Il calcio è il suo sport preferito, fin da quando a Buenos Aires non si perdeva una partita del suo San Lorenzo. Quella passione c’è ancora, e lo dimostra l’amicizia con alcuni campioni dello sport che ha coinvolto anche in iniziative di solidarietà.
Oggi, come riporta l’agenzia Ansa, Papa Francesco lo ha ribadito davanti al mondo del calcio italiano e a 5mila ragazzini che hanno portato nell’Aula Paolo VI le loro divise che indossano in campo ma anche tutto il loro entusiasmo.
«Tanti definiscono il calcio come il gioco più bello del mondo e io penso lo stesso», ha detto accolto dagli applausi di campioni come Javier Zanetti, grandi allenatori come Claudio Ranieri, o dirigenti come Giovanni Malagò, presidente del Coni, o Urbano Cairo, presidente di Rcs e del Torino.
L’evento che ha portato all’incontro con il Papa era “Il calcio che amiamo”, organizzato da La Gazzetta dello Sport in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, Federcalcio e Lega di Serie A.
«Il calcio è un gioco – ha sottolineato il Papa – e tale deve rimanere». Ma «purtroppo assistiamo, anche nel calcio giovanile, in campo o a bordo campo, a fenomeni che macchiano la sua bellezza. Ad esempio, si vedono certi genitori che si trasformano in tifosi ultras, o in manager, in allenatori…».
Poi ha chiesto ai dirigenti di mantenere lo sport per quello che è, una cosa che fa bene “alla testa e al cuore”. «Per favore – ha chiesto – custodite la amatorialità. Che non finisca la bellezza del calcio nel ‘do ut des’ degli interessi finanziari».
Ai campioni ha chiesto di ricordarsi da dove tutto è cominciato, «quel campo di periferia, quell’oratorio, quella piccola società», e di tenere in mente la loro missione educativa perché per tanti giovani sono un esempio.
Una parola agli allenatori: «non insegnate scorciatoie che portano solo a perdersi nel labirinto della vita».
Ai genitori ha chiesto di aiutare i ragazzi «a capire che la panchina non è un’umiliazione, ma un’occasione per crescere e un’opportunità per qualcun altro». E a tutti quei ragazzi con il pallone in mano il Papa ha ricordato che hanno «il diritto a giocare» ma anche «il diritto a non diventare campioni».