Non c’è solo il tema San Siro tra le questioni in sospeso per il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Infatti in una relazione di 43 pagine i magistrati della sezione regionale di controllo della Corte dei conti hanno evidenziato le pesanti criticità e gli squilibri nei bilanci della Città metropolitana.
Come riporta il Corriere della Sera, i punti chiave della relazione sono: una capacità di riscuotere multe e tributi drammaticamente bassa; la cessione delle quote della Brebemi che ha provocato una perdita secca di quasi due milioni; il peso di vecchi contratti derivati, risalenti agli anni Duemila; la rinegoziazione di due mutui che nel complesso avrà un costo aggiuntivo di 11 milioni. Per quanto riguarda le multe, la riscossione oscilla tra il 5 e il 32 per cento di quanto dovrebbe entrare nelle casse.
Nella cessione delle quote dell’autostrada Brebemi è stata registrata una «minusvalenza» di circa 1.855.000 euro. La Città metropolitana di Milano a giugno 2021 ha ceduto ad «Aleatica Sau», società di un grande fondo internazionale che investe in infrastrutture e che nel 2020 ha acquisito da Intesa San Paolo il controllo di «Autostrade lombarde Spa», la propria partecipazione nella società (poco più dello 0,6%), che in bilancio aveva un valore di 3.125.000 euro, ma è stata ceduta per 1.270.000 euro.
Ciò che pesa maggiormente nei conti dell’ex Provincia sono però gli otto «contratti di finanza derivata». Nella relazione della Corte dei conti si legge: «Nel periodo considerato, la Città metropolitana ha corrisposto complessivamente oneri per 231.704.990 euro, di cui 80.270.185 euro ai creditori per il pagamento degli interessi sul debito contratto, e 151.434.804 euro alle banche per effetto dei contratti derivati stipulati». I derivati, in modo ancor più sintetico, «hanno quasi triplicato l’onere del debito per il bilancio pubblico dell’ente».
Negli anni 2000 la Provincia di Milano, come molti altri enti locali, iniziò a indebitarsi per centinaia di milioni di euro, per mantenere o aumentare la propria capacità di spesa. Come spiega il Corriere della Sera, i contratti con le banche si basavano sul concetto di swap, ovvero l’ex Provincia avrebbe pagato alle banche un tasso fisso (tra il 4 e il 5 per cento), per mettersi al riparo dal possibile rialzo dei tassi, mentre la banca avrebbe pagato alla Provincia in base al tasso variabile. Una strategia che si è poi rivelata fallimentare perché l’ente è rimasto inchiodato al tasso fisso, ma i tassi reali hanno iniziato a scendere e quindi a guadagnarci sono state solamente le banche.