Il peso della retrocessione: scendere dalla B porta al dissesto

Il caso Trapani ha portato alla luce un trend preoccupante: chi retrocede dalla Serie B, se non ha le spalle larghe e le casse piene, va…

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Il caso Trapani ha portato alla luce un trend preoccupante: chi retrocede dalla Serie B, se non ha le spalle larghe e le casse piene, va incontro al tracollo finanziario. Chi nel campionato cadetto ha saputo gestirsi, o ha una proprietà solida, risente di meno della caduta sportiva. L’ultimo caso è quello del Perugia, che grazie alla gestione sana degli ultimi anni non ha avuto contraccolpi. Il Trapani invece sì: retrocedere è stato fatale.

Come riporta la Gazzetta dello Sport, negli ultimi 15 anni sono retrocesse 55 squadre e di queste ben 27 sono andate incontro a un dissesto finanziario spesso sfociato nel fallimento. Catanzaro, Pescara e Vicenza sono comunque riuscite a restare in Serie C salvando il titolo sportivo, tutte le altre sono dovute ripartire dai dilettanti, e qualcuna è rimasta ancora oggi incastrata da quelle parti.

In Italia promozioni e retrocessioni  si portano dietro un effetto economico a volte più importante di quello sportivo: chi sale festeggia per i maggiori introiti; chi scende piange per il crollo dei ricavi. I bilanci delle società sono più o meno parametrati con le entrate derivanti soprattutto dalla legge Melandri, così chi gioca in A può ricevere come minimo un contributo di 30-40 milioni, chi gioca in B nell’ultima stagione se ne è divisi circa 6,5 a testa, e chi fa la C viene premiato in base all’utilizzo dei giovani, nell’ordine massimo di meno di un milione di euro.

Per questo esiste il “paracadute”: chi scende dalla Serie A, per non aver contraccolpi, incassa 10 milioni se ha fatto un solo anno nel massimo campionato, 15 se ne ha fatti due, 25 se ne ha fatti tre o più. Le 4 squadre che retrocedono dalla Serie B si dividono 3 milioni in base al piazzamento (900mila alla quartultima, 800mila alla terzultima, 700mila alla penultima e 600mila all’ultima).

Se chi scende dalla B vede la caduta in C come un incubo, chi sale dalla Serie D senza aver fatto bene i conti rischia di rovinarsi la festa. Passare da un campionato dilettantistico a uno professionistico fa raddoppiare i costi dei tesserati, viste le tasse. E poi ci sono molti altri costi accessori che nei dilettanti non ci sono. Per questo capitano casi di società che, dopo aver vinto il campionato, scelgono di rinunciare (ultimo il Campodarsego). Scelta triste, ma comprensibile. Per questo, una categoria cuscinetto semiprofessionistica aiuterebbe.