Il modello Shakhtar sull'asse Ucraina-Brasile

Lo Shakhtar Donetsk si prepara ad affrontare l’Inter in una delle due semifinali della Final Eight di UEFA Europa League. Gli ucraini hanno raggiunto il penultimo atto della competizione dopo…

Shakhtar Donetsk v FC Basel - UEFA Europa League Quarter Final

Lo Shakhtar Donetsk si prepara ad affrontare l’Inter in una delle due semifinali della Final Eight di UEFA Europa League. Gli ucraini hanno raggiunto il penultimo atto della competizione dopo aver sconfitto il Wolfsburg negli ottavi di finale e il Basilea nei quarti.

Il club ha raggiunto le semifinali della competizione già nel 2015/16, quando fu eliminato dal Siviglia, mentre nel 2008/09 si laureò addirittura Campione. In finale, la formazione dell’est Europa sconfisse il Wolfsburg per 2-1 con le reti di Luiz Adriano e Jadson, conquistando il trofeo per la prima volta.

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La formazione titolare della finale vantava ben 5 calciatori brasiliani, con Willian, Ilsinho e Fernandinho in campo, oltre ai due marcatori. L’asse Ucraina-Brasile è uno dei fattori di successo dello Shakhtar, che dal primo titolo del 2001/02 ha iniziato a dominare in patria e a divenire presenza stabile in Europa.

Dopo il primo titolo nazionale, lo Shakhtar ne ha conquistati altri 12, ma è con l’arrivo sulla panchina di Mircea Lucescu che il club è cresciuto a pieno ritmo. Il tecnico – come ben racconta un’analisi di Niklas Hemmer su Total Football Analysis – ha iniziato la rivoluzione brasiliana nel 2005.

Da quell’anno, i brasiliani ingaggiati sono stati 32 (23 direttamente dal campionato carioca). In particolare, lo Shakhtar ha sempre prestato molta attenzione alla Nazionale Under 20 del Brasile, dalla quale sono passati ben 17 calciatori sui 23 che hanno poi firmato per la formazione ucraina direttamente dal Brasile.

Il rischio che si è sempre assunto il club è stato quello di ingaggiare calciatori molto giovani – età media di 19,87 anni – ma con esperienza ad alti livelli in Brasile. Secondo il FiveThirtyEight Global Soccer Index, la qualità delle squadre brasiliane è peggiore rispetto quella dell’elite europea. Ci sono solo tre club brasiliani tra i primi 100.

In questo senso, lo Shakhtar offre l’opportunità di un passaggio europeo intermedio, in cui i calciatori possono abituarsi al nuovo livello e guadagnare minuti sul campo in un campionato relativamente competitivo (quello ucraino), ma con la possibilità di giocare in UEFA Champions League o in UEFA Europa League e di mettersi dunque in mostra.

Questo fattore è molto importante anche in termini economici, dato che il modello di business del club di Donetsk punta molto sulla gestione dei calciatori. Li aiuta a far crescere i loro ricavi oltre a quello che ci si può aspettare da sponsorizzazioni, diritti tv e altre voci.

Solo con la cessione di cinque brasiliani – tutti calciatori noti – lo Shakhtar ha generato ricavi per 214 milioni di euro e un profitto di 163,2 milioni di euro (considerando la semplice differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di cessione, non le plusvalenze).

Ad oggi il binomio Shakhtar brasile prosegue, ma la strategia della società è cambiata, e dal 2018 è ancora più rischiosa. Il club ha iniziato ad acquistare giocatori senza alcuna esperienza a livello professionistico, con tre dei sette giocatori ingaggiati da allora che non avevano accumulato minuti in campo prima di trasferirsi.

Le ragioni di questo cambiamento sono da ricercare nell’evoluzione del mercato e della situazione economica dello Shakhtar, se paragonata a quella dei top club europei. La società non è in grado di spendere ingenti somme di denaro, ma investe coscienziosamente.

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Se un giocatore collezionasse un minutaggio significativo nel massimo campionato brasiliano, probabilmente sarebbe già troppo costoso. Inoltre, la guerra per i talenti è diventata più competitiva con i club pronti a rischiare e spendere molto (basti pensare agli acquisti dei giovanissimi Rodrygo e Vinicius da parte del Real Madrid).

Quello che resta da sottolineare di questi 15 anni di strategia, è che lo Shakhtar è stato in grado di dominare in patria e di rendersi competitivo in Europa, basando il proprio modello di business sulla gestione dei calciatori, che gli ha consentito di generare ricavi importanti, sfruttandone prima le potenzialità.