Non sono mancate le polemiche sul Mondiale che si apre domenica in Qatar. Una Coppa del Mondo che ha stravolto il classico calendario calcistico, ma soprattutto giocata in un Paese tutt’altro che esempio di democrazia e di Stato in cui i diritti dei cittadini vengono messi al primo posto.
Nonostante da anni non siano mancate le voci contrarie, negli ultimi giorni il tema ovviamente è tornato ad esplodere. La FIFA ha tirato dritto, cercando a volte di migliorare effettivamente la situazione, altre di nascondere soltanto la polvere sotto il tappeto, anche perché l’occasione era troppo ghiotta a livello economico per farsela sfuggire.
Un Mondiale che sarà l’apice delle strategie di sportwashing messe in piedi da diversi Paesi arabi negli ultimi anni: per il Qatar tutto è nato da un pranzo all’Eliseo nel 2010, non solo per questa Coppa del Mondo ma anche per il ruolo che lo stesso Qatar ha avuto nel rilancio del calcio a Parigi e in Francia (a partire dal Paris Saint-Germain).
A goderne, alla fine, sarà comunque la FIFA, che viaggia verso ricavi record. Ma il fine giustifica sempre i mezzi? Questa testata pensa di no, che non lo sia nella maniera più chiara e perentoria.
Al tempo stesso, va ricordato che questo Mondiale non sarà certo il primo che viene ospitato in Paesi poco presentabili. La Russia sede della kermesse iridata quattro anni fa aveva già invaso la Crimea e non era (come non è oggi) propriamente la patria dei diritti umani. Tornando indietro nel tempo, poi, non sono mancate le edizioni in cui il peso della geopolitica si è fatto sentire anche sul campo (non solo nel 1934 e l’Italia fascista, ma anche nei Mondiali 1954 e la vittoria della Germania).
Fino ad oggi, tuttavia, la pagina però più scandalosa della storia dei Mondiali rimane quella di Argentina 1978. E non solo per la spinta, anche qui geopolitica, per far vincere la Seleccion allora guidata da Menotti, ma soprattutto perché il sanguinario regime militare guidato da Jorge Videla festeggiava alzando la Coppa del Mondo mentre a pochi chilometri di distanza nello stesso momento torturava e faceva sparire i dissidenti.
Su questi temi si dipana il ragionamento alla base del Football Affairs di questa settimana, come sempre a cura del Direttore Luciano Mondellini.