Quanto valgono le 30 squadre NBA 2017? La risposta ad una domanda interessante la dà Forbes, che stila la sua classica graduatoria delle 30 franchigie del campionato Usa di basket.
Nonostante i risultati tutt’altro che positivi, in testa restano New York Knicks e Los Angeles Lakers: nelle ultime 3 stragioni hanno perso oltre il 68% delle partite, ma il lato economico non sembra risentirne.
La squadra della Grande Mela, assente dai playoff dal 2013, nonostante un’altra annata disastrosa ha visto il suo valore salire a 3,3 miliardi di dollari (+10% rispetto al 2015), realizzando anche il record per quanto riguarda il risultato operativo (141 milioni) anche grazie all’accordo da 100 milioni annui con MSG per la trasmissione locale delle partite.
Sul campo i Lakers hanno fatto pure peggio, centrando la propria peggiore stagione della storia. Ma la regular season 2015/16 è stata soprattutto l’ultima passerella per Kobe Bryant, che si è ritirato a fine stagione: basti pensare che solo l’ultima partita dell’ormai ex numero 24 è valsa circa 1,2 milioni di dollari in merchandising venduto allo Staples Center.
Quanto valgono le 30 squadre NBA 2017, arrivano i Warriors
Le due grandi decadute, però, rischiano a breve di cedere il passo al nuovo che avanza. Definizione che risponde perfettamente ai Golden State Warriors: il valore della franchigia della baia di San Francisco è salito del 37% rispetto al 2015, portando la società al terzo gradino della classifica di Forbes a quota 2,6 miliardi di dollari. Curry e compagni hanno attratto non pochi tifosi, l’arrivo di Durant la scorsa estate ha rilanciato l’attrazione: la lista d’attesa per gli abbonamenti è arrivata a 32mila tifosi, con una percentuale di rinnovo del 99,5%. E, con l’apertura del nuovo palazzetto proprio a San Francisco (prevista per il 2019/2020) l’assalto alle prime posizioni può diventare realtà.
Tra le altre società, completano la top5 i Chicago Bulls (2,5 miliardi) e i Boston Celtics (2,2 miliardi), mentre i salti maggiori sono stati quelli dei Sacramento Kings (1,075 miliardi) e dei Milwaukee Bucks (785 milioni), con una crescita annua del 16%.
Valori che continueranno a crescere, anche grazie all’entrata in vigore del contratto da 24 miliardi di dollari per i diritti tv (mentre particolare attenzione sarà data ai diritti tv internazionali, che oggi valgono solo l’8% dei ricavi dell’NBA). Soldi che serviranno soprattutto a tenere a bada i costi, in particolar modo quelli degli stipendi: nella scorsa stagione solo 3 squadre hanno avuto un risultato operativo negativo (Clippers, Thunder e Cavaliers), a causa del loro monte ingaggi eccessivamente alto.
Non solo diritti tv: c’è anche l’aspetto sponsor, visto che dalla prossima stagione è prevista l’introduzione degli sponsor di maglia, oltre al discorso Esports che sta già prendendo piede. Qualcuno ha già stretto accordi, mancano soprattutto le big, con i Golden State Warriors che potrebbero ottenere un contratto da 15 milioni di dollari annui. Il tutto permetterebbe un aumento complessivo dei ricavi e con essi del risultato operativo, che già la scorsa stagione ha fatto segnare il record assoluto (con una media di 31 milioni di dollari a squadra). Il valore medio per franchigia è invece di 1,36 miliardi di dollari, cifra salita di 3,5 volte rispetto a 5 anni fa.