Credit Suisse, i perché della crisi: scandali e perdita di identità svizzera

Come si è arrivati alla crisi di Credit Suisse, uno dei principali istituti bancari d’Europa? Il gruppo elvetico ha subito enormi perdite finanziarie nel 2022, annunciando anche tagli di oltre…

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Credit Suisse (Image credit: Depositphotos)

Come si è arrivati alla crisi di Credit Suisse, uno dei principali istituti bancari d’Europa? Il gruppo elvetico ha subito enormi perdite finanziarie nel 2022, annunciando anche tagli di oltre 9.000 posti di lavoro. Una analisi di SWI Swissinfo riportata dal sito NuovoObserver ha ricostruito come si è arrivati alla situazione attuale, con il salvataggio di Credit Suisse grazie alla fusione con Ubs.

Una questione innanzitutto di credibilità verso il mercato. Perché negli ultimi anni, Credit Suisse è passata da uno scandalo all’altro: tra gli altri, ha spiato un ex collaboratore, ha ricevuto una condanna penale per aver permesso a trafficanti di droga di riciclare denaro, è stata implicata in un caso di corruzione in Mozambico, un suo dirigente ha violato il confinamento durante la pandemia e ha visto i dati di dozzine di sue e suoi clienti legati alla scena del crimine essere rivelati dai media nel corso di un’inchiesta internazionale.

Un ulteriore colpo alla credibilità è arrivato dagli investimenti nelle società finanziarie Greensill Capital e Archegos Capital Management, entrambe collassate nel 2021 facendo perdere a Credit Suisse oltre 15,5 miliardi di dollari. E in tutto questo, l’istituto bancario ha ignorato oltre 100 segnali di pericolo inviati dall’autorità di vigilanza finanziaria elvetica, prima di arrivare al crollo.

Il dito, soprattutto, è puntato sulla dirigenza della banca negli ultimi anni. Secondo l‘ex CEO di Credit Suisse Oswald Grübel, il marcio è iniziato quando è stato rimpiazzato nel 2007 dal responsabile delle attività bancarie d’investimento, lo statunitense Brady Dougan. “L’investment banking era l’unica attività che gli interessasse”, ha affermato Grübel al quotidiano Blick in ottobre. “L’ha ampliata poiché è lì che si trovano i più grandi incentivi finanziari. Il private banking e il business incentrato sulla Svizzera non erano nelle sue priorità”. Tra il 2007 e il 2014, Dougan ha ricevuto oltre 160 milioni di franchi svizzeri come compensi, mentre la banca nello stesso periodo ha perso il 70% del suo valore in Borsa.

I successori di Dougan hanno cercato di comportarsi con maggiore prudenza, ma alle parole non sono seguiti i fatti. Tanto che diversi tra i manager messi alla porta durante l’ultimo tracollo finanziario sono stati assunti dopo l’addio del dirigente statunitense. Altri, così, puntano il dito contro la gestione di Urs Rohner, presidente del consiglio di amministrazione di Credit Suisse tra il 2011 e il 2021.

Il risultato finale, tuttavia, di questi comportamenti è il crollo del prezzo delle azioni (84 franchi nel 2007, circa 3 oggi), un esodo di clientela ricca e la rapida erosione della credibilità. Una banca talmente radicata nell’economia svizzera da essere definita “too big to fail” (troppo grande per fallire) dall’autorità di vigilanza finanziaria.

Ma c’è un altro fattore, seppur meno tangibile, che in tanti vedono alla radice delle difficoltà. Credit Suisse è stata fondata nel 1856 dal noto industriale Alfred Escher per finanziare il sistema ferroviario elvetico, un pilastro fondamentale della rinascita industriale del Paese: oggi sono tanti quelli che in Svizzera criticano le attuali derive finanziarie anglosassoni che indeboliscono le radici elvetiche dell’istituto bancario.

Dopo la crisi, ora la nuova direzione punta sul taglio di parte delle sue unità di trading più rischiose, sulla soppressione di molti posti di lavoro e l’iniezione di capitale aggiuntivo, soprattutto dal Medio Oriente. “La banca costruirà sulla base delle rinomate competenze di gestione patrimoniale proprie del settore bancario svizzero”, ha promesso Credit Suisse nell’ottobre del 2021. “Resteremo concentrati nel dirigere la nostra trasformazione culturale, lavorando al contempo al miglioramento dei nostri processi di gestione del rischio e di controllo”, ha affermato l’attuale presidente di Credit Suisse Axel Lehmann.

Cronologia degli eventi chiave:

  • Febbraio 2020: Il CEO Tidjane Thiam è obbligato a dimettersi sull’onda dello scandalo riguardante l’assunzione da parte della banca di detective privati per spiare un ex dirigente.
  • Marzo 2021: il crollo di Greensill Capital e Archegos Capital Management espone la banca a perdite miliardarie.
  • Aprile 2021: Il presidente del Consiglio di amministrazione Urs Rohner (in carica dal 2011) presenta le dimissioni. Aveva annunciato la sua intenzione di partire l’anno precedente.
  • Ottobre 2021: La banca è multata per 475 milioni di dollari per il suo ruolo nello scandalo di corruzione in Mozambico conosciuto come la truffa dei “Tuna bond”.
  • Gennaio 2022: Il presidente del gruppo, Antonio Horta-Osorio, è obbligato a dimettersi dopo aver violato le regole del confinamento legate al Covid-19 per assistere al torneo tennistico di Wimbledon.
  • Febbraio 2022: Un informatore consegna ai media i dati di 18’000 clienti. Questa fuga di informazioni è nota come “Suisse secrets”.
  • Giugno 2022: Credit Suisse è la prima banca nazionale a essere condannata penalmente per riciclaggio di denaro in Svizzera, in relazione a un’organizzazione bulgara di traffico di droga.
  • Luglio 2022: Il CEO Thomas Gottstein è allontanato e sostituito da Ulrich Körner.
  • Ottobre 2022: Körner e il presidente Axel Lehmann annunciano il taglio di 9’000 posti di lavoro e un aumento di capitale di 4 miliardi di franchi.

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