Lunga intervista quella rilasciata da Michel Platini a “Il Corriere dello Sport”. L’ex stella della Juventus ha toccato diversi argomenti di attualità, parlando anche dei suoi ex compagni di squadra. I passaggi più interessanti sono tuttavia quelli relativi al Var e a come sta funzionando il Fair Play Finanziario, due delle grandi rivoluzioni del calcio negli ultimi anni.
A proposito di Var, Platini è intervenuto per palare del processo decisionale e dell’importanza dei calciatori: «Al cuore del cambiamento ci debbono essere, nell’ordine, giocatori e arbitri sostenuti e non deviati verso il calcio dei centimetri. E’ tutta una questione di potere, chi ce l’ha, chi lo detiene non lo vuole dividere con altri. Il potere nessuno lo regala. Le regole del calcio le stabilisce da cent’anni l’International Board, siamo a livelli di consuetudine».
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Sulla tecnologia, Platini non cambia opinione: «L’ho detto dal primo minuto, non me la sono tenuta per me, ho dichiarato la mia opposizione alla tecnologia soprattutto se usata in questo modo. Il calcio non può essere arbitrato dal video. La televisione falsa la percezione dei singoli episodi. Il calcio è uno sport di contatto, ci sono interventi assolutamente regolari che, se passati al filtro della televisione e ad dirittura rallentati poi, comportano interpretazioni inaccettabili».
«Il fallo – ha aggiunto – deve essere valutato e giudicato da vicino e in tempo reale. La chirurgia arbitrale, il calcio dei centimetri, è inaccettabile. Il Var uccide anche l’emozione del gol, obbliga i calciatori a festeggiarlo cinque mesi dopo e addirittura due volte… Per un calcio più giusto e più calcio non serve il Var, ma un buon arbitro».
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Sulle polemiche, Platini spiega che non si tratta di «un’esclusiva italiana, in tutta Europa se ne discute. La Premier era contraria e da tempo utilizza la tecnologia secondo principi tutti suoi, in Spagna non sono mancati i casini, in Germania anche, in particolare il primo anno. Il Var non risolve le cose, le sposta e non porta alcun tipo di giustizia».
A proposito del Fair Play Finanziario, l’ex presidente della UEFA aggiunge: «Non voglio sapere cosa è successo dopo, non me ne frega niente. Sono fuori da cinque anni. Il principio ispiratore era imporre ai club di spendere soltanto in rapporto alle loro possibilità, tanto ricavi tanto spendi. Il FPF doveva servire anche da stimolo per l’auto-sostenibilità, per la crescita delle strutture, dei settori giovanili. Come e perché le cose siano cambiate lo devi domandare a Ceferin, non a me».