In qualsiasi forma di mercato l’acquirente ha due possibilità di reazione per far fronte a un acquisto che non ha soddisfatto le aspettative. Da una parte può lamentarsi con il venditore, esercitando il meccanismo che gli economisti definiscono voice; dall’altra può semplicemente smettere di accordare la propria preferenza a quel venditore, scegliendone un altro e quindi applicando il meccanismo cosiddetto di exit.
Una dicotomia che però non è applicabile nel mondo del calcio: se un tifoso non è soddisfatto delle scelte societarie della propria squadra il solo meccanismo applicabile è il voice, la protesta.
Sì perché l’abbandono, l’exit non è infatti previsto: una volta che si sceglie la propria squadra del cuore – fatto che avviene ragionevolmente durante l’infanzia – non la si abbandonerà mai, tutt’al più, scatterà un senso di disaffezione, un blando allontanamento ma in ogni caso mai definitivo.
La premessa è doverosa per inquadrare la riflessione di partenza alla base del Football Affairs di questa settimana, che il direttore Luciano Mondellini, ha dedicato al passaggio – e alle sue conseguenze – di Gleison Bremer dal Torino alla Juventus.
Football Affairs Bremer e le scelte di Cairo – la difficile rivalità con la Vecchia Signora
L’acquisto del difensore brasiliano da parte della Vecchia Signora non è stato solo un gran colpo di mercato e un touché alla campagna acquisti dell’Inter a cui Bremer è stato “soffiato”: è stato – o almeno sarebbe dovuto essere – vissuto come uno smacco dalla tifoseria Granata che vive nei tifosi dei cugini bianconeri una rivalità senza eguali.
Questo perché a differenza di altre città contese tra due club, Torino fa un discorso a sé: la sponda granata vive di un passato glorioso sempre più lontano e di un lungo presente caratterizzato da risultati mediocri. Quella bianconera, invece, è abituata a lottare ai massimi livelli in tutte le competizioni in cui milita e ad aggiudicarsi, se non ogni anno quasi, top player nella sua rosa.
Eppure l’operazione Bremer non ha scatenato così tanto l’ira dei tifosi del Toro, come ci si poteva aspettare, di consueto tanto facili alla critica verso il loro presidente, Urbano Cairo. Il meccanismo voice, di cui sopra, è stato dunque poco esercitato ma perché?
Football Affairs Bremer e le scelte di Cairo – il cuore Granata
Tante le possibili ragioni sul tavolo, da una sorta di rassegnata accettazione a veder andar via giocatori di primo piano verso altri lidi – compresi quelli tanto odiati tinti di bianconero – fino ad arrivare a una criticità più strutturale, ovvero che tra le nuove leve, i giovani e giovanissimi, il tifo granata attecchisca sempre meno.
In chiusura un passaggio che torna volutamente alla riflessione iniziale. Esiste infatti un terzo meccanismo di risposta per un servizio che rende insoddisfatti: il loyalty, il legame di fiducia così radicato e profondo dallo spingere il consumatore a restare legato al venditore anche di fronte a scelte che non capisce o condivide.
Che sia scattato un processo del genere nel tifo granata, da accettare le scelte di Cairo, anche senza capirne nell’immediato la grande lungimiranza imprenditoriale?
Non esistono risposte assolute ma queste considerazioni possono trovare senz’altro spazio con il Football Affairs di domani.