Cairo: «Così diventai assistente di Berlusconi. Politica? Sarebbe bello ma difficile»

«Torino? So che i tifosi si aspettano sempre di più. Però il calcio è anche molto cambiato, le squadre che competono con te hanno un fatturato 4-5 volte maggiore».

 

Cairo assistente Berlusconi
Urbano Cairo (Foto: Valerio Pennicino/Getty Images)

Il patron del Torino Urbano Cairo ha rilasciato una lunga intervista a “Storie di Serie A” con Alessandro Alciato, programma in onda su Radio Serie A con RDS. Tanti i temi toccati dall’imprenditore, dallo sport all’opportunità di entrare in politica, passando anche dal passato e da come è iniziata la sua storia professionale.

Proprio su questo fronte, Cairo ricorda che «da ragazzo ho sviluppato la voglia di fare imprenditoria. Ho avuto occasione di conoscere Berlusconi di ritorno dall’America dove avevo acquistato un libro sullo sviluppo della televisione americana. Berlusconi aveva dichiarato in un’intervista che sarebbe stato disposto ad ascoltare un giovane che avesse avuto qualche valida idea. Mi registro per contattarlo proponendogli le idee che avevo letto sul libro acquistato in America e avevo trasportato la cosa sull’Italia».

«Inizio a raccontare le mie idee ai suoi collaboratori per poi poter incontrare lui che come prima cosa mi disse che era un periodo difficile per fare imprenditoria in Italia. Gli piacque però questo mio modo di presentarmi a lui e di approcciarlo, ed inizia il giorno dopo come suo segretario. L’idea di fare imprenditoria venne accantonata per un po’, quando poi mi sono messo in proprio ho fondato la mia concessionaria. Non sono un visionario perché non ho inventato nulla di nuovo, ma sono stato coraggioso, perché mi sono lanciato a 38 anni con una certa riconoscibilità che avevo acquisito nel corso degli anni con i diversi incarichi e ruoli che ho ricoperto», ha raccontato Cairo.

E ancora: «Quando io prendevo un agente per farmi pubblicità, questo al suo ritorno riceveva offerte pari al doppio per non seguirmi. Dopo 20 giorni che ho iniziato avevo la prima pubblicazione ad un mese, avevamo 15 giorni per riempire un giornale, dovevamo scatenarci. Abbiamo fatto grandissimi numeri. In nove mesi abbiamo fatturato 60 miliardi delle vecchie lire».

Sul paragone con Berlusconi, Cairo spiega: «Lui è stato un personaggio di altissimo livello, ma io sono diverso da lui. Ho imparato molto da Silvio, ma ognuno di noi ha una sua personalità. Io ho applicato molte cose di quelle che mi ha insegnato, e molte cose le amavamo allo stesso modo: tv, calcio, giornali. Io in qualche modo ho percorso delle tappe che lui ha fatto prima. Questo però è casuale ed è legato al fatto che sono le stesse cose a divertirci. In una sono stato più bravo di lui: quando io scalai RCS ed acquistai anche il Corriere della Sera, lui mi chiamò il giorno dopo e si complimentò con me dicendomi che ero riuscito a fare una cosa che avrebbe voluto fare anche lui, ma che non era riuscito a fare».

Inevitabile una battuta sul Torino e alla domanda se abbia mai avuto dubbi sull’acquisto del club granata dice: «C’è stato più di un momento in cui l’ho pensato, ma io nelle difficoltà non mollo e raddoppio gli sforzi. Noi siamo anche retrocessi un anno, nel 2009 ed è stato un periodo difficilissimo. Da allora abbiamo sempre mantenuto la categoria cercando di superarci sempre. So che i tifosi si aspettano sempre di più anche perché il Torino ha il Grande Torino alle spalle; una squadra che dava tanti giocatori alle nazionali. Però il calcio è anche molto cambiato, le squadre che competono con te hanno un fatturato 4-5 volte maggiore. Ci sono delle eccezioni che sono da prendere d’esempio: una di queste è l’Atalanta. Abbiamo fatto buone campagne acquisti prendendo giocatori di livello e rifiutando ottime offerte per giocatori già in rosa».

 

Sulla responsabilità di gestire RCS, Cairo sottolinea: «Noi abbiamo un’azienda con 4.500 dipendenti e collaboratori. Ho acquistato aziende in difficoltà e siamo riusciti a risanarle azzerando i debiti e a farle crescere. È una grande responsabilità, io cerco sempre di risolvere le cose non toccando i dipendenti, ma anzi con idee nuove e sviluppando la parte digitale, ma mantenendo l’occupazione».

In chiusura, un pensiero sulla possibilità di entrare in politica: «La politica a me piace, e vorrei fare molto per il Paese, ma io ho già grosse aziende e tanti dipendenti da gestire. Sarebbe una bella cosa ma è molto difficile e sarebbe molto complicato».