Nell’era della crisi della carta stampata, resiste il rito dell’acquisto in edicola dei quotidiani all’indomani degli eventi di grande risonanza sportiva. I picchi delle tirature si hanno proprio quando si celebra la vittoria di una coppa, di una medaglia o di una gara importante. Indimenticabili ad esempio i numeri dei quotidiani del 12 luglio 1982 o del 10 luglio 2006. In occasioni come queste i giornali nascono già per essere numeri da collezione, con un epico titolo a nove colonne (“Campioni del Mondo!”).
Non stupisce che nel corso degli anni alcuni quotidiani abbiano accompagnato la naturale attività editoriale a una peculiare attività di merchandising. Le prime pagine di alcuni storici numeri sono stati riprodotti sui materiali più vari, dal portachiavi alla cover del telefono, passando per le t-shirt e altri oggetti di uso comune. Talvolta all’appassionato è rimessa l’iniziativa di scegliere tra le prime pagine di tutte le edizioni degli ultimi anni quale riprodurre sull’articolo di merchandising di proprio gradimento.
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Ebbene, recentemente i giudici italiani si sono occupati di un interessante caso legato proprio a queste iniziative.
Un’agenzia fotogiornalistica che si occupa di documentare gli eventi sportivi per poi cedere gli scatti agli editori delle testate lamentava che la commercializzazione di prodotti di merchandising che riproducevano le prime pagine dei giornali ledesse i propri diritti d’autore sul materiale fotografico ivi contenuto.
Secondo l’agenzia sarebbe stato necessario un consenso espresso all’uso delle fotografie per l’attività di merchandising, consenso che nel caso mancava. I contratti tra l’agenzia e l’editore riguardavano infatti l’uso del materiale per i prodotti editoriali. Al contrario l’editore sosteneva che essendo la prima pagina del quotidiano un proprio prodotto editoriale non occorresse alcun consenso ulteriore dell’agenzia fotografica per riprodurre la prima pagina, comprensiva anche di materiale fotografico, sugli articoli di merchandising.
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Il Tribunale ha accolto quest’ultima posizione e quindi ha respinto le domande della agenzia.
Sintetizziamo i passaggi logici della decisione.
Per la legge sul diritto d’autore un quotidiano è una opera collettiva. Un’opera cioè che si compone della combinazione di più apporti distinti di autori differenti. Nel caso del giornale appunto le fotografie e i vari articoli, rubriche etc., possono essere realizzati da più autori. Questi elementi sono combinati tra loro dall’editore per creare l’opera collettiva grazie all’attività di coordinamento. L’opera collettiva è un’opera distinta e a sé stante rispetto ai singoli contributi che la compongono.
La legge prevede che “Nell’opera collettiva, salvo patto in contrario, il diritto di utilizzazione economica spetta all’editore dell’opera stessa […].”.
Agli autori dei singoli contributi spetta invece soltanto il diritto di “utilizzare la propria opera separatamente”, cioè al di fuori dall’opera collettiva, di pertinenza dell’editore.
La legge prevede la possibilità che gli autori dei singoli contributi possano acquisire un diritto più ampio ma solo attraverso un accordo con l’editore.
Nel caso deciso i giudici hanno ritenuto che l’avere autorizzato l’uso della fotografia per realizzare il giornale rappresentasse proprio il titolo che legittimava l’editore a creare l’opera collettiva, sulla quale poi erano sorti tutti i diritti previsti dalla legge a favore dell’editore, in assenza di un patto contrario.
I giudici hanno inoltre chiarito che i diritti spettanti all’editore comprendono ogni forma di sfruttamento dell’opera collettiva-giornale e in primis qualsiasi attività di riproduzione del giornale stesso.
Secondo la legge, il diritto di riproduzione ha per oggetto “la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell’opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l’incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia e ogni altro procedimento di riproduzione”.
L’editore può quindi legittimamente riprodurre la prima pagina del giornale completa di tutti i suoi elementi “in qualunque forma o modo”, e cioè con qualsiasi tecnica e su qualsiasi supporto, inclusi, ritiene il Tribunale, gli articoli di merchandising.
Per concludere. La sentenza commentata è interessante perché afferma il principio che gli editori di giornali che abbiamo regolarmente acquistato dagli autori il diritto di utilizzarne i singoli contributi al fine di realizzare il giornale stesso, non hanno bisogno di un secondo ulteriore consenso da parte dei medesimi autori per riprodurre le prime pagine su prodotti di merchandising, in quanto trattasi di opere collettive di loro spettanza.
Articolo a cura di Giovanni Guglielmetti, partner, e Pasquale Tammaro, senior associate di BonelliErede.