La Serie A con i fondi per spingere offerta e ricavi

La creazione di una media company fa muovere passi importanti alla Serie A verso il futuro. Come noto, il massimo campionato italiano sta lavorando su due offerte per l’acquisizione di…

CVC, Advent e Fsi stanno preparando un'offerta congiunta per una partecipazione del 10% nella media company della Serie A

La creazione di una media company fa muovere passi importanti alla Serie A verso il futuro. Come noto, il massimo campionato italiano sta lavorando su due offerte per l’acquisizione di una quota del 10% della società in cui andrebbero a confluire i diritti televisivi.

Quella consorzio Cvc, Advent e Fsi (assistito da Rothschild, Credit Suisse e Barclay,s oltre che dallo studio Gattai Minoli Agostinelli) e quella di Bain Capital e Nb Renaissance (che ha come advisor Mediobanca, Nomura e gli avvocati di Gatti Pavesi Bianchi e Greenberg Traurig Santa Maria).

Il consorzio Cvc, Advent e Fsi offre 1,625 miliardi. Bain Capital e Nb Renaissance mettono invece sul piatto 1,350 miliardi. I differenti meccanismi (sul minimo garantito) però avvicinano le due proposte.

A proposito di diritti tv, una ricerca di Kearney Italia – riportata dal Sole 24 Ore – segnala come i 2,2 miliardi di ricavi annui della Serie A per il 64% derivino proprio da diritti broadcasting, mentre i ricavi commerciali sono pari al 27% e quelli da botteghino al 9%. Le percentuali non si discostano da quelle della Premier League (61% da diritti di broadcasting; 26% commerciali e 12% da match day).

Diverso invece è il bilanciamento sia per la Liga, sia per la Bundesliga: nel primo caso i ricavi commerciali salgono al 28% del totale e quelli da botteghino al 19%, mentre nel secondo al medesimo 19% di botteghino si accompagna un 36% commerciale.

In ogni caso, i ricavi del campionato italiano si attestano a un livello inferiore: 2,22 miliardi contro i 5,7 della Premier League, i 3 della Liga e i 3 della Bundesliga. Leggermente indietro invece è la Ligue 1 (2 miliardi annui di ricavi), che comunque da segmento commerciale e match day realizza percentualmente più della Serie A (30% e 15% del totale).

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«L’ingresso dei fondi va giudicato positivamente perché potrà permettere di portare quelle competenze necessarie per una governance efficace e per avviare una forte valorizzare del marchio e del prodotto Serie A, soprattutto sui mercati esteri», spiega Claudio Campanini, amministratore delegato di Kearney Italia.

I 371 milioni raccolti annualmente dalla Serie A da diritti Tv internazionali «possono essere sicuramente aumentati attraverso una rivisitazione del prodotto per aumentare la capacità di attrarre investimenti commerciali e di marketing».

Creare occasioni utili agli sponsor deve essere uno dei filoni d’impegno della nuova Serie A che «per esempio dovrà immaginarsi un palinsesto con orari orientati anche ad indirizzare il prime time di altri continenti molto appetibili dal punto di vista del potenziale di sviluppo dell’audience».

«E così, da ipotesi minime di sinergia grazie a una centralizzazione che faccia perno sulla media company si potrebbe arrivare anche ipotesi più ampie, come la gestione del merchandising e del ticketing digitale, sfruttando l’effetto scala che la Lega può garantire a tutti i club, o lo sviluppo di competenze specifiche come il dynamic pricing che per il baseball negli USA, ad esempio, riesce a incidere almeno tra il 10% e il 20% dei ricavi», conclude Campanini.