Dopo 35 anni Pistocchi lascia Mediaset: «Ora un programma nuovo»

Dopo 35 anni di carriera in Mediaset, protagonista di storici programmi calcistici (L’appello del martedì, Pressing, Guida al campionato, Settimana Gol), Maurizio Pistocchi ha annunciato che è finita la sua…

Pistocchi Mediaset

Dopo 35 anni di carriera in Mediaset, protagonista di storici programmi calcistici (L’appello del martedì, Pressing, Guida al campionato, Settimana Gol), Maurizio Pistocchi ha annunciato che è finita la sua esperienza professionale nella Tv di Cologno Monzese. Il 30 giugno sarà il suo ultimo giorno di lavoro.

«Anche la storie d’amore belle finiscono, la mia con Mediaset è durata tantissimi anni, ma il rapporto per tanti motivi era stato compromesso da quello che era successo nel 2017. Adesso abbiamo trovato un accordo che è una via sempre migliore rispetto a litigare», ha esordito in una lunga intervista rilasciata a Il Corriere della Sera.

La chiacchierata verte subito sui suoi screzi con l’azienda, e sulla possibilità che dietro ci fosse la Juventus, che secondo indiscrezioni avrebbe posto un “veto” su di lui: «Nessuno ha mai smentito questa ricostruzione, quindi evidentemente era vera. Certo è perlomeno strano che un’azienda preferisca pagare dei collaboratori esterni piuttosto che utilizzare un suo dipendente “storico” come è successo negli ultimi 4 anni».

Per Pistocchi, parte del giornalismo sportivo in Italia vive con sudditanza: «Una delle grandi anomalie del calcio italiano è che la Juventus è la squadra più importante del nostro campionato, ma è anche proprietà di un’azienda che investe in pubblicità oltre 100 milioni di euro su radio, tv e giornali. Con un investitore tanto importante è inevitabile che ci sia chi ne tiene conto».

A tal proposito, del “Club” di Caressa Pistocchi dice: «È un programma interessante che potrebbe essere molto meglio», questo perché, secondo il giornalista, «a Sky hanno fatto una scelta diversa, più pilatesca: lì c’è sempre molta cautela nella gestione degli argomenti arbitrali e politici».

Stesso discorso per Dazn: «Anche loro hanno lo stesso problema, ora che hanno preso la Serie A devono fare abbonati, ma non credo diventerà una tv corsara, si rivolgerà al pubblico più o meno nella stessa maniera, con molta diplomazia».

Poi, a proposito del suo futuro, spiega: «Ho avuto qualche contatto, ho ricevuto qualche telefonata con proposte più o meno interessanti. Non so ancora cosa farò, cerco qualcosa di gratificante e innovativo, ho in mente il progetto di un programma nuovo, credo sarebbe interessante perché vedo che non circolano tante idee originali. Difficile vedermi a Dazn, per i motivi che ho spiegato prima. Non sono mai stato un politico, se cercano una persona così non sono la persona giusta».

Tornando all’attualità, un parere sulla Superlega: «Il concetto alla base dello sport deve essere sempre la meritocrazia, ma se andiamo a vedere il ranking Uefa nelle prime posizioni ci sono quasi tutte le squadre che erano alla base della SuperLega. L’errore è stato chiudere questa lega e stabilire dei posti fissi, che in realtà ci sarebbero comunque, ma che non si possono garantire aprioristicamente», ma «la sconfitta della SuperLega non è certo la vittoria del calcio dei poveri».

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Su Agnelli e le ipotesi di dimissioni: «Credo che abbia esposto la Juventus e il nome della famiglia in una maniera difficilmente accettabile. Penso che John Elkann sia in grande difficoltà anche considerando la gestione discutibile della Juve dal punto di vista finanziario con una situazione debitoria molto pesante. E poi penso che la posizione di Andrea Agnelli nei confronti del calcio mondiale sia molto precaria dopo quello che è successo».

In chiusura, una battuta sui migliori telecronisti, che per Pistocchi sono «Piccinini, Marianella e Caressa, sono loro i tre piu bravi. Tra i nuovi Callegari e Zancan». Mentre sulle seconde voci dice: «Trovo che il livello medio dei commentatori sia generalmente buono. Serena è bravo, non è invasivo; mi piacciono Balzaretti, Tiribocchi e Costacurta come opinionista; mi piace Ambrosini, anche lui molto competente, deve lavorare sulla personalità. Pure Bergomi è bravo, anche se per i miei gusti è un po’ troppo prete: se lo vesti di nero con un colletto bianco sembra uscito da un seminario».