La decisione finale arriverà mercoledì 18 novembre quando è in programma l’assemblea di Lega Serie A in cui la commissione negoziale –composta dal presidente della Juventus Andrea Agnelli, da quello del Napoli Aurelio De Laurentiis, dal vicepresidente dell’Udinese Stefano Campoccia e dai ceo di Roma e Bologna Guido Fienga e Claudio Fenucci, oltre all’ad della Lega Serie A Luigi De Siervo – renderà nota la decisione presa dall’ente che raggruppa i 20 club di Serie A circa la proposta dei fondi di private equity Cvc, Advent e Fsi per la costituzione di una newco che gestirà i diritti tv del massimo campionato italiano per i prossimi dieci anni.
Quale che sarà la decisione, una cosa appare certa: mai come ora, quantomeno negli ultimi anni, la Lega sembra stare vivendo un momento di cambiamento epocale. E non solo per il sempre più probabile ingresso dei fondi di private equity nello sport più popolare e amato d’Italia.
Nelle ultime stagioni infatti il presidente della Lazio Claudio Lotito aveva sempre rappresentato un punto di riferimento importante, se non il punto di riferimento tout court, per molti suoi colleghi, in particolare dei club medio-piccoli. Sia perché Lotito non ha mai lesinato energia nel prendersi carico di impegni di categoria -“è come quando in condominio c’è uno dei padroni di casa che si assume la responsabilità di sbrigare tutte le incombenze che spettano all’immobile”, ha spiegato a Calcio e Finanza un presidente di una società di Serie A. Sia perché le entrature del patron biancoceleste nei palazzi romani hanno sempre fatto comodo all’intera categoria.
Come hanno riferito a Calcio e Finanza fonti molto qualificate, però, questo scenario è cambiato. La gestione dell’emergenza Covid – non solo in questa seconda fase ma anche in quella iniziale della primavera scorsa- ha alienato molte delle simpatie su cui Lotito poteva contare da parte dei piccoli club. Stante anche il fatto che questi sono sempre più preoccupati perché con l’emergenza pandemia vedono il baratro finanziario sempre più prossimo.
Nello stesso tempo un discorso analogo si può fare anche per il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, che sebbene su posizioni non sempre in linea con il patron della Lazio, ha comunque rappresentato un’anima importante nelle assemblee di Lega di quella fazione composta da presidenti-padroni che numericamente sono la maggioranza tra i 20 club di di Serie A.
Il punto è, continua la fonte, che, tolti i grandi club, il ventre molle dei club di Serie A ha bisogno di essere guidato e di avere un punto di riferimento. In questo scenario, prosegue, il candidato ideale per forza del club, per i successi conseguiti sul campo, per storia e blasone, sarebbe Andrea Agnelli. Ma il presidente della Juventus, che è anche il numero uno dell’Eca (l’associazione che raggruppa i principali club europei), sembra più concentrato sulle questioni internazionali che non su quelle italiane. D’altronde il giudizio del presidente bianconero sulla categoria è stato abbastanza tranchant. “Se in Lega fossimo normodotati, non avremmo bisogno di terzi per sviluppare il nostro business”, ha detto recentemente Agnelli sostenendo l’ingresso dei fondi di private equity nel mondo del pallone.
A scalare i candidati per questo ruolo sarebbero Beppe Marotta e Paolo Scaroni, rispettivamente amministratore delegato dell’Inter e presidente del Milan. Ma entrambi non hanno il dna di essere i “padroni” dei propri club, né tantomeno sembra papabile il ceo rossonero Ivan Gazidis, che, in quanto non italiano, appare una sorta di alieno per i suoi colleghi. Tanto che alle assemblee di Lega è Scaroni a rappresentare il club di proprietà del fondo Elliott.
In questo scenario, spiega la fonte, il duo formato dal presidente di Lega Serie A Paolo Dal Pino e dall’amministratore delegato Luigi De Siervo sembra aver trovato una intesa che mai si era vista sinora, quasi a voler riempire quel vuoto di potere di cui sopra. Durerà?