Le forze emergenti: Palermo, Monza e il calcio femminile

L’acquisizione del pacchetto di maggioranza del Palermo da parte del City Football Group, ovvero la società guidata dagli sceicchi di Abu Dhabi che controlla oltre al Manchester City e ai rosanero anche altre nove squadre in giro per il mondo, permette al calcio italiano di ottenere un grande risultato.

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Football Affairs
(Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images)

L’acquisizione del pacchetto di maggioranza del Palermo da parte del City Football Group, ovvero la società guidata dagli sceicchi di Abu Dhabi che controlla oltre al Manchester City e ai rosanero anche altre nove squadre in giro per il mondo, permette al calcio italiano di ottenere un grande risultato. In primo luogo mette in sicurezza una piazza importantissima per il movimento visto che il capoluogo siciliano è la quinta città d’Italia per popolazione senza contare che il bacino di utenza dei suoi tifosi si estende almeno a tutta la Sicilia occidentale oltre naturalmente ai panormiti (per dirla con la grande e storica firma di Tuttosport Vladimiro Caminiti) sparsi in giro per il mondo.

In seconda istanza, visto che l’ambizione non nascosta della nuova società rosanero è quella di una pronta ascesa nella categoria superiore per restarvi in pianta stabile, in ottica prospettica la Lega Serie A si arricchirà di una delle proprietà più importanti al mondo.

E questo fa il paio con il fatto che già quest’anno sono arrivate altre due proprietà di prim’ordine in termini di business: ovvero la Fininvest di Silvio Berlusconi col Monza e quella di Giovanni Arvedi con la Cremonese. Ora bisognerà vedere se l’impegno del magnate dell’acciaio con i grigiorossi – che al momento appare dettato di più da atto di amore verso la propria città piuttosto che mosso da modalità di business – permetterà alla squadra lombarda di stare in Serie A per lungo tempo come all’epoca dell’indimenticato presidente Domenico Luzzara. Quel che è molto plausibile invece è che Palermo e Monza faranno parte della nuova serie A nei prossimi anni. Non a caso lo stesso Adriano Galliani, amministratore delegato del club brianzolo, ha dichiarato che l’obiettivo per la prima stagione dei biancorossi in Serie A è il 10° posto. Mentre per i sogni di gloria del Palermo, v’è da notare come ha svelato Calcio e Finanza che l’obiettivo europeo rischia di essere limitato, considerando che il City Football Group controlla anche il Manchester City e che l’UEFA vieta a due club con lo stesso proprietario di disputare la stessa competizione europea.

Palermo al City Football Group: i più ricchi al mondo presto in Lega Serie A?

Entrando nello specifico del caso Palermo, va detto che le altre squadre europee del City Football Group hanno raggiunto buoni risultati sportivi (il Girona in Spagna è stato appena promosso nella Liga, il Troyes in Francia ha ottenuto a promozione del 2020/21 in Ligue 1 anche se la scorsa stagione ha terminato al 15° posto) ma con il Palermo il City Football Group, vista la grandezza della piazza, può fare un salto di qualità anche nel Vecchio continente, dopo che negli Usa il New York City ha vinto la MLS nel 2021, il Melbourne City in Australia ha conquistato il titolo nel 2020/21 così come il Mumbay City in India mentre lo Yokohama Marinos ha trovato il successo in Giappone nel 2019.

Strumentale perché il City Football Group mettesse gli occhi sul sodalizio rosanero è stato Alberto Galassi, dal 2014 amministratore delegato del gruppo Ferretti (yacht e nautica di lusso) che da anni siede nel CdA del City Football Group. Tifoso del Milan (anche se è plausibile pensare che presto le sue simpatie si coloreranno solo di rosanero) e amico di Lapo Elkann, Galassi è il genero di Piero Ferrari (il figlio del Drake che dopo Exor è il secondo azionista della scuderia di Maranello con il 10,3%) ed è anche un manager atipico: in qualche occasione, soprattutto a margine delle grandi fiere della nautica di lusso (tipo il Cannes Yachting Festival di Cannes o la Boot Düsseldorf di Duesseldorf) non ha disdegnato di salire sul palco prendere il microfono e iniziare a cantare. Ma questo non ne lima in nessun caso il valore professionale, anzi. Dal 2014 alla guida di Ferretti, Galassi ha portato il gruppo nautico dai 368 milioni di ricavi al 31 dicembre 2014 a 898 milioni nel 2021, con una crescita del 144%, riportando anche i conti in utile dopo il -45 milioni del 2014 fino al +37 milioni del 2021. E dopo i problemi dell’Ipo in Italia nel 2019, il gruppo dallo scorso marzo è quotato alla Borsa di Hong Kong, chiudendo l’Ipo a 206 milioni di euro.

Non è un caso insomma che gli sceicchi, dopo averlo conosciuto ai tempi di Piaggio Aero (società ai tempi di Piero Ferrari) lo abbiano voluto prima nel CdA di City Football Group e ora anche in quello del Palermo dove, come svelato da questa testata in settimana, insieme al presidente Dario Mirri sarà l’anima italian del management accanto a Brian Marwood (Managing Director of Global Football del City Football Group), Simon Richard Cliff (General Counsel del City Football Group) e Diego Gigliani Uriarte (Managing Director of Emerging Clubs del City Football Group).

L’acquisizione del Palermo in Serie B segnala inoltre una sorta di punto di svolta che comincia a balenare in quella finanza internazionale che guarda al calcio europeo in maniera sempre più interessata. In particolare quella statunitense. I fondi americani infatti sinora si sono concentrati sull’acqusizone di squadre delle prime divisioni europee attratti dai corposi contratti sui diritti tv. Però, soprattutto nel caso di investitori che hanno acquisito squadre medio-piccole, il progetto pluriennale si è scontrato con la dura realtà del pallone europeo che prevede, a diffrenza degli sport USA, retrocessioni e promozioni.

Si pensi, per restare in Italia, ai casi di Parma e Genoa precipitate in Serie B lo stesso anno in cui sono passate in mano a gruppi stranieri. Nei fatti il progetto pluriennale invece di progredire ha subito un indietreggiamento con l’incertezza ulteriore che la pronta risalita in Serie A non è scontata. Di qui la nuova tendenza, svelata da alcuni investitori a Calcio e Finanza, di guardare a piazze nelle serie minori, pagare meno le società obiettivo e investire parte del denaro risparmiato nel rafforzamento della squadra per avere ragionevoli speranze di risalita per arrivare con meno spesa al paradiso dei diritti tv garantitati dalla massima serie.

Si tratta di sfruttare in maniera inversa il meccanismo promozioni retrocessioni e di passare dall’incubo retrocessione alla speranza promozione. E in effetti si tratta della vecchia ricetta di manager esperti del nostro calcio quali Aurelio De Laurentiis (Napoli e Bari) o Galliani e Berlusconi (Monza, anche se in questo caso la cura è stata accelerata e anche Galliani ha ammesso che il club brianzolo non ha potuto guardare alla sostenibilità finanziaria nella sua fase di start-up). E non a caso nel mondo anglosassone dove queste tematiche sono più avanzate, l’idea è già ampiamente sviluppata: il caso più noto è quello degli attori Ryan Reynolds e Rob McElhenney, che hanno acquistato nel novembre 2020 i gallesi del Wrexham (ma affiliati al calcio inglese, con la possibilità quindi di venire promossi in Premier League) per circa 2 milioni di euro, con il club che oggi gioca in Nations League (la quarta serie inglese).

Il modello di promozioni e retrocessioni attira soprattutto chi può permettersi investimenti non esagerati e punta ad accedere alla ricchezza della Premier League: anche perché le regole per acquisire un club sono meno stringenti rispetto alla massima serie e possono bastare da 5 a 25 milioni per cercare di iniziare il sogno della scalata verso i corposi diritti tv della Premier. E ci sono casi anche che riguardano proprietari italiani, come la famiglia Pozzo con il Watford e Raddrizzani con il Leeds, entrambi acquistati quando le squadre erano in Championship con investimenti ridotti e poi portate fino alla Premier League.

L’importante è trovare un club che abbia una validità in termini economici, che possa essere per esempio un affare in termini di prezzo, o di situazione di bilancio oppure avere una identità forte e un numero di tifosi tale da potre sviluppare una forte attività di marketing. Si pensi soltanto se Giulini dovesse decidere di vendere il Cagliari, in quel caso è molto probabile che ci sarebbe la corsa dei fondi per accaparrarsi una squadra che può vantare una identità unica, quasi fisica, visto che, insieme alle attrattività turistiche dell’isola, è il biglietto da vista più noto dell’intera Sardegna.

Calcio femminile professionista: può essere una ulteriore fonte di ricavi

Sempre in materia di nuove tendenze va segnalato come dallo scorso 1 luglio sia finalmente entrato in vigore il professionismo per il calcio femminile. Una fatto sacrosanto da un punto di vista etico e giuslavoristico visto che, come ebbe a sottolineare la capitana della Juventus e della Nazionale Sara Gama sino ad ora le giocatrici giocavano senza tutele riconosciute, come l’assicurazione e la pensione. E non solo, perché al di là dell’aspetto etico e politico, ora il calcio femminile ha anche la possibilità di diventare un canale di ricavi rilevanti: in Inghilterra d’altronde l’esordio della Nazionale agli Europei ha fatto registrare il soldout all’Old Trafford di Manchester, mentre al Camp Nou di Barcellona sono arrivati addirittura 91.553 tifosi per il clasico tra le blaugrana e il Real Madrid in Champions League, nuovo record storico per il calcio femminile.

Visto la grande differenza tra il monte ingaggi di una squadra femminile e la stessa squadra in versione maschile, il calcio femminile potrebbe presto rivelarsi un affare. Se i tifosi perché legati a quel club iniziano anche ad affollare gli spalti per la sezione femminile, la leva può essere così proprio il botteghino, considerando che, di fatto, le entrate da matchday soprattutto per il calcio femminile possono essere tutto margine (a parte i costi strutturali per aprire un impianto). Insomma la sensazione è almeno in certi Paesi il calcio femminile possa diventare anche un nuovo canale di ricavi per i club sempre più assetati di soldi.