Vivendi tende la mano a Mediaset per una tv europea

Alla fine della pandemia in Europa nascerà un colosso televisivo dall’inflessione francese, come «Viviset», o lombarda, stile «Mediandi», magari con una finale accentata? La…

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Alla fine della pandemia in Europa nascerà un colosso televisivo dall’inflessione francese, come «Viviset», o lombarda, stile «Mediandi», magari con una finale accentata? La domanda non è fantasiosa, perché non è affatto escluso che il 2021 possa essere l’anno in cui muoverà i primi passi una nuova televisione.

E’ almeno quello che sperano a Vivendi, il cui board, secondo quanto ha riportato oggi in prima pagina da MF-Milano Finanza, ha scritto una nuova lettera al cda di Mediaset, la terza in pochi mesi, per tendere il ramoscello d’ulivo finale all’impero di Silvio Berlusconi, con cui il gruppo francese di Vincent Bolloré è in guerra legale, finanziaria e, da poco, politica (per l’ormai famoso emendamento blinda-Biscione).

Il tema della missiva, a firma del cfo della holding Hervé Philippe, e recapitata una quindicina di giorni fa a Pier Silvio Berlusconi e a tutto il cda dell’azienda di Cologno Monzese, è semplice: sediamoci a un tavolo e firmiamo finalmente la pace, senza terzi di mezzo.

La distensione alla francese, scrive Mf, poggia su tre punti fondamentali: la chiusura delle vicende processuali che hanno infiammato i fori di mezz’Europa e la prosecuzione del progetto di tv europea Mfe, ma doverosamente col rispetto di tutti i soci (gli scriventi); un solido accordo commerciale tra la holding transalpina e l’azienda italiana con una corposa fornitura di spazi pubblicitari e advertising; la costituzione, e questa è la novità vergata da Philippe, di una joint venture per affrontare il mercato televisivo da pari a pari, una volta che sarà terminata la crisi pandemica.

Ed è proprio il terzo passaggio della lettera, cui ancora non è stata data risposta e che sarà al centro del cda di Vivendi proprio oggi, come fanno notare alcuni addetti ai lavori di Bruxelles, a rendere meno avveniristi- co l’incipit di questo articolo e il futuro delle due aziende. Che poi, trattandosi di personaggi del calibro di Bolloré e Berlusconi, può sempre riservare sorprese.

Va precisato che la lettera sarebbe partita proprio nei giorni in cui il governo Conte appoggiava il famoso emendamento che di fatto congela la situazione in Mediaset (di cui Vivendi ha il 29%) per un semestre intero sotto l’occhio vigile dell’Autorità per le Comunicazioni. Dunque prima che si scatenasse la gazzarra politica all’interno della maggioranza giallorossa, perché non è ancora chiaro chi abbia voluto quella norma al decreto Emergenza Covid (non ancora approvata e forse in fase di revisione) né all’interno dell’esecutivo (il premier e Silvio Berlusconi non si sentono da mesi, dopo aver avuto colloqui intensi invece durante il primo lockdown) né dentro la stessa Mediaset, dove Gianni Letta sarebbe rimasto di sasso per non essere stato informato dell’operazione.

Ma qui non rileva chi abbia davvero lavorato col governo e col ministero dell’Economia per proporre un emendamento che, in osservanza di una sentenza della Corte di Giustizia Ue, mette un freno a pur impossibili scalate della tv berlusconiana ma anche a qual- siasi altro soggetto editoriale italiano. Rileva che, secondo quanto scrive MF-Milano Finanza, la Commissione Ue avrà invece questa settimana un incontro con Palazzo Chigi per chiarire la portata di quella norma, bol- lata dal M5S come il preludio di una nuova maggioranza di governo allargata a Forza Italia.

La realtà sarebbe molto diversa. Come si fa strada la possibilità che quel tipo di blindatura, su un’azienda peraltro controllata al 51% da Fininvest, alla fine non serva. Almeno fino a quando non sarà siglata la pace televisiva con la nascita di un nuovo network italo-francese e con il beneplaci- to di tutta la famiglia Berlusconi, dei vertici e degli azionisti. La lettera di Vivendi ha questa finalità.