«Il calcio è diventato come il gioco del monopoli. Sono intervenuti nel calcio i soldi che derivano dal gas, dal petrolio o da situazioni di altri Paesi, come Abramovič dalla Russia. Quindi si è arrivati a giocatori che costano 94 milioni e che hanno già una certa età e questo la dice lunga della distanza del mondo del calcio di oggi dalla vita di tutti i giorni e della considerazione dei soldi che si hanno in tutte le altre attività».
Così Silvio Berlusconi ha risposto, dopo il derby del 20 novembre 2016, a chi gli chiedeva se fosse ancora convinto della decisione di mettere in vendita il Milan.
Il presidente rossonero ha dunque ribadito ancora una volta quello che sembra essere un suo fermo convincimento: per essere competitivi nel calcio di oggi servono tanti soldi, soldi che una proprietà italiana, come è stato il caso di Massimo Moratti per l’Inter e dello stesso Berlusconi per il Milan, non è più in grado di garantire perché nel mondo del calcio si sono affacciati gruppi molto più ricchi, capaci di investire cifre astronomiche.
Ma è davvero questo nuovo mecenatismo l’unica via a disposizione di una società di calcio per essere competitiva sullo scenario nazionale e internazionale? Nell’analisi che vi proponiamo abbiamo passato in rassegna due diversi modelli di business delle società di calcio: quello del Manchester City e del PSG, basato inizialmente su investimenti consistenti da parte delle rispettive proprietà, e quello della Juventus e del Borussia Dortmund, basato sull’autosufficienza economica e sulla capacità di far crescere i ricavi facendo leva su un ciclo sportivo vincente.
Due strade alternative cui sia Milan sia Inter, in un momento di profondi cambiamenti a livello societario, possono decidere di percorrere.
City e PSG, il nuovo mecenatismo come boost iniziale
Nelle figure 1 e 2 è riportata l’ascesa economica del PSG e del Manchester City negli ultimi 5 anni (l’analisi è limitata al 2015 non essendo ancora disponibile il bilancio 2016 del PSG).
Il club francese ha moltiplicato quasi 5 volte i propri ricavi, passando da 100 milioni di euro del 2011 a 481 del 2015, quarto club europeo per ricavi. Nello stesso periodo il City ha quasi triplicato il fatturato, passando da 170 milioni del 2011 a 464 del 2015 (il bilancio 2015/2016 prevede un record di 514 milioni di Euro), scalando dalla 12° alla 6° posizione della classifica dei ricavi.
La scalata economica è stata accompagnata da quella sportiva.
Il club parigino è diventato padrone assoluto dei tornei nazionali, grazie anche allo strapotere economico in campo nazionale. In ambito europeo il PSG partecipa da 5 stagioni consecutive alla Uefa Champions League, ottenendo come miglior piazzamento i quarti di finale.
Il Manchester City negli ultimi 5 anni ha collezionato importanti successi in patria, nonostante l’altissima concorrenza interna, vincendo 2 Premier League e 1 FA Cup. In campo internazionale il club ha partecipa stabilmente alla Champions League, dove ha raggiunto come miglior piazzamento le semifinali.
Uno dei punti in comune ai due club è stato il cambio di proprietà in anni recenti, per mano di facoltosi proprietà mediorientali.
Nel 2011 Qatar Investment Authority ha rilevato il PSG, per il tramite di Qatar Sports Investments, con la nomina di Nasser Al-Khelaïfi alla presidenza.
Qualche anno prima, nel 2008, la società Abu Dhabi United Group del principe emirato Mansur bin Zayd Al Nahyan ha acquistato il Manchester City.
Per entrambi i club è iniziata così la grandeur di investimenti, trasformandosi in due potenze economiche e sportive fra le più forti e competitive d’Europa.
Il modello di business applicato dal management di entrambi i club è stato simile: nei primi anni di gestione le nuove proprietà hanno immesso ingenti risorse per poter acquistare campioni affermati al fine di entrare velocemente e prepotentemente nell’elite europea (tabella 1 e 2).
In questa fase i due club hanno acquistato fuoriclasse del calibro di: Ibrahimovic, Cavani, Lavezzi, Thiago Silva, Matuidi, Thiago Motta, Beckam (PSG); Robinho, Tevez, Aguero, Silva, Yaya Tourè, Balotelli, Dzeko, Adebayor (City).
Questi acquisti sono stati spesso ottenuti sborsando cifre fuori mercato e garantendo lauti ingaggi, per convincere i migliori calciatori in circolazione a vestire le maglie di due club che non rappresentavano, in quel momento, l’elite europea. E’ stato il conto da pagare per sedere al tavolo dei più ricchi.
A questa fase fortemente espansiva si è accompagnata di pari passo l’imponente crescita dei ricavi, che ha permesso ai due club di mettere in moto il circolo virtuoso fatto di vittorie e crescita del fatturato.
I due club hanno ormai strutturato la composizione dei loro ricavi in linea con i principali club di riferimento, per massa critica e per flussi, attuando una sostenibile diversificazione del business (tabella 3).
Il PSG ottiene il 60% delle proprie entrate dai ricavi commerciali (primo in Europa per questo flusso, con quasi 300 milioni di euro, all’incirca l’intero fatturato della Juventus); il 16% dallo stadio; il restante 22% dai diritti tv. Quest’ultimo flusso di ricavi è l’unica fonte che vede il club parigino fuori dalla top ten; pesa in questo caso lo scarso appeal internazionale del campionato francese.
Il Manchester City ha una diversificazione dei ricavi più equilibrata: infatti il suo fatturato deriva dal commerciale per il 49%; dai diritti tv per il 39% e dallo stadio per il restante 12%. Per ciascuno dei tre flussi principali di ricavi, il City occupa la classifica dei top ten.
Sui ricavi commerciali di entrambi i club, hanno giocato un ruolo fondamentale le operazioni con le parti correlate. Nel caso del PSG è stata fondamentale la partnership con l’Autorità del Turismo del Qatar, che solo nel bilancio 2014/2015 ha garantito la bellezza di 205 milioni di euro, il 42% dell’intero fatturato, mentre nel 2013/14, questa cifra valeva 270 milioni (57%), 234 milioni nel 2012/13 (58%). Nel 2011/12 in tale voce era stato allocato l’effetto retroattivo del contratto con l’Autorità del Turismo del Qatar, su cui si è tanto discusso.
Il Manchester City ha siglato una sponsorizzazione decennale di oltre 400 milioni di sterline con Etihad Airways, che comprendeva, fra gli altri, la sponsorizzazione della maglia e i diritti del nome sia per “Etihad Stadium” che per il “Campus Etihad”. Le spese fuori parametro e gli accordi di sponsorizzazione fortemente lucrativi con aziende legate alle proprietà hanno attirato l’attenzione dell’UEFA, con sanzioni di varia natura ed entità, applicate nel 2014 e superate nel 2015.
E’ innegabile che questi ricavi “straordinari”, vere e proprie ricapitalizzazioni sotto forma di mega sponsorizzazioni, abbiano sostenuto significativamente (e in parte sostengono tuttora) il bilancio dei due club, permettendo di mettere in moto il meccanismo virtuoso. La crescita dei ricavi così ottenuta ha trascinato verso l’alto ogni contratto stipulato successivamente, con i due club ormai potenze affermate nel panorama del calcio europeo.
Modello step by step: Juventus e Borussia Dortmund
La Juventus e il Borussia Dortmund rappresentano due modelli alternativi rispetto a quanto visto precedentemente, ma altrettanto di successo. Dopo un ciclo di stagioni perdenti e poco redditizie, i due club hanno imboccato la loro scalata verso il successo, attraverso scelte manageriali vincenti e capitalizzando al meglio le vittorie sul campo.
Nelle figure 3 e 4 l’ascesa economica della Juventus e del Borussia Dortmund negli ultimi 5 anni, nei quali entrambi i club hanno più che raddoppiato i propri ricavi.
La Juventus è passata da 154 milioni di euro del 2011 a 324 del 2015 (record di 341 nel 2016), scalando dalla 13° alla 10° posizione dei club con maggiori ricavi.
Il Borussia Dortmund è passato da 143 milioni di ricavi del 2011 a 281 del 2015, scalando dalla 16° all’11° posizione.
L’ascesa economica, specie nel caso della Juventus – che ha saputo capitalizzare al meglio la sorprendente vittoria dello scudetto nel 2011/2012 sotto la guida di Antonio Conte – è strettamente legata a quella sportiva.
La Juventus ha vinto gli ultimi 5 campionati in Italia, raggiungendo una finale di Champions League.
Il Borussia Dortmund ha vinto due volte la Bundesliga (contro il colosso Bayern Monaco, capace di un fatturato ben più alto), classificandosi tre volte al 2° posto e ha raggiunto anch’essa una finale di Champions League nella stagione 2012/13 (persa proprio contro i connazionali bavaresi).
Il business model applicato dai due club è stato il seguente: investimenti oculati e in linea con i fatturati; crescita costante dei ricavi; innesto del circolo virtuoso dei successi sportivi e di quelli economici.
Entrambi i club hanno usato frequentemente la leva del player trading per finanziare gli acquisti e realizzare corpose plusvalenze da mettere a bilancio. In questa ottica vanno considerate le cessioni di Vidal, Pogba, Coman, Zaza per la Juventus; Mkhitaryan, Hummels, Gündogan, Götze, Kagawa per il Borussia Dortmund. Nel 2015/2016 i tedeschi hanno messo a bilancio plusvalenze da player trading per 95 milioni, 115 per i bianconeri.
Una volta attivato il circolo virtuoso, il modello di business non è cambiato nella sostanza: continuare a vincere per aumentare i ricavi, investendo su giocatori funzionali e di prospettiva, sportiva ed economica; vendere, quindi, i giocatori per reinvestire nel mercato, ad un livello sempre crescente.
Qui finiscono le analogie fra i due club. Analizziamo le differenze.
La Juventus negli ultimi anni è stata padrona incontrastata del campionato di Serie A. Il suo fatturato è di gran lunga il più alto in Italia.
Tuttavia, i ricavi della Juventus sono ancora eccessivamente dipendenti dai diritti TV, pesando per il 61%, percentuale più alta fra i top club europei, terza in assoluta fra i 20 top club (alle spalle di Everton e West Ham, forti dei ricchissimi contratti della Premier League).
Per questo stream di ricavi, la Juventus è leader insieme al Real Madrid e al Barcellona, con circa 200 milioni di euro, l’intero fatturato del Milan, la seconda squadra italiana per ricavi, dato che la dice lunga sull’enorme solco che il club bianconero è riuscito a scavare con il resto dei rivali nazionali.
Buona parte dei ricavi dipendono dalla Champions League. Per la partecipazione alle ultime 4 edizioni, il club ha incassato oltre 270 milioni di euro, con una media di quasi 70 milioni all’anno, in buona parte dovuti al meccanismo del market pool.
Fuori dalla top ten i ricavi commerciali (74 milioni, 23% del fatturato; 14° club per questi ricavi, dietro anche al Milan, Tottenham, Shalke 04 e Borussia Dortmund), che invece costituisce la principale voce di ricavo per i 6 club con più alto fatturato.
Anche i ricavi provenienti dallo stadio (51 milioni di euro, 16% del totale), nonostante siano migliorati con la costruzione del nuovo impianto, sono ancora di gran lunga più bassi rispetto ai principali competitor europei, ma anche a quelli del Tottenham e del Borussia Dortmund (tabella 4)
Il Borussia Dortmund, dal punto di vista sportivo ed economico, deve fare i conti in patria con la corrazzata Bayern Monaco. Per quanto riguarda la composizione dei ricavi, il club tedesco è nella direzione tracciata dai top club, con una percentuale maggiore per i ricavi commerciali, che ammontano a 152 milioni di euro, il 54% del totale, nono posto fra i top club.
Piuttosto bassi, invece, i ricavi da stadio, appena 54 milioni, 19% del totale. (Va però ricordato che si tratta del club con la media più alta in termini di capienza in Europa – 81.712 spettatori a partita – e che sui ricavi pesa il fatto che il club fa una politica dei prezzi a favore dei tifosi che peraltro hanno la più grande tribuna in piedi safe stand del mondo.
I tifosi del Borussia Dortmund (Insidefoto.com)
La restante fetta di ricavi deriva dai diritti tv (29%) (tabella 4).
Dal punto di vista organizzativo-gestionale, è fortissima l’attenzione del management al settore giovanile, aspetto tipico dei club tedeschi, culminata con la creazione nel 2011 della BVB Academy, un moderno centro di formazione dove far crescere i futuri talenti di domani.
Anche da questo punto di vista le scelte dei gialloneri stanno pagando: le giovanili del Dortmund hanno sfornato, nel corso degli ultimi anni, talenti come Mario Götze, Marcel Schmelzer, Kevin Grosskreutz, Mats Hummels e Sven Bender.
CONCLUSIONI
I dati presentati evidenziano due diversi modelli di business, entrambi vincenti. Ambedue i modelli hanno permesso di attivare l’equazione del business del calcio attuale: vittorie = crescita del fatturato.
I dati, altresì, spiegano un diverso approccio al modello seguito: in particolare è differente l’innesto del meccanismo.
Semplificando, possiamo scrivere:
PSG e City: investimenti (molto alti) ->successi sul campo -> crescita dei ricavi
Juventus e Borussia Dortmund: successi sul campo ->crescita dei ricavi -> investimenti (crescenti).
I modelli di business applicati dal PSG e dal City hanno permesso di competere in breve tempo con i principali top team europei, divenendo, in poche stagioni, primarie realtà sportive, economiche e commerciali, con marchi globalmente riconosciuti.
La rapidità dell’ascesa e la modalità con la quale è avvenuta (ai limiti, a volte valicati, dei principi del financial fair play), ha permesso al PSG e al City di assestarsi in breve tempo ad un livello più alto della Juventus e del Borussia Dortmund.
Questi ultimi due club, non disponendo delle enormi risorse dei petrol dollari, hanno fatto di necessità virtù, affidando la gestione a management qualificati e capaci di imprimere una svolta importante alla parabola dei club.
Qualunque sia stata la strada per raggiungere il successo, sportivo ed economico o economico e sportivo, partecipare regolarmente alla UEFA CHAMPIONS LEAGUE è il comune denominatore, l’unica vera scintilla capace di accendere il fuoco dei ricavi.