Dal luglio dello scorso anno, bookmakers e aziende operanti nel mondo del scommesse sportive non posso più farsi promozione attraverso inserzioni sui media o attraverso accordi di sponsorizzazione con società sportive e atleti.
Con l’approvazione del cosiddetto Decreto Dignità da parte del governo Conte I e con le successive linee guida dell’Agcom emanate il 18 aprile 2019, il gioco continuare ad essere legale in Italia, ma è stata vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi e scommesse con vincite e premi in denaro.
Come abbiamo spiegato nei giorni scorsi nella rubrica Calcio e Finanza sul Foglio Sportivo, questo divieto, fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle (il partito dell’attuale ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora), avrebbe dovuto contribuire a prevenire la ludopatia tra i cittadini, disincentivando gli italiani a scommettere.
Un obiettivo che, condivisibile o meno, non sembra essere stato raggiunto.
Secondo i dati raccolti da AgiproNews ed elaborati da Calcio e Finanza, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2019, data di entrata in vigore del divieto alla pubblicità per le società di betting, e il 29 febbraio 2020, la raccolta delle scommesse sportive in Italia è cresciuta del 17,6%, passando da 1,03 a 1,2 miliardi di euro.
In forte crescita soprattutto il comparto delle scommesse online, quelle che più avrebbero dovuto soffrire il divieto introdotto dal Decreto Dignità, avendo bloccato non solo le sponsorizzazioni ai club di calcio e più in generale al mondo dello sport, ma anche gli investimenti in pubblicità su televisioni, giornali e in particolare sui siti web.
Nel periodo considerato le scommesse sportive online sono cresciute del 21,8% raccogliendo complessivamente 556 milioni di euro (457 milioni da luglio 2018 a febbraio 2019).
Numeri in controd
Scommesse sportive – L’impatto del Decreto Dignità sui conti dei club di Serie A
Chi ha pagato il prezzo del divieto imposto dal Decreto Dignità è stato invece il mondo dello sport e quello dei media. Solo per limitarsi al mondo del calcio, su cui si concentrano i maggiori volumi di scommesse, lo stop alla pubblicità imposto alle società di betting sta provocando un danno da mancati introiti stimato in circa 100 milioni di euro a stagione.
La Roma, ad esempio, ha dovuto rinunciare a complessivi 15,5 milioni dall’accordo con Betway per la sponsorizzazione della divisa da allenamento: 4,5 milioni per la stagione 2019-2020, 4,5 milioni di euro per la stagione 2020-2021 e ad un’opzione per estendere l’accordo anche al 2021-2022 a 6,5 milioni.
Allo stesso modo il mancato rinnovo, a causa del divieto imposto dal Decreto Dignità, dell’accordo di sponsorizzazione tra la Lazio e Marathonbet per la maglia da gara ha comportato minori introiti per i biancocelesti di circa 7 milioni di euro a stagione.
Cifre rilevanti anche per Milan e Inter. Si stima infatti che la sospensione dell’accordo di partnership tra i rossoneri e StarCasino abbia generato minori introiti per circa 1 milione di euro a stagione. Mentre i nerazzurri avrebbero ricevuto da Bwin 1,1 milioni di euro per il 2019-2020 compresi 100mila euro come bonus per la qualificazione in Champions League.
Ai danni diretti ai club di calcio si sommano poi quelli arrecati dal Decreto Dignità al mondo dei media che gravita attorno allo sport. Parliamo di altri 100 milioni di euro all’anno di mancati investimenti pubblicitari dei bookmakers su tv, giornali e siti web.
Scommesse sportive – Le richieste del mondo del calcio al governo
Tra le misure che il mondo del calcio ha presentato al governo per rilanciare il settore fortemente colpito dall’emergenza Coronavirus c’è anche la sospensione del divieto di pubblicizzare le scommesse sportive per almeno 12 mesi.
Tale misura potrebbe infatti contribuire a far rientrare nel sistema calcio, quando le competizioni sportive riprenderanno, almeno una parte di quelle risorse che le società di betting.
Sul punto tuttavia il governo, sostenuto dal Movimento 5 Stelle, non sembrerebbe disposto a fare marcia indietro, anche se, come mostrano i dati, il divieto alla pubblicità delle scommesse sportive non sembra sia servito a contenere la voglia di gioco degli italiani.