La procura di Milano ha chiuso le indagini nei confronti di dieci ultrà del Milan, tra i 23 e 50 anni, accusati di lesioni perché in occasione del derby dello scorso 5 febbraio erano scesi dal loro settore, il secondo anello blu, in quello sottostante, il primo blu, aggredendo una decina di tifosi interisti.
Alcuni sostenitori nerazzurri, tra cui un padre allo stadio con il figlio, avevano tirato e preso due bandiere del Milan perché impedivano loro la visione della partita, conclusasi poi con la vittoria dei rossoneri per 2 a 1. Un tifoso interista ne aveva recuperata una e rivolgendosi verso l’anello superiore aveva sfottuto i rivali. Un gesto che aveva scatenato la reazione violenta degli esponenti della curva Sud rossonera, poiché nel “codice” del tifo organizzato il furto degli striscioni e vessilli è considerato uno sfregio.
Nell’immediatezza gli investigatori della Digos avevano denunciato a piede libero due ultrà di 25 e 50 anni del gruppo composto da una ventina di uomini tutti vestiti di nero e incappucciati. Le successive indagini, coordinate dal pm Francesca Crupi, hanno portato all’identificazione di altri otto ultrà attraverso la visione delle telecamere di sicurezza installate nell’impianto.
Tra le persone aggredite c’era anche una donna di oltre 60 anni a cui era stato rotto il naso e per cui aveva ricevuto una prognosi di 10 giorni. L’unica che era ricorsa alle cure mediche dopo il raid.
Oltre al reato di lesioni agli indagati è contestato anche lo scavalcamento di settore previsto dall’articolo 6-bis della legge 401 del 1989.