C’è una novità per quanto riguarda la presidenza della Serie A: due norme sbarrerebbero la strada di uno o forse due dei tre candidati rimasti in lizza dopo la rinuncia del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Si tratta soprattutto – scrive La Gazzetta dello Sport – di Lorenzo Casini, capo di gabinetto del ministero della Cultura, il cui nome sarebbe stato spinto da De Laurentiis.
Dall’altra parte il candidato Mauro Masi, anche lui con una posizione da verificare come presidente della Consap (la Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici). Ci sono due riferimenti legislativi almeno apparentemente invalicabili, con cui fare i conti.
In pratica, secondo il decreto legislativo 165/2001 i dipendenti che negli ultimi tre anni hanno esercitato «poteri autoritativi e negoziali» per le pubbliche amministrazioni (come il Mibact), «non possono svolgere attività lavorativa o professionale presso i soggetti destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri».
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Il decreto legislativo 39/2013 aggiunge che «sono considerati dipendenti anche i soggetti titolari di uno degli incarichi con un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo». Casini – spiega la Gazzetta – ha avuto a che fare con il calcio in occasione dell’inserimento della ristrutturazione dello stadio Franchi di Firenze nel Pnrr con un finanziamento di 95 milioni di euro ed è stato interlocutore della Fiorentina per l’ottenimento dei permessi necessari per il nuovo centro sportivo di Bagno a Ripoli.
Circostanze che consigliano quantomeno un approfondimento presso l’Anac (l’Autorità Anti corruzione) sulla sua candidabilità. Il tempo però stringe e non è chiaro se ci siano modi e spazi di attendere una verifica di questo tipo.
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