Il timeout nel calcio, ancora, non esiste. Ma negli ultimi anni si è fatta di necessità virtù, soprattutto d’estate. I Mondiali 2014 hanno costretto infatti ad inserire una nuova regola, quella del famoso “cooling break”.
Visto per la prima volta ai Mondiali in Brasile, nella gara degli ottavi di finale a Fortaleza tra Olanda e Messico (e in Italia nell’agosto 2016 nella sfida tra Lazio e Juventus), il cooling break è una novità inserita da poco nel regolamento. La Lega Serie A ha così tracciato le linee di utilizzo tra le “Norme generali relative alle competizioni ufficiali”, documento inviato dalla Lega agli arbitri e alle società.
«La previsione della possibilità di interrompere la gara per consentire ai calciatori delle due squadre di reidratarsi (cooling break) viene definita gara per gara, d’intesa tra arbitro e squadre, e implementata a seconda delle condizioni climatiche del luogo di svolgimento della partita. Può essere consentito un break per ogni tempo di gioco se, 90 minuti prima del calcio d’inizio, la temperatura supera i 32 gradi centigradi», si legge nel regolamento. Temperatura precisa, quindi: solo se si va oltre i 32 gradi.
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«Prima dell’ingresso in campo delle squadre per il riscaldamento o durante il meeting organizzativo (in occasione delle gare di finale), gli arbitri e le due squadre decidono sul cooling break alla presenza del delegato di Lega che provvede ad informare tutte le parti in causa circa la possibilità di effettuazione del cooling break».
Il cooling break viene così effettuato all’incircaal 30° minuto di ogni tempo (ossia ai minuti 30 e 75), con la seguente modalità:
- la palla deve uscire dal campo affinché il cooling break possa avere inizio;
- l’arbitro é tenuto a segnalare l’inizio e la fine del cooling break;
- durante la pausa, i calciatori e gli arbitri devono posizionarsi nelle rispettive panchine/aree tecniche per rinfrescarsi;
- il tempo di gioco continua a scorrere e la durata della pausa deve essere aggiunta al recupero alla fine del tempo.