La NBA elimina il divieto di consumo di marijuana

Via libera al consumo di marijuana per i giocatori della NBA. Il rinnovo del contratto collettivo fino al 2030 tra la lega di Adam Silver che rappresenta i proprietari delle…

NBA consumo marijuana
(Foto: Tim Nwachukwu/Getty Images)

Via libera al consumo di marijuana per i giocatori della NBA. Il rinnovo del contratto collettivo fino al 2030 tra la lega di Adam Silver che rappresenta i proprietari delle 30 franchigie, e la NBPA (il sindacato dei giocatori) porta con sé anche questa curiosa novità. Un’intesa – quella tra le parti – arrivata dopo mesi di trattative e che scongiura il rischio di un “lockout” come accaduto nel 1998 e nel 2011: il nuovo contratto entrerà in vigore nel 2023/24 e durerà sette anni.

Per quanto riguarda l’utilizzo della marijuana, dal CBA (Collective Bargaining Agreement) è stato rimosso qualsiasi tipo di divieto relativo al suo utilizzo. Dal 2019/20 la cannabis non rientrava più nelle sostanze considerate rilevanti nei controlli antidoping, mentre con questo accorgimento si è arrivati a una sorta di “liberi tutti”.

Una norma che rende la NBA ancor più un pianeta a parte rispetto al resto dello sport mondiale: nonostante le pressioni, la cannabis resta tra le sostanze proibite individuate dal Codice Mondiale Wada. Il THC (il principio attivo della cannabis) è proibito solo in competizione e solo quando la concentrazione urinaria supera una soglia di 150 ng/mL.

Tra le altre novità, il limite di 65 partite da disputare per poter accedere ai premi stagionali, una misura che servirebbe per scoraggiare il “load management”, ovvero i riposi programmati dei giocatori. In aggiunta, a livello salariale, una seconda soglia per la luxury tax per evitare che squadre come Warriors e Clippers spendano ben oltre il consentito, impedendo loro di usufruire di eccezioni come la mid-level; le estensioni di contratto potranno arrivare ad un aumento del 140% rispetto all’attuale 120%; un contratto “two-way” in più per squadra, passando da due a tre, permettendo a un numero maggiore di giovani di entrare in contatto con le franchigie attraverso la G-League o da non scelti al Draft.

Infine, a proposito di Draft, non è stato abbassato il limite di età per potersi dichiarare, a dispetto di alcune indiscrezioni che invece sostenevano il contrario. Serviranno quindi i canonici 19 anni per poter entrare in NBA e non 18, con dirigenti e proprietari che si sono fermamente opposti. Dunque, i ragazzi in uscita dal liceo, dovranno attendere un anno da trascorrere al college (i famosi “One-and-Done”), all’estero, in G-League o in altre leghe come la Overtime Elite.