(ISTANBUL) – “Italiani? Forza Calhanoglu”. La frase è la più rincorrente in tutta Istanbul, dall’aeroporto fino ai ristoranti a Sultanahmet, la zona storica della vecchia Costantinopoli, pronunciata dai locali alla prima parola anche solo lontanamente sentita da parte di turisti italiani. Anche lì la finale di Champions League è la protagonista, nonostante la maggior parte dei presenti nell’area voglia in realtà visitare la Basilica di Santa Sofia o la Moschea Blu, due delle quasi 3.000 moschee della città, distante tra loro poche centinaia di metri. Anche se mai come con Istanbul definirla semplicemente “città” è molto riduttivo e forse anche metropoli non rende bene l’idea.
I 15 milioni di abitanti non sono nemmeno il dato più significativo, perché in realtà a far capire quanto grande sia Istanbul sono gli spostamenti: almeno mezzora per qualsiasi tragitto, se va male anche oltre un’ora, con la distanza considerevole in particolare tra lo stadio Ataturk (dove domani andrà in scena la sfida tra Inter e Manchester City) e quello che viene definito “centro”, con la zona appunto di Sultanahmet. “Traffic is terrible here, it’s a big problem”, ammette un tassista, che appena capito di avere a che fare con giornalisti italiani arrivati per la finale mostra con orgoglio un adesivo con il logo del Fenerbahce nascosto nel parasole della auto.
In realtà, però, il dialogo più intenso con il tassista si è svolta poco prima, al momento della contrattazione del prezzo per la corsa: d’altronde, il tassametro a Istanbul pare serva solo a fornire indicazione di massima del prezzo. Lo sport nazionale, tuttavia, sembra un altro, ovverosia la guida sportiva nel traffico: anche qui, il codice della strada sembra più un consiglio per chi guida. Niente che non si sia visto pure in una qualsiasi città italiana, sia chiaro, ma con una frequenza e una costanza tale comunque da stupire. Il tutto mentre dal finestrino passano una quantità di centri commerciali pari quasi al numero di moschee.
Una metropoli, del resto, non può che nascondere al suo interno contraddizioni sensibili, come reso evidente dal passaggio dalle zone più esterne e moderne alle viuzze irte del centro. La zona di Sultanahmet, nel primo giorno di trasferta a Istanbul per la finale di Champions League, è stata meta anche per un’altra particolarità turca, ovverosia il ritiro di quella che viene definita una “temporary press accreditation card”, un tesserino stampa rilasciato dal settore comunicazione del governo turco e necessario per poter girare immagini video in città e vicino allo stadio, dopo una lunga trafila fatta di permessi, lettere e richieste tra le ambasciate. Istanbul, oltre ai manifesti per la sfida tra Inter e City, è anche tappezzata di manifesti di ringraziamento da parte di Recep Tayyip Erdogan, rieletto nelle scorse settimane presidente turco.
La presenza della Champions League, però, è comunque decisamente evidente. Anche perché fin dal giovedì gli aeroporti e di seguito la città si sono riempiti di tifosi nerazzurri e citizens, con questi ultimi capaci di farsi notare maggiormente considerando che tutti vestono maglie azzurre o comunque prodotti ufficiali del club di Manchester. Ma anche gli italiani, arrivati da ogni dove e qualcuno pure con mezzi propri dalle auto ai camper, si fanno sentire.
Istanbul si prepara per la finale di Champions League, tra cartelloni dedicati alla sfida e gli ultimi manifesti elettorali pro-Erdogan. E c’è anche un po’ di derby di Milano @CalcioFinanza pic.twitter.com/2kV7arwBtR
— Matteo Spaziante (@MatteoSpaziante) June 9, 2023
E la discussione, pure al ristorante, non può che virare sul calcio. “L’Inter ha avuto grandi giocatori turchi come Emre, Okan e ovviamente Calhanoglu. Spero l’Inter vinca, visto che c’è Hakan”, sottolinea un ristoratore servendo un tipico kebab. “Chi è il migliore tra questi? Calhanoglu, senza dubbio. Ed è oggi il migliore turco in generale”, ammette. Opinione condivisa da un collega, che però subito dopo tradisce un pochino la sua passione calcistica quando spiega di essere tifoso del Galatasary sottolineando le prestazioni di “Mario Icardi”. Ma nelle vie si sente rimbombare anche il nome di Haaland, mezzo di comunicazione utilizzato da ogni cameriere per cercare di attirare tifosi nei ristoranti.
Il tutto mentre Calhanoglu ha cercato, poi, di sfruttare anche il fatto di giocare in casa, nel confronto diretto con il centrocampista del Manchester City Ilkay Gundogan, di origini turche ma di nazionalità tedesca: “Io gioco nella Turchia, Gundogan ha scelto la Germania. Quindi sono l’unico giocatore turco che domani può vincere la coppa – le sue parole in conferenza stampa -. Per me sarà una gara speciale, giocare a Istanbul è una cosa diversa, voglio godermi questo momento, voglio dare il massimo anche perché lo so che la gente della Turchia è con me”.
Il calcio non può che essere protagonista, ovviamente, allo stadio Ataturk. In Italia qualcuno azzarderebbe il termine “cattedrale nel deserto”, perché effettivamente c’è poco o nulla intorno, se non le aree che saranno dedicate prima della gara ai tifosi delle due squadre, settori che ancora oggi stavano finendo di venire sistemate. Megaschermi, giornalisti, il palco già pronto a bordocampo anche per lo show prima della partita, gli allenamenti di Inter e Manchester City insieme alle rispettive conferenze stampe: l’attesa sta per finire, la finale di Champions League è ormai alle porte.