Novità nel Ddl Capitali: il diritto di voto plurimo sale da 3 a 10 per azione

Il diritto di voto plurimo in assemblea per ogni singola azione di una società passa da un massimo di 3 a 10 unità. È una delle novità contenute nella bozza…

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Il diritto di voto plurimo in assemblea per ogni singola azione di una società passa da un massimo di 3 a 10 unità. È una delle novità contenute nella bozza del Ddl Capitali che sarà discussa oggi in consiglio dei ministri. La norma è in deroga rispetto a quanto previsto all’articolo 2351 del Codice Civile, secondo il quale lo statuto di una società quotata “può prevedere la creazione di azioni con diritto di voto plurimo anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative”.

Tra le società quotate che hanno attivato il sistema del voto plurimo c’è anche la Juventus: dal gennaio 2022 infatti è scattato il voto multiplo per Exor, la holding degli Agnelli-Elkann che controlla il club bianconero, che possiede il 63,766% di capitale ma il 77,87% dei diritti di voto in assemblea. Questo significa che in teoria Exor potrebbe vendere una parte consistente delle sue azioni del club bianconero per fare cassa mantenendone lo stesso il controllo.

Tuttavia la novità del “Ddl Capitali”, secondo quanto appreso, non potrà essere sfruttata dal club bianconero perché la società ha già attivato il sistema del voto multiplo negli anni scorsi.

Tra gli altri temi, il ‘Ddl Capitali‘ all’esame del Consiglio dei ministri di oggi prevede una semplificazione delle norme per procedere con gli aumenti di capitale delle società quotate in borsa e in altri mercati regolamentati. Secondo la bozza è previsto il congelamento fino al 30 aprile del 2025 della maggioranza rafforzata del voto favorevole di almeno 2/3 in assemblea prevista dal codice civile. La nuova norma si applica “a condizione – si legge nel documento – che sia rappresentata almeno la metà del capitale sociale” in assemblea per gli aumenti di capitale con nuovi conferimenti, esclusi i casi del diritto di opzione fino al 20% del capitale, e per l’attribuzione agli amministratori della facoltà di aumentare il capitale sociale.

Inoltre, il Ddl Capitali prevede la “semplificazione delle procedure per l’ammissione alla quotazione” in borsa e negli altri mercati regolamentati. In particolare è previsto un alleggerimento del Tuf laddove si fa riferimento ad alcuni regolamenti Consob per le società italiane che si voglio quotare. Tra questi quello sui “criteri di trasparenza contabile e di adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema dei controlli interni per le società controllate costituite e regolate dalla legge di Stati non appartenenti all’Unione europea”. Eliminato anche il regolamento sui “criteri di trasparenza e i limiti per l’ammissione alla quotazione sul mercato mobiliare italiano delle società finanziarie, il cui patrimonio è costituito esclusivamente da partecipazioni”.

Infine, il Ddl Capitali all’articolo 18 farà scattare un anno di ‘gelo’ per i rapporti professionali tra ex vertici e dirigenti della Consob e della Borsa e le società quotate e le rispettive controllate. All’articolo 18 viene indicato che “i contratti conclusi in violazione del presente comma sono nulli”. Un veto che, tuttavia, non si applica ai dirigenti che “nell’ultimo anno di servizio sono stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto”. Una proibizione analoga “non superiore all’anno” viene fissato per il vertice e i dirigenti della Banca d’Italia e dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass). Entro 180 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento è previsto l’apposito decreto attuativo.