Il Riesame conferma il no all'arresto di Bogarelli e Silva: «disintegrate» le accuse

Il Tribunale del Riesame di Milano ha confermato il no alla richiesta di arresto avanzata dalla Procura di Milano nei confronti dei due ex manager di Infront, Marco Bogarelli e…

bando diritti tv serie a 2018 2021

Il Tribunale del Riesame di Milano ha confermato il no alla richiesta di arresto avanzata dalla Procura di Milano nei confronti dei due ex manager di Infront, Marco Bogarelli e Giuseppe Ciocchetti, e dell’imprenditore Riccardo Silva, nell’ambito dell’inchiesta sull’assegnazione dei diritti tv della Serie A.

Il no del Riesame arriva dopo che già nei mesi scorsi il Gip di Milano, Manuela Accurso Tagano, aveva respinto la richiesta di arresto da parte dei pm, smontando l’ipotesi accusatoria e sostenendo, tra l’altro, che gli indagati non avrebbero fatto parte di un’associazione per delinquere, ma al massimo di una “lobby” e che le gare non avevano la natura pubblicistica ma erano “licitazioni” private.

La «disintegrazione delle ipotesi accusatorie» dei reati contestati, tra cui la presunta turbativa d’asta, finisce «per rendere evanescente qualsiasi considerazione sull’esistenza di un’associazione per delinquere», scrive il Riesame di Milano nell’ordinanza che ha confermato il no all’arresto dei tre indagati.

Riccardo Silva
Riccardo Silva

Secondo la Procura, invece, Bogarelli, Ciocchetti, rispettivamente ex presidente ed ex dg di Infront, e Riccardo Silva, patron della società MP & Silva, leader della distribuzione a livello mondiale dei diritti tv, avrebbero gestito «una associazione a delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti, tra i quali turbativa d’asta (in relazione all’assegnazione dei diritti tv del calcio, ndr), autoriciclaggio, truffa aggravata, ostacolo alle funzioni di vigilanza, evasione fiscale e comunque tutti quei reati di volta in volta necessari per governare i processi di sfruttamento dei diritti audiovisivi derivanti dal gioco del calcio, con l’impossessamento di denaro che avrebbe dovuto, in un corretto regime concorrenziale, entrare nelle casse della Lega Calcio».

Nella richiesta d’arresto per i tre, già respinta mesi fa dal gip, inoltre, i pm Roberto Pellicano, Paolo Filippini e Giovanni Polizzi scrivevano che anche Adriano Galliani (non indagato) avrebbe fatto parte, col presidente del Genoa Enrico Preziosi e altre persone, dell’associazione a delinquere «in grado di interporsi fin dal 2009 tra il mercato e le squadre di calcio, cui spettano» i profitti della “commercializzazione” dei diritti tv, «per appropriarsi di una fetta consistente di questi».

Una ricostruzione che è stata smontata prima dal  Gip e ulteriormente fatta a pezzi dal Tribunale del Riesame. Nelle 28 pagine di motivazioni i giudici del Riesame (Tacconi-Pendino-Alonge) chiariscono che i tre non hanno commesso “alcun reato” perché nelle gare, indette tra soggetti privati, non c’era alcun “interesse o ruolo della Pubblica Amministrazione”. Spazzati via anche gli altri reati, tra cui appunto l’associazione a delinquere.

Dall’inchiesta fa notare il Riesame, emergono «elementi sintomatici di azzardate operazioni finanziarie, tra l’altro molto ben congegnate, di accordi raggiunti con sicura intraprendenza che alcun danno, in concreto dimostrato, hanno recato alla Lega Calcio, alle società di calcio o ai singoli competitors».

Per il Riesame, inoltre, «gli interessi economici» sono stati «sì perseguiti nell’interesse dei singoli», tra cui anche Adriano Galliani, Enrico Preziosi e Claudio Lotito, «ma in eguale misura della Lega Calcio e delle piattaforme televisive che hanno partecipato ai bandi».