori, perché se uno fa tre gol chiede subito l’aumento, invece se non fa nulla per un intero girone non succede nulla; e poi serve una norma chiara come in Germania relativa ai bilanci delle società che non dovrebbero mai chiudere in rosso. La cultura d’impresa è presente anche in Italia e lo dimostra il Milan, una società risanata che ha aumentato i ricavi e ridotto i costi. Si può vincere avendo una corretta gestione e un conto economico in equilibrio».
Sul futuro del calcio italiano e dei suoi giovani: «Sono sempre ottimista. Penso che il calcio sia un hub per il trasferimento dei sani valori della competizione, della legalità e della salute. Inoltre ha un impatto sociale enorme soprattutto sui nostri giovani. Bisogna rafforzare il rapporto con i territori anche attraverso le Academy. E le società debbono favorire politiche di supporto ai propri atleti e assisterli con iniziative di formazione, tenendo conto che l’attività di un atleta dura pochi anni rispetto a una vita intera».