Vialli sulla Nazionale: «Italia esclusa un danno per l'economia. Ripartirei da Ancelotti»

Vialli sulla Nazionale. Gianluca Vialli, ex calciatore e volto noto di Sky, ha parlato dell’eliminazione dell’Italia dal Mondiale. Lo ha fatto in una lunga intervista a “La Gazzetta dello Sport”,…

Gianluca Vialli (foto Daniele Buffa/Image/Insidefoto)

Vialli sulla Nazionale. Gianluca Vialli, ex calciatore e volto noto di Sky, ha parlato dell’eliminazione dell’Italia dal Mondiale. Lo ha fatto in una lunga intervista a “La Gazzetta dello Sport”, nella quale ha toccato anche i temi che fanno da contorno al fallimento azzurro.

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«Da italiano che vive all’estero è ancora più doloroso. La prossima estate per chi ama il calcio sarà durissima», ha spiegato all’inizio, per poi allargare il discorso a tutta l’economia che ruota attorno al pallone: «Dobbiamo renderci tutti conto che il calcio ha delle ricadute in altri settori. Saltare un Mondiale significa creare problemi all’economia e togliere spensieratezza per un mese ad un intero Paese. Io però a questo punto, per non cadere nella depressione, voglio essere ottimista: mi auguro che questa batosta rappresenti l’opportunità per ripartire davvero da zero. La premessa doverosa è che la Nazionale va trattata con cura».

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Per questo motivo andrebbero rivisti alcuni punti salienti del sistema calcio in Italia: «La politica nello sport è importante, ma non può esserlo più del prodotto calcio. Deve rappresentare un momento di discussione, di approfondimento e di sintesi. Deve svolgere un ruolo di mediazione, ma diventa tossica se divide e rappresenta interessi diversi da quelli calcistici. Approvo il maggior potere ai manager all’interno della Lega e la riduzione dei club delle tre serie maggiori: il numero perfetto è quello sostenibile dal sistema. Giusta l’idea delle seconde squadre. Possono rappresentare un laboratorio interessante. Sì allo ius soli perché il mondo viaggia verso questa direzione e va dato semaforo verde ad un’identità comune delle nazionali. Qui va però fatta una precisazione doverosa: l’identità comune non è un sistema di gioco, ma una filosofia di calcio. Si deve seguire un principio base, articolabile in diversi schemi. La questione degli stadi di proprietà è vitale per le finanze dei club. Bisogna poi vigilare su tutte le componenti interne: i club vanno tutelati anche dal punto di vista commerciale. Con i tifosi i rapporti devono essere all’inglese, sviluppando il concetto della fidelizzazione, ma non vanno assolutamente tollerati comportamenti violenti e contrari alla convivenza civile».

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Carlo Ancelotti (Foto: Insidefoto.com)

Poi uno spunto su chi sia l’uomo giusto per ripartire: «Carlo Ancelotti. E’ rispettato da tutti, possiede equilibrio ed esperienza internazionale, ha vinto ovunque e parla le lingue. Mi piacerebbe vedere al suo fianco Paolo Maldini nel ruolo di club manager. Un dirigente modello Germania, alla Bierhoff. Mi aspetto poi un passo indietro da parte dei dirigenti. Non è semplice, perché il movimento sportivo è una cosa e l’industria calcistica è un altro discorso, ma se non si trova la forza e la capacità di incontrarsi in un progetto condiviso, perdono tutti: movimento sportivo e industria. Non si può pensare ad un calcio estraneo ai meccanismi dell’industria, ma non si può neppure sacrificare l’aspetto sportivo in nome del business. Bisogna allargare gli orizzonti. Non mi aspetto che un dirigente di società si sieda ad un tavolo con l’idea di perdere denaro, ma adesso si può accettare l’idea di guadagnare un euro in meno in nome del bene comune».