Juve, Inter e Milan perdite per 460 mln. Ma la Serie A fa gola ai fondi

Nella stagione 2021/22 le tre grandi storiche del calcio italiano – che secondo varie stime assommano totalmente l’80% dei tifosi nel Paese – hanno perso complessivamente 460 milioni a bilancio.

Juve, Inter, Milan
Football Affairs
(Photo by MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images)

Nella stagione 2021/22 le tre grandi storiche del calcio italiano – che secondo varie stime assommano totalmente l’80% dei tifosi nel Paese – hanno perso complessivamente 460 milioni a bilancio. Infatti solo dopo che Calcio e Finanza ha svelato il rosso del Milan (-66 milioni, con i conti saranno approvati nell’assemblea a fine ottobre) è infatti possibile tirare questa somma, visto che i passivi di Inter (-140 milioni) e Juventus (-254 milioni) erano già stati resi noti.

Si tratta evidentemente di una perdita monstre, tra le più grandi mai registrata complessivamente (nel 2020/21 era stata pari a -552 milioni di euro), visto che il rosso del club bianconero è il maggiore mai registrato da un club calcistico italiano nella storia di questo sport. Batte infatti di poco meno di 10 milioni la perdita (245 milioni) fatta segnare nel 2020/21 dall’Inter.

Detto questo, potrà sembrare paradossale ma forse la situazione forse è migliore di quanto possa apparire. O quantomeno di qualche anno fa visto che tutti i club, chi prima e chi più tardi sembra essersi accorto che non è più possibile non instradarsi lungo la via della sostenibilità di bilancio, E soprattutto perché i fondi americani, che certo non sono enti di beneficenza, sono tornati a corteggiare la Serie A intravedendo evidentemente potenziale di guadagno da questo prodotto.

Entrando nel dettaglio, va per prima cosa specificato che non è giusto fare di tutta un’erba un fascio, visto che le situazione di Inter, Milan e Juventus sono molto diverse tra loro.

La società rossonera è senza dubbio quella più avanti nella strada del risanamento. Il club, sotto la guida del fondo Elliott, registrò un rosso record di 194,6 milioni nel 2019/20 caricando su quel bilancio anche molti dei costi che potevano essere trasferiti ad altri rendiconti. Da quell’esercizio le perdite rossonere sono sempre andate in calando anche grazie a un sapiente taglio del monte ingaggi e degli ammortamenti che non ha impedito la competitività sportiva. Il Milan per altro, particolare non certo secondario, è stato venduto senza debiti a Gerald “Gerry” Cardinale che ora dovrà portare avanti l’opera iniziata dalla società di Paul Singer: proseguimento nel risanamento dei conti e incremento della competitività sportiva.

Ciò che è interessante sul fronte Milan è che per la prima volta una grande società italiana viene acquistata da un fondo di private equity (in questo caso specializzato nello sport e nell’entertainment) vero e proprio. Elliott era entrato nel capitale quasi di non sua volontà ma perché aveva in pegno le azioni dalla precedente proprietà che non aveva rispetto i pagamenti goduti.

Quella di Cardinale è invece una scelta vera e propria ed è quindi significativa del fatto che il manager ex Goldman Sachs si è impegnato verso i suoi investitori a ritornare il capitale (con plusvalenza) in un orizzonte temporale tipico del private equity che va in media dai cinque ai sette anni. Se riuscirà oppure no lo dirà il tempo. Nello stesso tempo non si deve assimilare questa operazione a quella dei Friedkin sulla Roma. L’imprenditore texano infatti è titolare di una impresa di famiglia e non di un fondo e quindi il suo orizzonte temporale è molto più lungo.

La Juventus, come si diceva, ha registrato la perdita maggiore non solo della sua storia ma della storia di tutto il calcio italiano. Detto questo è evidente come già nell’ultima sessione di mercato il club presieduto da Andrea Agnelli abbia imboccato la via della svolta verso la sostenibilità di bilancio visto che l’ultimo mercato – che quindi entra nel bilancio 2022/23 – è stato chiuso in attivo per oltre 90 milioni.

Ma, come sempre, quel che più conta in casa bianconera è che alle spalle di tutto vi è come socio di riferimento, Exor, ovvero la holding della famiglia AgnelliElkann che nel 2023 compirà un secolo come proprietaria della squadra torinese e che rappresenta la proprietà più longeva di tutto lo sport mondiale.

La sicurezza, economica e non solo, che la dinastia Agnelli ha dato al club nel corso di questi 100 anni non è stata soltanto alla base dei successi sportivi della società ma anche una garanzia nei momenti di bassa della società che non a caso sono stati molto minori rispetto quelle delle due concorrenti storiche milanesi (la retrocessione in Serie B post Calciopoli è stata un fatto di natura legale, non economica).

Più complessa invece è la situazione dell’Inter. Il club nerazzurro, dopo avere registrato un rosso record nella scorsa stagione (dove come il Milan l’anno precedente ha caricato costi che sarebbero potuti essere iscritti su altri bilanci), ha intrapreso un percorso di risanamento che è passato attraverso i sacrifici Lukaku e Hakimi e che hanno permesso al bilancio 2021/22 di chiudere con un netto calo delle perdite, scese a 140 milioni. Quest’anno però le maxi plusvalenze preventivate non sono riuscite (il gioco Skriniar al PSG per prendere Bremer non è andato a buon fine) almeno finora, considerando che c’è ancora il mercato di gennaio e il mese di giugno per concludere eventualmente operazioni in uscita: bisognerà vedere quindi come si chiuderà il rendiconto in corso.

In capo a questo l’Inter siede su un indebitamento finanziario netto tra i 300 e i 400 milioni con debiti per complessivi 900 milioni, cosa che comporta tra le altre una spesa solo per interessi di circa 30 milioni di euro l’anno. Mentre nel 2024 scadrà il pegno con il fondo Oaktree. Insomma delle tre è sicuramente quello con il futuro meno chiaro. Tanto che non si placano le indiscrezioni su possibili cessioni del club da parte degli Zhang. L’ultima delle quali arrivata in redazione parla di una grossa offerta arrivata da un gigante straniero in questi giorni per il 100% del capitale. I possibili acquirenti non vorrebbero soci di minoranza significativi e quindi gli Zhang dovrebbero uscire totalmente. Tanto più che come svelato da Calcio e Finanza, Suning.com al 30 giugno 2022 aveva oltre 4 miliardi di euro in debiti scaduti con dubbi sulla continuità aziendale e per rientrare ha previsto cessioni di partecipazioni in società.

I FONDI TORNANO ALLA CARICA

In questa situazione, come si diceva, la Serie A tuttavia non smette di attirare l’attenzione dei fondi statunitensi, molti dei quali considerano il calcio italiano un prodotto sottovalutato rispetto alle proprie potenzialità. La nuova partita sui diritti televisivi (ciclo 2024-2027) sta già iniziando a scaldarsi con l’approvazione delle linee guida nelle scorse settimane. Tanto che quattro fondi di private equity hanno già manifestato interesse per l’entrata nel capitale di una possibile media company. Nei fatti riprendendo le file del percorso che la Serie A aveva iniziato per prima nel 2020 ma che aveva abbandonato perché, in parte osteggiato da alcuni club, aveva preferito accettare una offerta per così dire tradizionale, quella di DAZN più Sky che venne reputata soddisfacente.

Quel modello, ideato dall’ex presidente della Lega Paolo Dal Pino, è poi stato adottato sia in Spagna sia in Francia facendo affluire soldi freschi nelle case dei club di Liga e Ligue 1. In Spagna in particolare i fondi hanno versato 2,1 miliardi per il 10% della media company che commercializza i diritti tv della Liga per i prossimi 50 anni. In Francia l’operazione è stata di 1,5 miliardi per 13% anni. Mentre in Germania ne stanno discutendo l’entrata.

Due anni fa gli acerrimi nemici dell’idea di Dal Pino furono, per motivi diversi, il presidente della Lazio Claudio Lotito e quello del Napoli Aurelio De Laurentiis, due società che i detrattori dipingono come gestite in maniera vecchia, ma che in realtà guardando ai bilanci non hanno nulla da imparare dalle Big 3 se non forse da insegnare (e non solo su quello forse considerando come il Napoli mai come quest’anno sembri poter puntare allo scudetto).

Cosa succederà? L’intento della Lega è poter assegnare i pacchetti per i diritti tv entro giugno e inevitabilmente la partita è destinata a scaldarsi. Ma il punto è se il calcio italiano, con tutti i problemi che ha (stadi vecchi, bilanci, rischio recessione in arrivo) può davvero permettersi di rifiutare una ingente iniezione di cassa quando (considerando la Premier League fuori portata) i suoi concorrenti principali – sicuramente Liga e Ligue 1 e forse Bundesliga – ne stanno già usufruendo.